Ci sono voluti 320 giorni a Rifondazione comunista per tornare alla casella di partenza. Confermato il segretario, confermata la linea, confermata la paralisi. L’unica cosa che aumenta sono i problemi.
Il congresso nazionale di Perugia (6-8 dicembre) aveva eletto un Comitato politico nazionale estremamente frammentato. Su 153 componenti, 79 si erano posizionati sulla linea “integrale” del segretario uscente; 12 i rappresentanti della nostra area, 23 della terza mozione, 39 coloro che nel congresso avevano sostenuto gli emendamenti.
La già risicata maggioranza di 79 tuttavia sconta ulteriori divisioni interne, tanto che solo 64 avevano indicato la loro disponibilità a rieleggere Ferrero segretario.
Ferrero eletto grazie alla mozione 3
Stante l’opposizione annunciata da parte nostra e da parte degli “emendatari”, le chiavi del voto erano in mano alla terza mozione (“Per la ricostruzione di un partito comunista”), che nella riunione del Cpn del 10-11 gennaio ne ha fatto il seguente uso.
Sandro Targetti a nome della mozione ha posto quattro richieste a Ferrero, chiarendo che in base alla risposta avrebbero deciso il loro comportamento nel voto. Le richieste erano:
1) Un “avanzamento” e una maggiore “chiarezza” della posizione del partito riguardo al congresso della Cgil. 2) Un chiaro segnale di rottura col Pd anche sui governi locali, in particolare riguardo alle prossime elezioni regionali sarde, dove il Prc sta entrando nell’alleanza col candidato del centrosinistra, il renziano Pigliaru. 3) Che la lista per le prossime europee veda una chiara riconoscibilità del Prc. 4) Che vengano chiusi i procedimenti aperti presso il Collegio nazionale di garanzia contro tre esponenti della terza mozione, vicenda che aveva suscitato scalpore nei mesi scorsi, quando lo stesso Ferrero aveva parlato di infiltrazioni dei servizi segreti nel Prc.
Queste le risposte del candidato segretario. 1) Sulla Cgil la posizione va bene (e infatti alla fine del Cpn è stato votato un ordine del giorno del tutto privo di contenuto, sul quale anche i compagni del terzo documento hanno dovuto opporsi). 2) In Sardegna è stato fatto tutto bene, anzi benissimo. Giusta l’alleanza col Pd, giusta la lista unitaria col Pdci. 3) Alle europee si lavorerà a una lista per Tsipras cercando di mettere d’accordo gli illustri intellettuali che intendono sostenerlo e i movimentisti di professione (Flores D’Arcais, Viale, ecc.) che vorrebbero la lista ma senza che il Prc vi abbia alcun ruolo che non sia quello di portare i propri voti. 4) Il collegio di garanzia deciderà autonomamente (e ci mancherebbe…).
Dopo questa chiusura totale i compagni del terzo documento hanno chiesto una sospensione dei lavori per deliberare, e si sono ripresentati, a dibattito quindi ormai chiuso, avanzando la candidatura alternativa di una loro esponente, la compagna Arianna Ussi.
Risultato della votazione: Ferrero 67, Ussi 19, astenuti (ossia contrari ad entrambi), 54, schede bianche 7. La candidatura Ussi permette quindi a Ferrero di essere eletto con 67 voti su 147 presenti, ossia trasforma una minoranza in una maggioranza.
Il giorno successivo si replica nell’elezione della segreteria. Ferrero recupera 3 voti solo ampliando l’organismo (10 componenti più i due portavoce dei Giovani comunisti, componenti di diritto, che portano a 12 il totale…). L’area emendataria rifiuta di far parte della segreteria nazionale e vota contro, pertanto anche qui il voto favorevole è minoranza e la segreteria viene eletta solo grazie all’astensione della terza mozione: 70 favorevoli, 56 contrari, 16 astenuti, 1 bianca.
Il comportamento dei compagni del terzo documento in questo Cpn è stato un esempio bello e buono di trasformismo. Già al congresso nazionale questi compagni avevano tentato invano di condizionare il documento di maggioranza, senza riuscirvi. Hanno nuovamente tentato di porre condizioni per un accordo politico in questo Cpn, ricevendo una risposta negativa su tutti i fronti. Nonostante questo sostengono di fatto e in modo decisivo un candidato di minoranza. Il tutto senza avere ottenuto nulla, se non una maldestra cucitura delle proprie divisioni interne. Ci vengano a raccontare, come ha detto il compagno Targetti, che il loro obiettivo è “impedire il ricompattamento moderato” della maggioranza e che “il bello comincia ora” perché incalzeranno il segretario…
I nodi a venire
È con questo assetto improbabile che il Prc si appresta ad affrontare le prossime scadenze. La preparazione della lista per le europee sarà un campo minato. Su questo punto torneremo in futuro con una analisi complessiva, basti dire qui che sul piano generale, la candidatura di Tsipras si sta configurando sempre più come una candidatura “europeista di sinistra”, con un programma pieno di incoerenze, intriso di keynesismo e di formulazioni ambigue sulla “rifondazione dell’Europa”. Una candidatura che è sì contrapposta a quella del Partito socialista europeo sul piano tattico e su alcune parole d’ordine, ma del tutto priva di una analisi coerente della natura della crisi e soprattutto di una prospettiva di società alternativa.
A questi punti di fondo, che richiederebbero un dibattito a tutto campo nel Prc e nella Sinistra europea, si aggiungono poi le “peculiarità” italiane. Il campo di forze (se di forze si può parlare) che ad oggi si stanno dichiarando interessate al progetto è una sommatoria di contraddizioni insolubili e i protagonisti sono in gran parte gli stessi che nel percorso che portò alla catastrofica esperienza di Rivoluzione Civile. A oltre un anno di distanza stiamo rivivendo un'irreale replica di quelle discussioni: i partiti ci devono stare, no i partiti devono sparire; è una lista civica; è una lista “di cittadinanza europea”; è una lista “costituente” per una nuova sinistra; no, è una lista per “sovvertire la distinzione novecentesca fra destra e sinistra”.
Ferrero, che ha sempre una risposta pronta, ha spiegato come si risolveranno i problemi: verrà in Italia una delegazione di Syriza e lavorerà con ago e filo per mettere tutti d’accordo, ricordando con gentilezza che la candidatura di Tsipras è stata avanzata dal Partito della sinistra europea, di cui il Prc è socio fondatore. Il tutto si farà “in tempi brevi” e con “metodo democratico”. Se poi le cose andassero proprio male, si presenterà la lista del Prc “come male minore”.
I nostri compiti
Non sono necessari ulteriori dettagli per confermare quello stato di crisi profonda che avevamo già chiaramente posto a premessa della nostra mozione al congresso. Più che mai le forze militanti che si sono riconosciute nella nostra proposta politica devono lavorare in una prospettiva radicalmente diversa.
Sinistra Classe Rivoluzione, la nostra mozione, deve scegliere un altro terreno di impegno. Deve diventare un movimento politico a tutti gli effetti, impegnato non solo e neppure principalmente nella polemica interna al Prc, che orienti in modo coordinato e sistematico le sue forze ai luoghi di lavoro, fra i giovani, nei vari terreni di conflitto che si aprono.
Un movimento che sarà aperto non solo ai militanti del Prc, ma a tutti coloro che vorranno sostenere la nostra battaglia, a prescindere dalla loro appartenza o meno al partito. Un movimento che agisca in modo organizzato, che discuta una propria piattaforma programmatica (la cui traccia è già stata al centro del nostro incontro nazionale di Bologna nel luglio scorso), che attraverso l’intervento politico, la formazione dei propri militanti, i propri strumenti di propaganda e di intervento, lavori per fare avanzare la proposta del partito di classe.
Voltiamo le spalle a un dibattito ormai incancrenito, ma non voltiamo le spalle a tutti quei compagni che hanno sperato di poter risolvere la crisi del partito sostenendo opzioni diverse dalla nostra e che ora si ritrovano per l’ennesima volta a mani vuote.