La prima settimana di Trump – Benvenuti nella “nuova normalità”

È stata una settimana burrascosa per il nuovo Amministratore Delegato degli Stati Uniti: una raffica di chiamate e riunioni, un uragano di Tweets e conferenze stampa, una tempesta di “ordini esecutivi” che sono volati giù dalla sua scrivania. In pochissimi giorni, Trump ha impresso il suo marchio sulle politiche, le scelte economiche e le relazioni statunitensi e mondiali. Non era un’iperbole la previsione dei marxisti che questo sarebbe diventato un periodo di cambiamenti bruschi e repentini, che il processo della crisi e della lotta di classe stesse accelerando, e che questo fosse solamente l’inizio dell’inizio di una nuova epoca.

È difficile dire cosa in questo momento sia più rivoltante: l’impotenza dei Democratici e dei liberali le cui politiche hanno preparato la strada alla presidenza Trump, o i Repubblicani campioni dell’irreprensibilità morale, che non smettono di dare un triste spettacolo d’eccitazione ora che possono attingere alla mangiatoia federale. Questi rabbiosi nemici del potere esecutivo, questi pii difensori dei diritti degli Stati che compongono gli USA, dei “bilanci in pareggio” e del non intervento del governo centrale negli affari hanno cambiato improvvisamente parere.

Come un coniglio estratto dal cilindro di un prestigiatore, il denaro per i grandi progetti è magicamente apparso, il deficit di bilancio diventa un’opzione praticabile, il libero commercio è ora una cattiva opzione per l’America, ed il “big government” può diventare sempre più big. E certamente, nonostante sia un loro importante principio che lo stato dovrebbe rimanere fuori dagli affari privati degli individui, essi credono che non ci debbano essere limiti al potere di imporre la morale di una minoranza da parte del governo.

Sembra che sia tutto capovolto nel mondo di Trump. Ma in realtà, non c’è alcuna contraddizione. Il loro comportamento è perfettamente logico se consideriamo che la loro principale funzione è quella di aumentare il potere ed il profitto dei capitalisti alle spese della classe lavoratrice. L’ideologia è solamente una copertura per queste macchinazioni, ed essi cambiano casacca quando conviene.

Trump ed il suo governo devono camminare su un filo pericoloso. Se da una parte devono continuare a fare demagogicamente appello alla loro ristretta base sociale, devono dall’altra tenere alti i profitti dei capitalisti ed evitare che lo scontento sociale diventi incontrollabile. Come Trump e soci si aspettino di poter andare avanti a lungo, nessuno lo sa. Le aspettative sono alte fra i loro sostenitori, e nonostante la sua arroganza, le sue opzioni sono strutturalmente limitate. Scoprirà presto che la complessa e decadente economia capitalista non può essere governata mediante decreti esecutivi – specialmente una economia come quella tutelata dalla Costituzione americana, scritta 228 anni fa. Ma i tentativi di Trump di farlo ci chiariscono che intende fare tutto ciò che è in suo potere per realizzare quante più possibile delle sue promesse elettorali selvagge e reazionarie.

Una pletora di ordini esecutivi

Uno dei primi atti di Trump è stato quello di impegnarsi per cancellare il cosiddetto “Obamacare”. La riforma sanitaria di Obama è una colossale elemosina alle grandi private compagnie di assicurazione sanitaria, con sopra un pizzico disostegno governativo per i più poveri. Ha portato all’aumento rapido dei premi di assicurazione ed alla bancarotta di milioni di famiglie lavoratrici – così come ha portato grandi profitti nelle tasche dei grandi affaristi.

I marxisti si sono opposti all’Obamacare, ma per ragioni diverse dai Repubblicani. Paul Ryan e Trump la odiano per il fatto che anche solo suggerisca che il governo statunitense debba espandere la sua già misera spesa sociale per i poveri. Queste idee devono essere tolte dalla testa della gente! I marxisti, d’altra parte, vogliono abolire l’assistenza sanitaria privata e sostituirla con un sistema pubblico che fornisca assistenza di qualità per tutti. Anche la maggioranza degli americani vuole questo, e vuole che l’Obamacare venga sostituito. Ma se questo programma deve essere rimpiazzato, a cosa assomiglierà il “Trumpcare” che verrà al suo posto? Come si possono abbassare i premi assicurativi ed estendere le coperture se il ruolo del mercato deve essere ulteriormente espanso? Ecco alcuni dei cerchi che Trump dovrebbe farquadrare.

Un altro ordine esecutivo attacca apertamente i finanziamenti alla salute delle donne. Ci si aspetta inoltre che Trump riempia il seggio vacante di Antonin Scalia nella Corte Suprema con un giudice ancora più conservatore, preparando la scena per una lotta infernale sul diritto all’aborto nei prossimi anni. La magnifica partecipazione alla Women’s March è un segno di ciò che ci aspetta, in un momento in cui la lotta “diventa reale” per milioni di persone che ritenevano che ci si potesse fidare di nove giudici reazionari e non eletti per la difesa dei diritti democratici di base.

In un attacco diretto al movimento operaio organizzato, il nuovo presidente ha inoltre ordinato un congelamento delle assunzioni per i dipendenti federali. Questo significa che mentre la forza lavoro si riduce a causa dei pensionamenti, dei trasferimenti e dei licenziamenti, chi rimane dovrà lavorare ancora di più per delle paghe che nemmeno tengono il passo dell’inflazione. Un ennesimo ordine esecutivo ha dato il nulla osta finale per la costruzione oleodotti Keystone XL e Dakota Access, che vedranno sicuramente un opposizione dura.

“Io amo gli ispanici!”

Trump ha pure delineato il suo piano di espansione ulteriore delle forze di sicurezza statali: assumerà 5000 agenti in più delle Pattuglie di Confine (Border Patrol) e costruirà un muro lungo almeno 2000 miglia per un costo di almeno 10 miliardi di dollari. Una tassa del 20% sulle importazioni dal Messico è solo uno delle proposte che Trump ed i Repubblicani hanno messo sul tavolo per “far pagare il muro al Messico”.

Oltre ad alienarsi le simpatie di uno dei partner commerciali e per la sicurezza più importanti per l’imperialismo statunitense, Trump minaccia di togliere slancio alla tiepida ripresa economica messicana, che è stata resa possibile solo grazie ad attacchi selvaggi ai lavoratori ed ai poveri. Si dice che quando l’economica statunitense piglia un raffreddore, quella messicana contragga la polmonite. Ma Trump sembra voler infliggere al Messico il cancro ai polmoni. Con vicini di casa di questa risma, non ci si deve sorprendere se l’eroe rivoluzionario messicano Pancho Villa volesse scavare un fossato largo 500 metri per tenere alla larga i “gringos”!

Nonostante gli attacchi di Trump possano temporaneamente spingere molti messicani a appoggiare l’impopolare Peña Nieto, le conseguenze a lungo termine per la lotta di classe a sud del confine sono esplosive. Le tradizioni rivoluzionarie messicane sono vive e vegete ed ad un certo punto l’unità nazionale si tramuterà immancabilmente in unità di classe. Cercare lavoro negli Stati Uniti ha rappresentato la valvola di sicurezza per la pentola a pressione della società messicana. Se le rimesse dagli USA al Messico diminuiscono e un lavoro a nord del confine non è più una opzione praticabile per molti, l’arrivo della rivoluzione messicana non potrà che essere accelerato. E nonostante un muro possa tenere alla larga alcune persone, non potrebbe fermare in alcun modo un processo rivoluzionario.

“Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite”

(frase incisa sulla Statua della Libertà, da un sonetto della poetessa Emma Lazarus)

E poi, non possiamo citare gli islamofobici decreti di Trump su migranti e rifugiati. I cittadini di sette nazioni a maggioranza musulmana (Siria, Iraq, Iran, Sudan, Libia, Somalia e Yemen) devono essere trattenuti all’arrivo sul suolo statunitense. Non importa che nessuno dei terroristi che hanno compiuto l’attentato del 9/11 provenisse da alcuno di questi paesi. Se queste misure non fossero abbastanza draconiane, l’ordine specifica che deve essere negato l’accesso a tutti i rifugiati e perfino ad alcuni titolari di carta verde. La specifica che possono essere fatte eccezioni per minoranze religiose (cioè, i cristiani) di questi paesi rende chiara la natura di attacco religioso del decreto. Fomentati da queste misure di Trump, è stato registrato un aumento degli attacchi verso i musulmani in tutto il Nord America, come la strage in una moschea di Québec City in Canada.

Ma, i cortei e i presidi spontanei di migliaia di persone accorse all’aeroporto JFK di New York per protestare contro il bandohanno dimostrato quanto sia vivo lo spirito di solidarietà internazionale. La New York Taxi Workers’ Alliance (il sindacato dei tassisti, ndt), in segno di protesta, ha annunciato la sospensione delle corse dall’aeroporto. Un giudice federale newyorkese è alla fine intervenuto per emanare una temporanea sospensione, impedendo alla Sicurezza nazionale di rimpatriare le persone fisicamente presenti sul territorio americano. Ma le proteste sono continuate in tutto il paese, dato che l’ordine temporaneo di un giudice non può essere la base per un vero cambiamento.

Le crescenti divisioni nello stato borghese sono state evidenti ancora nel testo dell’ingiunzione di quel giudice, secondo il quale la politica di Trump causerebbe danni “irreparabili”. Il vero danno irreparabile che viene inflitto è alla capacità dei capitalisti di governare la società. Davanti alle prime proteste massicce , l’amministrazione Trump ha già dovuto scendere a compromessi. Questo non può che incoraggiare ulteriormente il movimento; le proteste hanno già costretto Trump afare passi indietro. Come hanno previsto i marxisti, la vittoria di Trump ha portato ad una esplosione in tutto il paese di proteste di massa simili a quelle viste in precedenza nel Wisconsin nel 2011.

Protezionismo

Trump ha anche decretato che gli USA non parteciperanno più all’accordo di libero commercio transpacifico (TPP). Enaturalmente, non certo perché sia a favore di una federazione socialista mondiale! Piuttosto, l’ordine esecutivo è il prodotto del suo ottuso protezionismo, ed in pratica rappresenta un severo colpo sferrato all’intenzione dell’imperialismo statunitense di spostare il proprio focus da Europa e Medioriente all’Asia. Il Segretario della Difesa di Obama, Ash Carter ha recentemente dichiarato che il TPP è cruciale per la sicurezza geopolitica statunitense e vale tanto quanto una portaerei in più nel Pacifico.

Lo slogan di Trump “Prima l’America” è un riflesso grezzo del declino del potere dell’imperialismo statunitense. Se da una parte Obama ha tentato di organizzare una ritirata elegante ed ordinata dal palcoscenico mondiale, Trump ha invece insultato il pubblico, sbattuto la porta e lasciato l’edificio in malo modo. Questo va contro agli interessi di una larga fetta di capitalisti americani, i cui affari sono profondamente interconnessi al mercato mondiale. Alla sua radice, però, il revival mondiale del nazionalismo economico, dell’isolazionismo e del protezionismo è una condanna del capitalismo ed un implicito riconoscimento del fatto che il sistema si trova in una impasse.

Il protezionismo ha giocato un tempo un ruolo storicamente progressivo durante lo sviluppo capitalista. Agli inizi del sistema capitalista, permetteva a nazioni più deboli di sviluppare le loro industrie senza venire sopraffatte dai loro competitori più forti. L’essenza della globalizzazione e del libero mercato è stata quella di aprire il mercato mondiale – con la forza, laddove necessario – alle economie più forti; in particolare, gli Stati Uniti. Ma le limitazioni organiche del sistema sono ora evidenti, ed il processo ha operato una inversione di marcia – prima ancora dello scoppio della prossima grande catastrofe economica.

L’indice di borsa Dow Jones ha raggiungo il valore di 20.000 per la prima volta nella storia, un prova della voglia di realizzare dividendi di Wall Street ora che Trump è al comando. Ma le basi dell’economia sono molto più deboli di quanto ammettano gli esperti, e le politiche eccentriche ed contraddittorie di Trump potrebbero dare il via ad una “valanga economica” in qualsiasi momento.

La prova finale rispetto al diritto storico di esistere di qualsiasi sistema socioeconomico è se esso sia o meno in grado di sviluppare le forze produttive ed migliorare la qualità della vita dell’umanità. Il capitalismo è un sistema mondiale, e deve quindi essere giudicato globalmente, non isolandone i componenti. Nella sua lotta disperata per far ripartire la propria economia interna ai danni dei propri rivali, la nazione capitalista più potente della storia ha ammesso che il sistema non è all’altezza del compito di sviluppare le forze produttive del mondo. Solo il socialismo può terminare il compito iniziato e poi abbandonato dal capitalismo. Ma l’unica soluzione che Trump vede è tentare di far diventare gli USA una comunità isolata e sorvegliata. Nell’orrore dei capitalisti più lungimiranti, Trump sta portando gli Stati Uniti dalla padella alla brace.

Nessuna via d’uscita sotto al capitalismo

L’ammiraglia del capitalismo mondiale sta andando a fuoco. Di conseguenza, siamo costretti ad assistere allo spettacolo assurdo dei ratti che tentano di scavalcarsi l’un l’altro per rimanere su una nave che affonda. I leader politici, quell’ dell’economia, e purtroppo anche quelli del movimento operaio fanno a gara per entrare nelle grazie del bullo peggiore del quartiere. Tutti, dalla britannica Theresa May ad Elon Musk di Tesla, dal politico Paul Ryan ai leader dei sindacati delsettore edile; tutti pensano così di trovare protezione all’ombra di Trump. Ma hanno dimenticato cosa succede sempre a tutti i bulli quando la maggioranza delle persone decide di averne abbastanza e comincia a lottare.

C’è chi, nella speranza vana di vedere un vero cambiamento dopo decenni di declino, auspicano contro ogni ragionevolezza che Trump possa restaurare il sogno americano. Altri lo accusano di averlo distrutto. La realtà è questo sogno è già finito. Il sogno americano era basato sulla potenza senza precedenti del capitalismo statunitense. Quell’era è un ricordo del passato. Il capitalismo non può fornire lavoro, assistenza sanitaria, istruzione, perfino l’alloggio a tutti.

Trump e Bannon sono riusciti a trasformare la rabbia di uno strato della classe lavoratrice in consenso elettorale, ma essi sono completamente staccati da quello che è in realtà l’ambiente nella società e non possono sicuramente risolvere la causa fondamentale dello scontento e della instabilità: la crisi organica del capitalismo.

Obama ed i Democratici hanno fallito, e lo faranno anche Trump ed i Repubblicani. L’unico modo di combattere l’austerità e conquistare un mondo migliore per tutti è attraverso la lotta di classe consapevole. Per questo, i lavoratori necessitano dello partito politico di massa basato sull’indipendenza di classe. Costruire tale partito rimane il compito storico per noi prioritario nel prossimo periodo.

Per nostra fortuna, Trump sta compiendo per noi il 99% per lavoro del reclutamento rivoluzionario. Sta facendo nascere una lotta dopo l’altra e nonostante il suo atteggiamento spaccone, non dispone dell’apparato repressivo per mettere a tacere l’intero paese. Per quanto Trump possa risultare disgustoso, l’equilibrio di forze fra le classi attuale è tale che una vera dittatura risulta impossibile in questo momento. Gruppi fascisti e organizzazioni di “nazionalisti bianchi” stannoriemergendo dalle fogne, è vero, ma sono decisamente in inferiorità numerica, e come suggerito dal rivoluzionario russo Leon Trotsky, le loro facce vengono correntemente schiacciate sui marciapiedi. Tuttavia, anche se attacchi individuali ai fascisti mostrano l’istinto combattivo degli oppressi, solo il potere della classe operaia unita può spazzare via dalla faccia della terra questi rifiuti una volta per tutte.

Unisciti alla lotta per il socialismo rivoluzionario!

Trump non gode di un vero mandato e la sua luna di miele è terminata la notte delle elezioni. È stato eletto a causa della natura reazionaria del sistema elettorale statunitense, non perché una maggioranza di americani si sia spostata a destra. Né può godere del temporaneo consenso del 90% di cui godeva GW Bush dopo l’undici settembre. Questa è l’ amministrazione demente di un furfante della classe dominante privo del supporto della maggioranza, anche nella sua classe di appartenenza.

I leader democratici e progressisti si fanno fotografare alle innumerevoli proteste spontanee in tutto il Paese, ma hanno già avuto la loro chance di fermare Trump ed hanno fallito miseramente. La classe operaia può contare solo sulle proprie organizzazioni e sui propri metodi di lotta per fermare Trump ed il sistema che egli rappresenta. Abbiamo il potere di sbarazzarci di Trump in un batter d’occhio con scioperi in tutto il paese, occupazioni dei posti di lavoro ed uno sciopero generale. Sfortunatamente, i dirigenti del movimento operaio, collaborazionisti di classe, si sono spostati tanto a destra da non poter nemmeno pensare ad azioni del genere. Sono diventati un ostacolo oggettivo alla liberazione delle potenzialità di lotta delle lavoratrici e dei lavoratori. Ma la pressione della base e fra chi non è organizzato sta montando, e questi dirigenti e le loro politiche non riusciranno a controllarla per sempre per conto dei capitalisti.

Quasi dal giorno alla notte, sembra che la velocità della storia sia aumentata. Si sente la tensione crescente mentre contraddizioni accumulate nel passato emergono improvvisamente in superficie. I giorni in cui quasi non si registravano proteste e movimenti di massa sono finiti. La nuova normalità è quella di un mondo in cui la frusta della reazione e la risposta dei lavoratori e dei giovani colpiscono entrambe simultaneamente e quotidianamente. Nel prossimo periodo storico, i molti torrenti delle lotte prodotte dalla crisi convergeranno in un unico fiume impetuoso.

I marxisti sono in prima linea in ogni battaglia tra sfruttatori e sfruttati. Contrariamente alle affermazioni di Trump, abbiamo veramente le idee migliori! Ma la realtà è che le nostre forze sono ancora numericamente troppo deboli per avere un impatto decisivo sugli eventi. Non possiamo essere ovunque esploda una manifestazione od uno sciopero. Per riuscire a farlo, dobbiamo crescere quantitativamente e qualitativamente e tenere gli occhi sull’obiettivo: la costruzione di una organizzazione rivoluzionaria di quadri con radici in ogni posto di lavoro, quartiere operaio e università. Non ci sono scorciatoie, e l’impazienza è la rovina dei rivoluzionari!

Tutte le prospettive politiche ed economiche sono condizionali: questo ancor di più con un presidente imprevedibile come questo, che comanda un sistema instabile e decrepito come questo. Ma una cosa è certa: non importa come veniamo sfruttati, non importa come veniamo oppressi, i nostri interessi di classe sono inconciliabilmente opposti a quelli dei capitalisti. Il capitalismo traballa, ma non cadrà giù per il burrone della storia da solo finché la classe lavoratrice non gli assesterà uno spintone consapevole e deciso. Nel centesimo anniversario della rivoluzione russa, nessuno slogan suona migliore di quello di Marx: lavoratori del mondo unitevi!

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