Così finisce la “Scuola dei democratici”. Quello che una volta sembrava impensabile, simile ad un episodio di “Ai confini della realtà”, è diventata una realtà surreale. Assieme a milioni di altre persone, gli esperti dei mass media erano traumatizzati, nonostante abbiano cercato di mantenersi composti davanti al crollo del “muro blu” di stati “sicuri” per Hillary, con un ribaltamento irreversibile verso quelli a favore di Donald.
Obama ha offerto una debole consolazione, che «il sole continuerà a sorgere la mattina.” Come la notte segue il giorno, il sole sorgerà davvero al mattino. Ma sorgerà su un mondo molto diverso: quello che ha visto il crollo notturno della marcia dinastia dei Clinton e la frantumazione della strategia elettorale del “meno peggio”.
“Non può essere successo!”
” Né ridere, né piangere, ma capire. ”
– Spinoza
“Tutto ciò che è solido si scioglie nell’aria, tutto ciò che è sacro viene profanato”.
– Karl Marx
Se tutto fosse andato come doveva, non sarebbe dovuta finire così. Ma come abbiamo spiegato, non poteva andare come doveva. La logica e la ragione indicavano una vittoria per la Clinton, ma sotto i colpi della crisi economica, la logica e la ragione sono state gettate fuori dalla finestra. Il 2016 è stato l’anno dei populisti, sia di sinistra che di destra, e con Sanders uscito dalla competizione, Trump ne è rimasto il principale beneficiario. Le folle enormi e compatte che ha raccolto, mentre “Hillary la corrotta” faticava a creare un qualunque genere di entusiasmo, era una chiara indicazione che qualcosa di grosso stava montando.
Quindi non dobbiamo affatto essere sorpresi. Dopo tutto, come abbiamo spiegato nella nostra analisi preelettorale: “se c’è stata la Brexit, Donald Trump può diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti.” In un’epoca di avanzata decadenza del capitalismo, l’impensabile è la nuova normalità. Quando i marxisti dicono che “cambiamenti bruschi e repentini” sono all’ordine del giorno, non dicono una frase priva di significato. Non esageravamo quando spiegavamo che, a prescindere da chi le vincesse, le elezioni avrebbero segnato una svolta decisiva nella situazione. Dopo la corsa di Sanders e ora l’elezione di Trump, chi può dire che negli Stati Uniti rimane sempre tutto uguale? Non può essere il tipo di cambiamento in cui milioni di persone avevano sperato, ma è comunque un cambiamento gigantesco.
Le implicazioni per l’economia mondiale e la lotta di classe sono impossibili da prevedere, ma saranno di ampio respiro. Anche prima che venissero annunciati i risultati finali, i futures scambiati al Dow Jones erano crollati di 700 punti, il peso messicano aveva perso il 10% del suo valore rispetto al dollaro, il prezzo dell’oro era schizzato verso l’alto e i mercati asiatici erano in forte calo.
Gli Stati Uniti non sono una ex potenza mondiale marginale di seconda fascia, ma il ventre della bestia capitalista e imperialista. Come espresso dal Financial Times: “Ci vorrà un po’ di tempo perché vengano assimilate le maggiori implicazioni dell’elezione del Signor Trump. Ogni sondaggista ha fatto una lettura sbagliata del pubblico americano. Eleggendo un uomo conosciuto per la sua mancanza di rispetto verso le sottigliezze costituzionali degli Stati Uniti, l’America ha mandato a Washington l’equivalente elettorale di un attentatore suicida. Il mandato di Trump è quello di far saltare il sistema. La sua previsione di ‘dieci volte tanto la Brexit” era un eufemismo. Il Regno Unito potrebbe aver scelto di andare alla deriva, ma le conseguenze della sua decisione sono in gran parte locali”.
Si supponeva che Hillary Clinton avesse la vittoria in tasca. Tutti i sondaggi le davano un ampio margine di vittoria. Ma alle 22:30, la marea era cambiata e le trasmissioni erano condite dalle frasi “sismico”, “inquietante”, “rivolta populista”, “fine dell’esperimento americano”, “fallimento dello Stato” e “apocalisse”. Era sempre più chiaro che il vincitore “non era la Clinton”. Come hanno potuto sbagliare così gli esperti?
In poche parole, i sondaggi hanno clamorosamente sbagliato perché i media volevano credere alla propria favola: che la rabbia populista fosse passeggera e che a vincere sempre sia il candidato con più fondi per la propria campagna. Così come non davano a Bernie Sanders la minima possibilità di minacciare la vittoria della Clinton, hanno dato per scontato, con aria di sufficienza, che il grossolano razzismo, il sessismo e l’ignoranza di Trump sarebbero stati sufficienti ad affondarlo. Sanders ha capitolato alla pressione. Ma nonostante gli sforzi spietati da parte dei media e del suo partito per allinearlo o buttarlo fuori dalla competizione, Trump non ha ceduto e i suoi sostenitori hanno premiato la sua tenacia andando a votare e massa e consegnandoli la vittoria.
E’ stata una competizione tra i candidati più indesiderati e impopolari d’America. Alla fine, come ha detto un analista ” Hillary Clinton si è rivelata il peggior candidato nella storia presidenziale americana”. Con mezzi più limitati in termini di macchina elettorale, Trump ha cavalcato l’onda dell’indignazione lungo tutta la strada per la Casa Bianca.
Le anti-elezioni
Come abbiamo spiegato alla vigilia delle elezioni “Questa è sempre stata l’elezione a perdere della Clinton, cioè dopo che lei e il DNC (Democratic National Committee) hanno manovrato in modo antidemocratico per negare a Bernie Sanders la vittoria. Dopotutto, Obama è relativamente popolare, l’economia non è ancora precipitata in una nuova recessione, dopo Occupy e il movimento “Black Lives Matter” l’ambiente generale tra i giovani tende chiaramente a sinistra e Trump è un ignorante reazionario e un buffone. Ma c’è un unico neo: milioni di americani odiano con impeto Hillary Clinton. La vedono come una bugiarda, una imbrogliona disonesta, comprata e pagata da Wall Street. È il simbolo degli arrampicatori sociali, l’incarnazione della politica degli “affari sono affari”. Dopo l’esperienza Sanders, ‘almeno io non sono Trump!’ non è una motivazione sufficiente per milioni di americani per recarsi alle urne”.
La stragrande maggioranza degli americani pensa che il Paese è sulla strada sbagliata e questo ha lavorato contro il partito al governo. Tra i Millennials (i nati dopo la metà degli anni ottanta, ndt) della Florida, la Clinton ha ottenuto l’11% in meno rispetto a quanto prese Obama. Molti hanno scelto di votare per un terzo partito, nonostante il rischio di disperdere il proprio voto. Dato il Collegio Elettorale e il dominio dei grandi imprenditori nel finanziamento della campagna elettorale, la maggioranza ha pensato che il loro voto non avesse importanza. Chi può biasimarli? I giovani hanno considerato i due candidati principali come “spaventosi”, “uno scherzo”, una “presa in giro” e “un insulto”.
Abriona Johnson, 20 anni, cameriera alla Draught House a nord di Philadelphia che pensava di votare Hillary Clinton perché “lei non è Trump”, ha detto: “In queste elezioni mi sento come chi sa chi non vuole, più di uno che sa cosa vuole”.
Alcuni sostenitori di Trump erano altrettanto insoddisfatti per le elezioni. Cal Summers, uno studente di 19 anni al Bucks County Community College, aveva in programma di votare per Trump perché appoggiava le sue politiche economiche e perché “Hillary Clinton è una criminale”. Ma ha trovato le elezioni “un po’ inquietanti” perché entrambi i candidati erano pieni di difetti. Alla domanda se avrebbe appoggiato un altro candidato alle primarie ha detto: “Onestamente, chiunque sarebbe stato meglio”.
Anche The Onion (un sito satirico, ndt) ha avuto problemi con la satira per le elezioni. Secondo Ben Berkley, caporedattore della rivista on-line: “E ‘difficile alzare il volume quando l’altoparlante è già scoppiato e le orecchie di tutti sono doloranti”.
Le donne e la Clinton
Alcuni daranno la colpa del risultato al sessismo e alla misoginia. Non ci sono dubbi: questo veleno è vivo e vegeto negli Stati Uniti e continuerà finché le classi e le differenze artificiali continueranno. Tuttavia, c’è molto di più della questione di genere nel rigetto di Hillary. Come ha detto senza mezzi termini l’attivista-attrice Susan Sarandon: “Non voto con la vagina”.
Anche se Trump è un sessista ripugnante sia a parole che nelle azioni personali, questo impallidisce in confronto alle azioni della Clinton contro gli interessi di milioni di donne che lavorano negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Tanto per fare un esempio, prendiamo l’infame Fondazione Clinton, che paga i suoi dipendenti di sesso femminile solo il 72% quello che paga i dipendenti di sesso maschile, perfino meno rispetto alla media del 75% delle organizzazioni non-profit. Per inserirlo nel contesto, questo significa che per lo stesso lavoro, la Fondazione Clinton paga alle donne 7,20 dollari l’ora, contro i 10 degli uomini. Senza contare la sofferenza di milioni di donne in Siria, Iraq, Afghanistan, Libia e in qualsiasi altro posto in cui il Segretario di Stato Clinton abbia presieduto ai bombardamenti e all’impoverimento generalizzato.
La stragrande maggioranza degli americani non avrebbe alcun problema ad eleggere un presidente donna e crede che ciò segnerebbe una tappa importante. Ma quando è giunto il momento decisivo, milioni di uomini e donne non si sono recate alle urne per votare quella donna come presidente. Hanno votato per Trump, non perché siano stupidi o ignoranti, ma perché il loro istinto di classe gli ha detto che Hillary Clinton era il loro nemico di classe.
“E’ l’economia, stupido!”
E’ l’eredità reale di Obama, non quella immaginaria, dopo 8 anni al potere, la principale spiegazione del risultato. Come Martin Wolf del Financial Times ha delineato prima del voto: “Tuttavia, le cicatrici lasciate dalla crisi, che comprendono una diminuzione della fiducia nell’onestà e nella competenza delle elites finanziarie, intellettuali e politiche, si aggiungono a quelle preesistenti.
“Il reddito medio reale delle famiglie è aumentato del 5,2% tra il 2014 e il 2015. Ma rimane al di sotto dei livelli pre-crisi. In effetti, è al di sotto dei livelli raggiunti nel 2000 ed è addirittura sceso rispetto al PIL reale pro capite, in maniera costante, da metà anni settanta. Questa performance aiuta a spiegare l’ondata di delusione, perfino la disperazione, che si è espressa così chiaramente in queste difficili elezioni.
“Non sorprende che la disuguaglianza sia notevolmente peggiorata. Tra il 1980 e l’ultimo periodo, l’1% dei redditi lordi più alti è passato dal 10% al 18% del totale. Anche al netto delle imposte, è aumentato di un terzo, dall’8 al 12%. L’aumento degli stipendi degli amministratori delegati rispetto a quello dei lavoratori è stato enorme. Gli Stati Uniti hanno la disuguaglianza più alta rispetto a qualsiasi altro paese ad alto reddito e hanno visto l’aumento più veloce nella disuguaglianza tra le sette principali economie ad alto reddito. La divergenza tra questi paesi suggerisce che la crescente disuguaglianza è molto più una scelta sociale che un imperativo economico.
“Alla crescente disuguaglianza è strettamente legato il calo che si è avuto nella quota del reddito da lavoro rispetto al PIL, che passa dal 64,6% del 2001 al 60,4% del 2014. I lavoratori non hanno solo sofferto della diminuzione della fetta della torta che spetta loro. Altrettanto significativo è il costante aumento, da circa il 3% nel 1950 al 12% attuale, della percentuale di uomini di età compresa tra i 25 e i 54 anni che non lavorano né lo cercano. Dal 2001, perfino la Francia ha avuto una percentuale maggiore, rispetto agli Stati Uniti, di uomini adulti che hanno un lavoro. Dal 1990, gli Stati Uniti sono il secondo di tutti i paesi membri dell’Ocse come aumento di non partecipazione maschile alla forza lavoro. Dopo il 2000, anche la tendenza al calo della mancata partecipazione femminile si è arrestata. La percentuale di donne statunitensi occupate in questa fascia di età è oggi tra le più basse di tutti i membri dell’OCSE“.
Non è un caso che il messaggio di Trump abbia un’eco nella Rust belt e oltre. In particolare, il Midwest è stato duramente colpito dalla crisi, e precedenti roccaforti democratiche come il Michigan e il Wisconsin, assieme alla Rust belt della Pennsylvania e dell’Ohio hanno premiato Trump. Senza una chiara guida da parte delle dirigenze operaie, gli effetti della globalizzazione capitalistica vengono rifiutati in modo confuso e nazionalistico, con una reazione contro l’immigrazione, la Cina, ecc..
Milioni di americani sentono di non avere alcun futuro e che la loro dignità è stata spogliata da una insostenibile crisi senza fine. L’impennata di diffusione di eroina è solo una delle manifestazioni di questo. Vogliono “togliere di mezzo il fango” di Washington e “riprendersi il loro paese”, anche se fin dall’inizio non l’hanno mai posseduto realmente.
I democratici sono stati al potere nel corso degli anni più redditizi della storia di Wall Street, corrispondenti a quasi un decennio di stagnazione e declino per i lavoratori. Non possono vivere per sempre di promesse fumose. Questo spiega perché Trump, pur essendo un miliardario, è stato in grado di porsi come un outsider rimasto ai margini e rispetto alla Clinton lo è di certo. È il primo presidente a non aver mai avuto cariche pubbliche o ad aver prestato servizio militare. Nonostante menta quasi ogni volta che respira, i suoi attacchi contro la classe dirigente contengono spesso più di un grano di verità.
“Sinistra e destra”
Quindi, sebbene sembri poco logico superficialmente, milioni di persone che hanno votato per Trump stavano in realtà esprimendo il loro istinto di classe, anche se in modo confuso e distorto. Ancora una volta, vale la pena citare quello che abbiamo scritto alla vigilia delle elezioni:
“Come dare un senso all’appoggio per Trump? Se è realmente in grado di vincere, significa che milioni di lavoratori americani voteranno per lui. La sua principale base di appoggio è chiaramente la “piccola borghesia infuriata”, per quanto possa essere numericamente ridotta e socialmente impotente, ma ha anche sfruttato la profonda rabbia di milioni di lavoratori qualunque. Per capire cosa sta succedendo, dobbiamo abbandonare l’approccio dominante-accademica-borghese-liberale di ciò che costituisce la “sinistra” e la “destra”. In breve, dobbiamo analizzare questo processo da un punto di vista di classe.
“Per i marxisti, la” sinistra” rappresenta gli interessi vitali, storicamente progressisti,della classe operaia nella sua lotta per la trasformazione rivoluzionaria in senso socialista della società. La “destra” sono i difensori e i beneficiari del capitalismo morente e decrepito , un sistema reazionario basato sullo sfruttamento e l’oppressione che è sopravvissuto a lungo oltre la sua “scadenza” a causa dei tradimenti dei dirigenti operai. Il fattore decisivo fondamentale non è questa o quella politica in astratto, ma di classe: sei un lavoratore o sfrutti il lavoro di questi ultimi.”
“Per mantenere l’illusione del “governo della maggioranza”, ai lavoratori, che sono di gran lunga più numerosi dei capitalisti, deve essere permesso di andare alle urne (almeno quelli che non sono stati esclusi dalle liste elettorali per una miriade di motivi pretestuosi). Durante i periodi normali, le differenze superficiali di politiche sociali ed economiche o di politica estera sono sufficienti agli elettori per “farsi una propria idea” su chi dovrebbero votare. Ma nei momenti in cui le contraddizioni del sistema sollecitano i partiti esistenti fino al punto di rottura e non emerge un alternativa di massa della classe operaia che ne prenda il posto, sono necessari altri metodi per mantenere le cose entro limiti di sicurezza.
“Consciamente o inconsciamente, la funzione sia del populismo di sinistra che di quello di destra è quello di coinvolgere i lavoratori a votare partiti che difendono interessi di classe diametralmente opposti ai loro. Inquadrando il mondo e la politica come “noi contro loro” lungo varie linee ideologiche e demografiche, l’attenzione viene deviata dal problema principale: la crisi organica e l’impasse del sistema. Allo stesso tempo, però, evocare queste forze rappresenta un potenziale pericolo per l’ordine costituito, siccome possono sfuggire di mano a chi le ha evocate. Il trucco è quello di fomentare la gente quel tanto che basta per farli andare alle urne, senza arrivare al punto che credano veramente di avere voce in capitolo sul funzionamento della società. Dopo le elezioni, ognuno dovrebbe tornare a casa e lasciare la politica ai professionisti. Il cielo non voglia che scendano nelle strade, marcino sulla capitale, occupino fabbriche e organizzino scioperi di massa.
“Quindi, cerchiamo di essere chiari: i democratici non sono”di sinistra” e i repubblicani non sono di “destra”. Sono entrambi partiti di destra. Entrambi sono sempre stati, e ad oggi rimangono, i partiti della classe dominante e per la classe dominante. Sono nella migliore delle ipotesi la “destra liberale” e la “destra conservatrice” della classe capitalista. Anche se si sono evoluti storicamente in antagonismo ideologico tra di loro, sia il liberalismo che il conservatorismo sono varianti del dominio capitalista e saranno sempre unite contro gli interessi dei lavoratori. Sia i democratici che i repubblicani si appoggiano demagogicamente sulla classe operaia, promettendo il sole e la luna durante le elezioni, ma non appena escono i risultati, governano nell’interesse dei capitalisti.
“In assenza di un partito di massa dei lavoratori, la maggioranza di essi è costretta a “scegliere” quale di questi settori considerare come il “meno peggio”, ogni volta che si avvicina un’elezione. Per decenni i Democratici hanno potuto presentarsi come i più “a sinistra” grazie all’eredità delle modeste riforme attuate sotto Roosevelt e il New Deal, al dinamismo giovanile di John F. Kennedy e la “Grande Società” di Lyndon Johnson. Ma la crisi del sistema significa che non si possono più concedere neanche le briciole. I capitalisti vogliono tutta la torta, anche se sono i lavoratori a cuocerla.
“Dopo quasi un decennio di stagnazione, abbandono, disoccupazione e sottoccupazione sotto il dominio del Partito Democratico, ai lavoratori non è così chiaro quale di questi mali sia il “minore”. Sono principalmente gli anziani, i bianchi e i lavoratori di sesso maschile a sostenere Trump e molti di loro sono iscritti al sindacato. Sono stati i principali beneficiari del boom del dopoguerra e ora possono percepire che il cerchio si sta chiudendo. Non sono ancora consapevoli del fatto che la causa del declino del loro tenore di vita è il sistema capitalista stesso, e pervasi dall’idea che arriva dai loro dirigenti operai, che i lavoratori sono “collaboratori dei padroni”, cercano disperatamente di conservare quel poco che hanno. Sperano contro ogni speranza che un “forte uomo d’affari” possa sistemare le cose“.
Nessuna soluzione sotto al capitalismo
Ma le loro speranze malriposte si sfracelleranno presto contro le rocce della realtà capitalistica. Non appena Trump prenderà in mano le redini di un sistema che lui stesso definisce truccato e corrotto, il grado di illusione si evidenzierà chiaramente. Nel suo discorso di accettazione della presidenza ha fatto le seguenti promesse:
“Sistemeremo i nostri centri cittadini e ricostruiremo le nostre autostrade, i ponti, le gallerie, gli aeroporti, le scuole e gli ospedali. Ricostruiremo le nostre infrastrutture, che tra l’altro, non sono seconde a nessuno e metteremo milioni di persone al lavoro di ricostruzione.
“Avvieremo un progetto di crescita e rinnovamento nazionali. Sfrutterò i talenti creativi dei nostri cittadini e farò appello ai migliori e ai più brillanti perché usino il loro tremendo talento a beneficio di tutti. Succederà. Abbiamo un grande piano economico. Raddoppieremo la crescita del nostro paese e avremo l’economia più forte al mondo. Allo stesso tempo, andremo d’accordo con tutte le altre nazioni che vogliono andare d’accordo con noi. Lo faremo. Avremo ottimi rapporti. Ci aspettiamo di avere rapporti davvero eccellenti. Non esiste un sogno troppo grande, o una sfida troppo difficile. Niente di quello che vogliamo per il nostro futuro è al di fuori della nostra portata.
“L’America non si accontenterà più di niente che non sia il meglio. Dobbiamo rivendicare il destino del nostro paese e sognare in grande e in modo audace. Dobbiamo farlo. Torneremo a sognare cose belle e di successo per il nostro paese.
Alla comunità mondiale voglio dire che, nonostante metterò gli interessi dell’America sempre al primo posto, ci comporteremo in modo corretto con tutti. Tutti i popoli e tutte le nazioni. Cercheremo un punto d’incontro, e non l’ostilità. Collaborazioni e non conflitti.“.
Nonostante la sua demagogia e cattiveria, Trump promette lavoro per tutti, la fine del caos che è l’Obamacare e che farà che “i vostri sogni … diventino realtà!” Mentre ha ottenuto l’appoggio di un sacco di razzisti dichiarati e dei suprematisti bianchi, per la maggior parte dei lavoratori il suo messaggio risuona, nonostante il suo palese razzismo e sessismo. Ha fatto la promessa di un ritorno ai mitici bei tempi in cui l’America era “grande”. La maggioranza degli americani non capisce che quei giorni erano basati su una convergenza di condizioni irripetibili, che sono durate solo pochi decenni, dei quali ha beneficiato solo una parte della popolazione e non torneranno mai più, nonostante le vane promesse di Trump.
Il presidente eletto ha anche affermato che “è così facile!” risolvere i problemi che si trovano ad affrontare i lavoratori americani. Una soluzione elettorale bella e semplice ai problemi dei lavoratori è precisamente ciò per cui a milioni hanno votato nel 2008. I risultati sotto i democratici sono stati scadenti, ma dato il duopolio politico che ha dominato per 150 anni la politica statunitense e il misero fallimento dei leader sindacali nel costruire un’alternativa, è naturale come “l’altra parte” sia nuovamente il principale beneficiario del cocente malcontento.
Ma abbiamo una cattiva notizia per Trump: risolvere la crisi del capitalismo entro i limiti del sistema è impossibile. Nel suo discorso di accettazione ha fatto appello all’unità e si è impegnato ad essere il presidente di tutti gli americani. Tuttavia, questo è irrealizzabile. Si può governare solo per una parte della popolazione: i miliardari, i cui interessi sono diametralmente opposti a quelli dei lavoratori.
I repubblicani ora controllano il Congresso e la Casa Bianca. Non useranno i guanti di velluto nei loro attacchi contro i lavoratori e non avranno scuse per non mantenere quella pia illusione delle promesse di Trump. Quando la delusione inevitabilmente comincerà a montare, diventerà evidente come in modo distorto, la campagna di Trump ha permesso lo scatenarsi delle forze sociali contro di lui e del suo partito, forze che non saranno in grado di controllare. Questa è la ragione per cui la classe dirigente ha preferito Hillary. Tuttavia, preferendola così apertamente, non hanno fatto altro che alimentare la rabbia e incoraggiare la reazione contro la sua candidatura.
L’occasione storica, solo sfiorata, di Bernie Sanders
Nonostante il colossale sconvolgimento di Trump, non dimentichiamoci l’altra grande storia che è uscita dalle elezioni 2016: il movimento di massa che ribolliva attorno a Bernie Sanders. A soli 25 anni dalla caduta dell’URSS, nella terra di Joseph McCarthy e del Terrore Rosso, il suo appello per una “rivoluzione politica contro la classe dei miliardari”, gli ha fatto guadagnare oltre 13 milioni di voti alle primarie del Partito Democratico e nei caucus. La sua campagna apertamente socialista ha attirato grandi folle e ha generato tali livelli di entusiasmo che il marketing freddamente calcolato della Clinton poteva solo sognarsi. Nonostante il suo programma di moderate riforme di sinistra, l’enorme sostegno per Sanders ha rappresentato un terremoto politico che è risuonato in tutto il pianeta.
Anche dopo che Wikileaks ha rivelato gli inganni e la disonestà della campagna della Clinton e dell’apparato del DNC, Sanders ha ceduto alle pressioni, appoggiando Hillary e rifiutandosi di presentarsi come indipendente (come lo abbiamo sollecitato a fare). La spiegazione che ha dato è stata che il lancio di un nuovo partito socialista di massa avrebbe di fatto dato la vittoria a Trump. Ora che l’idea del male minore è a pezzi, chi può negare che Sanders avrebbe potuto battere Trump sia in una corsa a due o a tre e oltre?
Che lo si accetti o no, la verità rimane: i lavoratori continueranno ad essere i perdenti fino a quando non avremo un nostro partito. Si è persa un’occasione storica. Ma non dobbiamo disperare. Ci saranno altre opportunità. Nulla è stato risolto e il vuoto non esiste in natura. La necessità oggettiva di una valvola di sfogo politica di massa della classe operaia è più acuta che mai. Il fenomeno Sanders contiene al suo interno molti semi fertili per il futuro. I democratici hanno subito un duro colpo che li ha sconvolti, ma fino a quando non vengono rimpiazzati, possono continuare a zoppicare ancora per un bel po’ di tempo, proprio come il sistema che rappresentano deve essere sostituito con l’azione cosciente della classe operaia organizzata.
Neanche all’inferno sono più infuriati della classe operaia disprezzata
Siamo testimoni del pragmatismo americano all’opera, di come un largo settore di lavoratori cercano di prendere il futuro nelle proprie mani nell’unico modo a loro disposizione in questo frangente. Dopo tutto, quando la televisione non funziona, la classica risposta americana è quella di dare una bella botta con il pugno. E se questa non funziona, è il momento di buttarla nel cassonetto e comprarne una nuova. Milioni di americani hanno appena dato all’establishment una bella botta. In seguito vedranno che il sistema attuale non si può riparare e deve essere completamente sostituito .
Come il Washington Post ha posto in maniera cruda, “Questo scollamento può essere spiegato solo dal desiderio di far saltare in aria l’intero sistema. E non intendo solo il sistema politico. Intendo ogni istituzione dell’elite e dell’establishment che ritengono conoscano meglio – incluso i massmedia. Trump è il dito medio collettivo di tutte quelle persone che pensano che le élites li hanno derisi e disprezzati per troppo tempo. È la vendetta dell’uomo medio – resa ancora più straordinaria dal fatto che il veicolo di questa rabbia contro le élite e l’establishment sia un miliardario che si vanta con chiunque glielo chieda di quanto sia ricco e intelligente “.
Così, mentre molti americani hanno illusioni in Trump, altri milioni non lo hanno mai appoggiato e stanno già preparandosi a combatterlo. Dopo la delusione della capitolazione di Sanders e il miserabile fallimento di Clinton nell’impedire la vittoria di Trump attraverso la logica del “meno peggio”, la gente non tornerà di nuovo ciecamente a fare riferimento ai democratici, anche se, come abbiamo spiegato, fino a che non si svilupperà un alternativa, tutto è possibile.
Dopo decenni di tradimenti, la classe operaia bianca ha finalmente abbandonato il Partito democratico. Tuttavia, il suo “flirt” con i repubblicani sarà di breve durata dato che anch’essi non hanno nulla da offrire ai lavoratori. Altri che avevano illusioni nei democratici saranno anche profondamente scosso da questo risultato e saranno alla ricerca di alternative.
Questi sono i frutti amari della cosiddetta logica del “meno peggio” Ci sono voluti più di 20 anni, ma la “rust belt” (letteralmente “cintura della ruggine” che comprende gli Stati del Nordest, dei Grandi Laghi e del Midwest, un tempo il cuore industriale degli Stati uniti, ndt) ha finalmente ottenuto la sua vendetta per il NAFTA, lo smantellamento dello stato sociale, e la sfilza di leggi anti-operaie fatte approvare da Bill Clinton negli anni Novanta. Come abbiamo avvertito più volte, se si adotta una strategia del “male minore”, alla fine a vincere è il “male maggiore”. E per molti quest’anno elettorale, non era così chiaro distinguere fra i mali.
Abbiamo di fronte una nuova era di polarizzazione, austerità, e lotta di classe
Per coloro che sono devastati dal risultato e temono che il mondo sta crollando diciamo: la lotta è solo cominciata! In un certo senso, è di gran lunga meglio che Trump e i suoi siano messi alla prova prima che poi, invece di raccogliere consensi all’opposizione per altri quattro anni, blaterando ripetutamente “Ve l’avevo detto!” Possiamo stare certi che qualcosa di ancora più a destra avrebbe preso il loro posto, e anzi, una forza del genere potrebbe ancora emergere.
Ma per ora, l’onere spetta a Trump e ai repubblicani, e quando non riusciranno a soddisfare le aspettative, la guerra civile che già infuria nelle loro fila porterà ad una crisi dopo l’altra anche in quel partito. Trump ha suscitato aspettative irrealizzabili. Anche se oggi sono al settimo cielo, i suoi sostenitori a un certo punto gli si ritorceranno contro. La rabbia, che non ha ancora trovato un’espressione di classe coerente, finirà per trovarla: un partito di massa dei lavoratori, in qualsiasi forma possa assumere inizialmente
I progressisti “liberal” e molti a sinistra daranno la colpa per il risultato alla presunta ignoranza della classe operaia. Strepiteranno come matti che tutto sta crollando, e che la società si sta spostando a destra, e forse arriverà il fascismo. In realtà, la società si sta muovendo all’interno dei vortici e delle turbolenze imprevedibili del caos capitalistico. Trump non è la causa, ma semplicemente il risultato e l’espressione della destabilizzazione del sistema nel suo complesso. Una cosa è chiara, però: al processo molecolare della rivoluzione negli Stati Uniti è stato inferto un colpo pesante di adrenalina.
La strategia di appoggio ai democratici da parte dei leader sindacali è fallita e la loro credibilità è stata gravemente minata. Per invertire la rotta e organizzare una lotta vincente contro gli attacchi imminenti, il movimento operaio ha bisogno di nuove politiche. I sindacati esistenti devono essere travolti da nuovi iscritti freschi di militanza e devono esserne formati di nuovi per le decine di milioni di lavoratori che non hanno alcuna difesa collettiva contro i padroni. Se i leader attuali non sono in grado di ritornare ai fondamenti della lotta di classe militante che ha costruito i sindacati all’inizio, verranno cacciati via e saLa Brexit negli Usa: lottare contro Trump, lottare contro il capitalismo!ranno forgiati nuovi leader nelle lotte che ci attendono.
Le aspirazioni della classe operaia vanno ben al di là di ciò che il capitalismo è in grado di fornire. I giovani e i lavoratori non avranno altra alternativa che lottare. L’elezione dell’8 novembre dovrebbe servire come una sveglia. Il cambiamento non arriverà votando per i partiti dei padroni. Abbiamo bisogno dei nostri strumenti politici di lotta: abbiamo bisogno della teoria, delle prospettive e delle idee marxiste per orientare il nostro lavoro.
Lotta per il socialismo!
Il desiderio di “Rendere di nuovo grande l’America!” riflette un desiderio disperato di far tornare indietro l’orologio a un tempo passato in cui il sogno americano sembrava essere reale. Ma i marxisti comprendono che nessuna nazione può essere veramente grande sotto il capitalismo. C’è una sola via d’uscita: rendere l’intero pianeta un posto fantastico tramite il socialismo.
Molte persone sono comprensibilmente demoralizzate, avvilite, e disgustate. Ma non c’è tempo da perdere. Dobbiamo trasformare la rabbia in azione. Ma affinchè la nostra azione sia efficace, dobbiamo essere organizzati e armati con un programma e un piano. Ci potrà essere qualche disorientamento in un primo momento, ma non passerà molto tempo prima che comincino le proteste, si gonfino col tempo e coinvolgano milioni di persone in tutto il paese. I repubblicani, il partito più rozzo e meno sofisticato della classe dominante, dovranno affrontare un movimento di protesta incontrollabile in un futuro non troppo lontano. Le prime proteste sono già state organizzate sui social media e la Tendenza marxista internazionale sarà presente.
Come abbiamo spiegato pochi giorni prima delle elezioni:
“Non importa chi vince, il prossimo inquilino della Casa Bianca sarà seduto su una polveriera di crisi e di instabilità. Tagli, austerità, e attacchi contro la classe operaia saranno all’ordine del giorno, non importa ciò che i candidati promettono oggi. I lavoratori non avranno altra scelta che lottare sui loro luoghi di lavoro e nelle piazze. Se Trump vince, non solo ci saranno proteste di massa spontanee, ma la sua vittoria potrebbe essere il fattore scatenante di una prossima crisi economica. I suoi sostenitori capiranno in breve tempo di essere stati ingannati. Se Clinton vince, la sua luna di miele sarà quasi certamente di breve durata, in particolare data la prospettiva di un tracollo economico molto pesante all’orizzonte. Shock e paralisi saranno sostituiti da indignazione e dalle mobilitazioni.”
“(…) Lungi dal rappresentare un semplice sfogo, le elezioni hanno destabilizzato la situazione ancora di più. Che noi siamo pronti meno, movimenti di massa di dimensioni mai viste nella nostra vita sono all’orizzonte. La vita insegna e gli eventi dei prossimi anni saranno un corso accelerato rispetto alla crisi capitalista a tutti i livelli. Pur seguendo le elezioni nei loro dettagli, non possiamo essere distratti dal circo della politica borghese. Non c’è spazio per la demoralizzazione o per la routine. Al contrario, dobbiamo fare il pieno di ottimismo rivoluzionario, mantenendo i nostri occhi sull’obiettivo: la costruzione di una organizzazione di quadri in grado di formare ed educare i battaglioni rivoluzionari del futuro “.
La credibilità e la legittimità di tutto il sistema sono state profondamente minate. Secondo William Cohen, ex segretario della Difesa sotto Bill Clinton il paese “procede in modo scomposto verso la mutua distruzione assicurata del nostro sistema politico.”
E come un amico operaio in Ohio mi ha scritto quando sono arrivati i risultati: “Beh vecchio amico, sembra che il divertimento stia per iniziare. Ho scelto di votare un terzo partito e non credo affatto di avere buttato via il mio voto. La vedo così: se la scelta è tra mangiare merda di Rottweiler o merda di Dobermann, oppure la pizza, anche se c’è una possibilità molto minima di avere la pizza, cercherò comunque di mangiare la pizza. Sono impaziente di vedere lo spettacolo quando il popolo americano si renderà conto che questo miliardario colorato di arancione non rappresenta i loro interessi”.
Il capitalismo è fallito e così lo sono i suoi partiti politici. La crisi del sistema economico borghese, si riflette inevitabilmente in una crisi della direzione politica della borghesia. Durante la notte, la coscienza in America ha compiuto un enorme balzo in avanti. L’elezione di Donald Trump segna un ulteriore passo nel percorso non lineare ma inesorabile verso la rivoluzione socialista.
Sarà una corsa spericolata. Non è il momento di stare alla finestra. É ora di organizzarsi!
Lottiamo contro Trump, lottiamo contro il capitalismo!
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Per un partito socialista di massa sulla base dei sindacati e della classe operaia!