Pubblichiamo un articolo apparso sul sito In defence of Marxism qualche giorno fa. La situazione in Ucraina rimane incerta. Uno scontro finale non è ancora scartato anche perché l’opposizione, forte dell’appoggio dell’occidente, è molto sicura di sé e non sembra disponibile ad accettare alcun negoziato. Le televisioni e l’opinione pubblica "che conta" a Kiev è passata dalla parte di Yushchenko.
Entrambi i candidati sono reazionari!
Lottiamo per un’alternativa operaia!
Lo scontro non è tuttavia tra democrazia e dittatura, come ci dicono tv e giornali in Italia. Dopo la Georgia, gli avvenimenti in Ucraina sono un’altra tappa della sfida tra le grandi potenze per il controllo di sfere d’influenza nell'ex Urss. Nella Repubblica ex-sovietica le differenze tra Usa, con l’Unione Europea schierata a suo fianco, e Russia si acuiscono. Come i comunisti non possono appoggiare un’opposizione “democratica” sponsorizzata dai dollari delle multinazionali americane, così l’alternativa non è un governo che affama i lavoratori e le loro famiglie e mantiene un contingente di occupazione in Iraq. Secondo la Stampa del 28 novembre l’uomo più ricco dell’Ucraina, Rinat Akhmetov, con una fortuna personale valutata sui tre miliardi di dollari e il controllo di importanti miniere della regione del Donbass, continua ad appoggiare Yanukovich. La divisione del paese tra un est filo russo e un ovest vicino all’occidente, proposta da alcuni sostenitori di Yanukovich sarebbe una tragedia per il movimento operaio. Una scelta che sembra gradita a Putin perché un’Ucraina indebolita permetterebbe all’imperialismo russo di avere un controllo più sicuro sui propri confini occidentali.
Allo stato attuale delle cose non esiste uno tra i contendenti con cui sia preferibile schierarsi. Come Fred Weston spiega nell’articolo che segue, anche in una situazione intricata come quella ucraina i comunisti non possono mai abbandonare un punto di vista di classe nell’analisi degli avvenimenti e nell’intervento in essi.
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La situazione in Ucraina è estremamente tesa. Viktor Yanukovich, riconosciuto da tutti come l’uomo di Mosca, è stato dichiarato il vincitore del ballottaggio per le presidenziali di domenica scorsa [21 novembre 2004, Ndt]. Il suo avversario, apertamente filo-occidentale, Viktor Yushchenko, ha dichiarato invalido il risultato, autoproclamandosi presidente eletto. In tutto questo sembra piuttosto evidente che le elezioni siano state significativamente caratterizzate da brogli.
Il ruolo geopolitico cruciale che l’Ucraina riveste risalta chiaramente dal fatto che entrambi i candidati principali siano chiaramente visti come filo-occidentale o filo-russo. Per dirla con la BBC: “E’ una resa dei conti est-ovest”. Tutto questo è un chiaro segnale della debolezza della classe dominante ucraina che, non potendo seguire un proprio percorso autonomo, è un fantoccio nelle mani di potenze più importanti. Pertanto i settori sociali più influenti sono divisi sul da farsi: se stringere legami più solidi con Mosca o gettarsi nelle braccia dell’occidente. Ulteriore conferma di questo viene dalla divisione geografica del sostegno ai due candidati, con l’est più vicino alla Russia e l’ovest alla UE ed agli USA.
Sia ben chiaro che né la Russia né l’occidente possono offrire una via d’uscita ai problemi in cui si dibattono i lavoratori. La scelta davanti alla quale vengono posti è tra due forme di capitalismo, nessuna delle quali possiede una soluzione di lungo periodo per il popolo ucraino, mentre sono entrambe in lotta per il controllo dell’economia del paese. Tuttavia, c’è di più che l’economia in sé, si tratta in fatti del controllo strategico dell’Ucraina, estremamente importante dal punto di vista geopolitico.
A seguito del disfacimento dell’Unione Sovietica, l’Ucraina si rese indipendente, separandosi dalla Russia. Al tempo quest’ultima era estremamente debole, ma sin da subito cercò di rimettere in piedi le sue sfere d’influenza. E’ per questo motivo che Putin ha offerto il suo appoggio incondizionato a Viktor Yanukovych contro il leader dell’opposizione Viktor Yushchenko.
Dal 1991, la UE e la NATO hanno lavorato all’espansione della propria sfera d’influenza, portandola fino ai confini della Russia, attraverso l’ammissione delle ex repubbliche sovietiche, quali le repubbliche baltiche (Estonia, Lituania e Lettonia), mentre un’altra repubblica, la Georgia, ha un governo apertamente filoamericano e più a est, nel Kirgizistan, gli americani hanno addirittura una base militare. In questo contesto, la Russia si sente circondata e vulnerabile, perciò il Cremlino sta disperatamente cercando di porre un freno a questa deriva.
L’Ucraina è una pedina chiave del gioco di Putin per allargare e rafforzare la posizione internazionali della Russia. Il trattato che istituisce uno spazio economico comune firmato da Bielorussia, Kazakistan, Ucraina e Russia è parte di questo progetto. Il trattato prevede che i governi nazionali di questi paesi deleghino parte della propria sovranità ad un organo in qualche modo simile alla Commissione. Yanukovych lo sostiene a spada tratta, mentre Yushchenko vi si oppone, nella misura in cui il trattato rafforza i settori borghesi ucraini che hanno legami più stretti con gli oligarchi ed il regime russi. La perdita dell’influenza sull’Ucraina da parte della Russia avrebbe delle conseguenza politiche pesantissime per Putin.
Al momento, Yushchenko viene presentato dai media come colui che difende la vera democrazia e che potrebbe guidare il popolo ucraino verso un futuro di ricchezza e prosperità, ma se guardiamo alla sua storia, il quadro lascia intravedere tratti sostanzialmente differenti. In passato, il nostro era tutt’altro che un audace leader delle masse, piuttosto si rivelava un uomo molto prudente, un tecnocrate fedele. Studi ed esperienze lavorative da contabile, nel 1993 è diventato capo della banca centrale ucraina.
Leonid Kuchma fu eletto presidente dell’Ucraina nel 1994. Rieletto nel novembre del 1999, è sempre stato visto, dall’occidente, come un ostacolo alla “liberalizzazione” dell’economia. I capitalisti occidentali gli hanno rimproverato la lentezza dei processi di riforma, spingendo perchè a questi fossero impresse decise accelerazioni.
Yushchenko ha servito fedelmente nel governo Kuchma, fino ad essere nominato primo ministro nel 1998. Da allora, ha guadagnato popolarità presso i capitalisti occidentali per i suoi continui tentativi di accelerare il processo di privatizzazione dell’economia, ancora in buona parte in mano pubblica. Questi tentativi lo hanno portato a scontrarsi continuamente con gli altri membri dell’esecutivo.
L'Ucraina post sovietica
Non si dimentichi che il crollo della ex Unione Sovietica e la conseguente restaurazione del capitalismo hanno significato il disastro economico più assoluto per l’economia ucraina, come per quella di tutte le ex repubbliche sovietiche. In termini economici l’Ucraina era la seconda repubblica URSS per importanza, dopo la Russia. L’Ucraina forniva circa un quarto di tutta la produzione agricola sovietica; la sua industria pensante e le materie prime furono un elemento chiave dello sviluppo dell’URSS. Al contrario, oggi l’Ucraina dipende pesantemente dalle importazioni di energia, e particolarmente dal gas naturale.
Dopo il 1991, il governo ucraino formulò le linee guida per il processo di privatizzazione che, però, fu piuttosto lento per la forte resistenza opposta da una parte importante della burocrazia. Nel 1999, la produzione era disunita del 40% rispetto ai livelli del 1991, mentre nel 1993 ci furono fiammate iperinflazionistiche.
A crescere notevolmente è stato anche il livello di polarizzazione della società. Nel 2003 la popolazione al di sotto della soglia di povertà ha raggiunto quasi il 30% mentre, per converso, una piccolissima minoranza guadagnava fortune colossali. Oggi, il 10% più povero della popolazione consuma il 3,7% del prodotto nazionale, mentre il 10% più ricco il 23,2%. Moltissimi lavoratori, e pensionati, ricevono salari e pensioni con incredibili ritardi. In definitiva, l’Ucraina ha vissuto un immiserimento impressionante che ha portato ad un altrettanto impressionante emigrazione, tanto che un po’ dovunque, in Europa, si trovano ucraini a fare tutti i lavori più umili, quello che nessun altro vuole fare.
Tuttavia, dopo circa un decennio di declino economico costante, nel 2000, l’economia ucraina ha cominciato a dare segnali di miglioramento, raggiungendo saggi di crescita fino al 6%. Il 2000 è stato il primo anno di crescita economica dal 1991! Nel 2001 l’economia è cresciuta di un altro 9% e da allora ha continuato a crescere, i salari e le pensioni hanno cominciato ad essere più regolari e, per quest’anno, si prevede una crescita attorno al 12,5%.
Va detto, tuttavia, che questo saggio di crescita sta portando con sè anche consistenti pressioni inflazionistiche. Quest’anno i prezzi sono aumentati dell’11%, la banca centrale ucraina ha dovuto alzare i tassi dall’8 al 9% e chiunque esca vittorioso da questa battaglia per la presidenza dovrà portare avanti misure di politica monetaria ancora più restrittive. Tutto questo, associato al rallentamento economico su scala mondiale, avrà certamente un impatto notevole sull’economia ucraina, spazzando via le illusioni di quanti ritengono che il paese sia ormai avviato verso un periodo di prosperità economica. Gli effetti non si avranno soltanto al livello dell’economia, ma anche a livello politico, e milioni di persone perderanno le illusioni che hanno nell’attuale opposizione.
L’Economist ha scritto recentemente: “A prescindere dal risultato elettorale, è ben probabile che le riforme politiche ed economiche, abbiano un sostanziale rilancio dalla fine del mandato del presidente Leonid Kuchma”. Il passaggio è illuminante sul cinismo della borghesia occidentale, e dice anche molto su quanto esile possa essere la linea di confine tra il regime di Kuchma e l’opposizione. Insomma, l’abbiamo detto poc’anzi, è solo una questione di tempo, non certo di direzione del processo: quale dei due andrà al potere, le misure portate avanti saranno sostanzialmente le stesse. In più, Yushchenko sta promettendo l’impossibile: in un paese di poco meno di 50 milioni di persone, fomenta le illusioni dicendo che creerà 5 milioni di posti di lavoro. E’ evidente che non potrà mantenere la promessa: sotto il capitalismo, in Ucraina non si potranno mai creare così tanti posti. Purtroppo, però, questa è la canzone che dovremo abituarci a sentire, anche nel futuro.
Si impone il capitalismo
Al momento, Yushchenko sta beneficiando della ripresa economica, in quanto ne viene visto come l’artefice, almeno in parte, per essere stato primo ministro sotto il presidente Kuchma. L’opposizione liberale filo-occidentale l’avrebbe già acclamato da tempo come leader, ma ha sempre rifiutato, fino al 2001, quando venne definitivamente in conflitto con Kuchma e “fu dimesso” da primo ministro. Nel frattempo, tuttavia, è riuscito a stringere importanti legami con il mondo degli affari occidentale. Al contrario, Kuchma mantiene la sua base d’appoggio tra i gruppi industriali dell’Ucraina orientale, presso i quali i capitalisti occidentali hanno man mano perso influenza, in favore degli oligarchi russi e locali. Il principale partner commerciale ucraino resta la Russia, che prende dall’Ucraina il 33% del suo import, e vi esporta il 17% del suo export totale. Ulteriore elemento importante nella crisi presente, infine, è il ruolo crescente dell’Unione Europea, da cui, comunque, proviene la maggior parte delle importazioni ucraine.
Quanto detto spiega perché, alla fine, Yushchenko sia passato all’opposizione e si capisce bene come niente di tutto questo abbia alcunché a che fare con la democrazia quanto, piuttosto, con la lotta per sfruttare il processo di privatizzazione avviato nel 1991. Si tratta, insomma, della lotta tra due settori capitalisti l’un contro l’altro armati. In questa cornice, Yushchenko ha accettato l’offerta di candidatura da parte dell’opposizione come leader del blocco “Ucraina nostra”.
La presidenza di Kuchma si è sviluppata attraverso un periodo prolungato di declino economico. Kuchma viene associato con la vecchia nomenklatura ed è considerato come il capofila di coloro che hanno depredato ogni ricchezza del popolo ucraino, mentre Yushchenko è considerato come colui che ha avuto un ruolo chiave nella ripresa economica ucraina, in realtà, sotto questo aspetto, il nostro è una figura del tutto accidentale, dal momento che dopo una crisi economica prolungata è inevitabile che prima o poi l’economia in qualche modo si riprenda. Yushchenko è semplicemente stato l’uomo giusto al posto giusto.
Quest’ultimo è l’uomo che gli occidentali appoggiano, e lo fanno per motivi ben concreti. Attraverso Yushchenko intendono smantellare il potere degli oligarchi sostenuti dalla Russia, in modo da accrescere il proprio controllo sull’economia e comprendere l’Ucraina di nuovo nella loro sfera d’influenza.
Yushchenko si presenta come quello filo-occidentale, liberista e sostiene l’adesione dell’Ucraina alla NATO ed alla UE, ma quelli contro i quali si batte non sono granché contrari a tutto questo. Non dimentichiamo, infatti, che l’Ucraina ha fatto parte del programma “Partnership per la pace” della NATO e già da tempo ha dichiarato suo obiettivo strategico l’adesione alla UE. Non più lontano del 2002, infatti, il governo ucraino ha dichiarato l’intenzione di abbandonare la neutralità per passare sotto “l’ombrello” della NATO. Dunque anche Kuchma sta spingendo nella stessa direzione, ancora una volta: le differenze stanno tutte in una questione di tempo, non di direzione.
Anche la reazione della NATO a questo è stata piuttosto indicativa: seppur lodando le intenzioni, ha richiesto riforme politiche, militari ed economiche aggiuntive prima che ogni forma di avvicinamento potesse effettivamente aver luogo. Questo tipo di reazione ci fa capire come non siano del tutto convinti della fine dell’influenza russa sull’Ucraina. L’occidente vuole la completa sottomissione dell’élite dominante ucraina. Va detto che, comunque, quest’ultima ha già dimostrato la sua apertura all’imperialismo, specialmente a quello USA. Non dimentichiamo che l’Ucraina ha inviato 1500 soldati in Iraq, sotto il comando polacco, e ne hanno mandati in Kosovo ed in Afghanistan. Tutto questo non basta agl’imperialisti! Essi pretendono il controllo totale dell’Ucraina e l’ulteriore isolamento di questa dalla Russia.
Tutto questo ci porta alla situazione attuale. Al primo turno delle recenti presidenziali, Yushchenko aveva ottenuto il 39.87% dei voti, poco più del 39.32% di Yanukovich e, mentre tutti i sondaggi prevedevano la vittoria di Yushchenko al ballottaggio, la commissione elettorale ha annunciato la vittoria di Yanukovich con un margine di tre punti percentuali, con il 49.4% contro il 46.7%.
Questo ha immediatamente scatenato proteste di massa cha hanno subito fatto tornare alla memoria le grandi proteste in Europa orientale di qualche anno fa. Secondo alcune fonti, circa 200.000 ucraini hanno protestato sotto il palazzo presidenziale, e pare che il numero sia crescente.
La capitale Kiev è una piazzaforte di Yuschenko, sembra di rivedere le scene vissute a Mosca nel 1991. Come allora Mosca, che era un po’ un caso a parte rispetto a quanto si viveva nel resto del paese, oggi Kiev è certamente uno dei posti che maggiormente hanno beneficiato dall’introduzione del capitalismo. A Kiev c’è una maggior concentrazione di elementi piccoloborghesi che, presumibilmente, sono la gran parte di quelli che manifestano e che credono che avranno ben da guadagnare dall’accelerazione del processo di privatizzazione dell’economia e di consolidamento del capitalismo.
In queste manifestazioni non c’è nulla di progressista, ed ancor meno esse rappresentano i veri interessi dei lavoratori ucraini. Il paese è diviso, infatti. Un’importante minoranza della popolazione è russa, o usa il russo come prima lingua ed è, pertanto, molto più incline a mantenere rapporti più stretti con la Russia. Yanukovych, nonostante tutto, ha ricevuto un sostegno importante, specialmente nell’est del paese. I votanti di sinistra, tra l’altro, sono concentrati nelle regioni orientali di lingua russa, proprio dove le gente teme maggiormente la rottura dei legami con la Russia, tanto che, in quelle regioni, ci sono proteste contro l’opposizione. Dunque la situazione non è chiaramente definita.
Cosa avverrà in seguito dipenderà da molti fattori. Nessuno può dire quanto crescerà il movimento. Circolano voci su un prossimo sciopero generale: se questo dovesse effettivamente tenersi sarebbe un elemento decisivo nell’esito del conflitto. Anche la fine di Milosevic, ad esempio, fu decisa dagli scioperi, principalmente da quelli dei minatori. Tuttavia, al momento non si vede niente di tutto questo in Ucraina.
Un altro fattore molto importante sarà la posizione che prenderanno le forze di sicurezza ucraina. Lunedì [il 22 novembre 2004, Ndt] sembravano pronti a porre fine alle manifestazioni “velocemente e con fermezza”. L’anno scorso, in Georgia, Shevarnadze contava anch’egli su una soluzione del genere in suo aiuto, ma fu poi costretto a dichiararsi sconfitto. Dopo tutto, quello che si propone, anche oggi, non è un radicale cambio di regime. Lo ripetiamo: chiunque vada al potere lo farà su basi capitaliste.
Yushchenko si è appellato alla polizia ed all’esercito perchè si unissero alla protesta e non sparassero sul loro stesso popolo. Ad oggi si parla di consistenti forze fatte convenire a Kiev, in vista di una resa dei conti. Tuttavia da diversi settori delle forze di sicurezza sono venuti messaggi contraddittori, ed altri settori ancora si sono dichiarati neutrali. In una situazione del genere potrebbero bastare anche forze esigue, come nel 1991 in Russia, per forzare la situazione.
La Russia costituisce ancora un fattore estremamente importante. Le prime reazioni di Putin hanno salutato l’elezione di Yanukhovic come “legittima”, un messaggio molto chiaro per l’occidente che dice quanto la Russia sia intenzionata a difendere i propri interessi in Ucraina: l’ultima cosa che Mosca vorrebbe è una soluzione simile a quella georgiana.
Nel frattempo l’occidente preme fortemente sull’opposizione perché si dichiari chiaramente vincitrice della tornata elettorale. Ad esempio, il senatore repubblicano USA Richard Lugar, inviato dal presidente Bush come osservatore alle elezioni, ha accusato le autorità ucraine di aver organizzato e sostenuto un “ben architettato piano di abusi e forzature elettorali”. La Casa Bianca ha subito minacciato l’imposizione di sanzioni economiche contro l’Ucraina qualora non si faccia immediatamente chiarezza sulle frodi elettorali. I repubblicani di queste cose se ne intendono! L’ipocrisia di questa gente non conosce confine! E non dubitiamo che Putin possa fare un commento ironico dei suoi a riguardo.
Come andrà a finire non è affatto chiaro. L’opposizione sembra pronta al “negoziato” invocato dal presidente uscente Kuchma per risolvere la crisi, ma i suoi leader continuano a rilasciare dichiarazioni del tipo “la sola cosa da negoziare con le autorità è il passaggio di consegne”. Altri ancora sostengono che l’ufficializzazione del risultato in favore di Yanukovich sarebbe il segnale per una “forte e fulminea azione di polizia” per schiacciare i manifestanti. Vedremo nei prossimi giorni, se non nelle prossime 24 ore, quali saranno gli sviluppi, e da quale parte penderà la bilancia.
Il governo uscente potrebbe ammettere la sconfitta in diversi modi. Ad esempio, il partito agrario, che era nel governo Yanukovych, sembrerebbe possa far passare i suoi parlamentari a Yushchenko, oppure potrebbero intervenire le corti di giustizia, ma il campo per il quale si decideranno dipenderà dai reali rapporti di forza in campo.
In Georgia sappiamo come andò a finire [ebbero la meglio i filo-occidentali, Ndt], ma in Azerbaigian ed in Armenia ci furono situazioni simili e si risolsero nell’altro senso. In Azerbaigian, infatti, dopo risultati elettorali simili ci furono proteste nelle strade, ma le forze di sicurezza non esitarono a reprimerle, mentre in Armenia, nonostante la denuncia di frodi elettorali, la gente semplicemente non vide altra via d’uscita che rassegnarsi alla situazione.
Quale alternativa?
In tutti questi paesi la scelta non era tra un capitalista ed un rappresentante onesto dei lavoratori. La scelta è sempre stata confinata a due capitalisti con interessi diversi. Quale dovrebbe essere una posizione davvero in favore dei lavoratori in questi casi? Chi, o che cosa, dovremmo sostenere?
Deve essere ben chiaro per nessun motivo possiamo abbandonare il punto di vista di classe sulle cose e non sostenere nessuna delle parti in causa se qualunque delle due vada al potere perseguirà politiche ostili agli interessi dei lavoratori. Entrambi continueranno a smantellare quanto resta del vecchio stato sociale, entrambi attaccheranno le pensioni, la previdenza sociale, la sanità, l’istruzione pubblica e quant’altro. Entrambi lavoreranno per arricchire una minoranza, ai danni della classe lavoratrice.
La scelta dei lavoratori ucraini non può essere tra l’imperialismo russo e quello occidentale perchè nessuno dei due campi propone nulla di progressista, in quanto entrambi sono ostili alla classe operaia. Oggi alcuni settori popolari possono avere delle illusioni in Yushchenko e nella opposizione che guida, ma diventerà impopolare con la stessa velocità con la quale è diventato popolare. L’esperienza della vita reale farà capire presto ai lavoratori da che parte stia.
I lavoratori ucraini hanno bisogno di una loro vera voce politica. Molti partiti sono nati dal disfacimento del vecchio partito comunista sovietico. Il più forte di questi è il partito comunista ucraino, che è uno dei principali partiti dell’opposizione, ma negli ultimi anni ha perso gran parte del proprio sostegno tra la sua base di classe nelle regioni industriali del paese. Questo perché non ha condotto una continua, coerente e strenua opposizione al governo, ed in particolare, perché non si è sistematicamente opposto alla privatizzazione dell’economia. Se, invece, difendesse esplicitamente e coerentemente il programma di Lenin crescerebbe immediatamente fino a diventare la vera opposizione nel paese, anche oggi.
Molti lavoratori ucraini si staranno chiedendo che fare in questa situazione. I lavoratori debbono lavorare alla costruzione di proprie organizzazioni e rafforzare i sindacati a prescindere da chi diventerà presidente; debbono riprendersi il partito comunista e portare tutte le forze di sinistra a sostegno di un programma di difesa degli interessi dei lavoratori. Se il partito comunista fosse davvero comunista i lavoratori ucraini non sarebbero certo così confusi.
Lo scenario attuale è solo il primo di un processo più generale che coinvolgerà i lavoratori ucraini e che svelerà presto che non possono fidarsi di nessuna delle due parti oggi in lotta e che debbono riprendere nelle loro mani il proprio futuro.
24 novembre 2004.