Ieri il parlamento greco ha votato un nuovo pacchetto di misure di austerità. Le misure prevedono l’aumento delle tasse per 2,8 miliardi di euro, il più grande programma di privatizzazioni della storia del paese e un meccanismo automatico anti-sforamento del debito per il futuro.
Con questa votazione (che ha visto solo un deputato di Syriza votare contro e poi presentare le dimissioni, prontamente sostituito) la Grecia si presenta con “i compiti a casa fatti con attenzione” (Tsipras dixit) all’incontro dell’Eurogruppo di domani, martedì 24 maggio che dovrebbe sbloccare 5 degli 86 miliardi di euro di aiuti previsti dal pacchetto di “salvataggio” della troika.
Le imposte indirette aumenteranno dal 23 al 24% su molti beni di consumo, tra cui benzina, sigarette, caffè, internet, pay tv. Ci saranno nuove tasse sulle proprietà immobiliari e sui redditi. Ricordiamo che il 9 maggio il parlamento aveva già votato 3,6 miliardi di euro di tagli alle pensioni e aumenti dei prelievi sui redditi alla fonte, pari a circa il 3% del Pil.
Le novità principali della nuova manovra sono sostanzialmente due.
1) La creazione di un nuovo fondo sulle privatizzazioni, che presiederà alla vendita del patrimonio statale per i prossimi 99 anni. Tale fondo sarà controllato dall’Unione europea: nel Consiglio di Sorveglianza due membri saranno nominanti direttamente da Bruxelles mentre tre saranno di competenza del governo greco ma solo dopo l’approvazione dei “partner” stranieri.
Il programma di privatizzazioni riguarda: i trasporti pubblici di Atene (bus, tram, ecc); la metropolitana di Atene; lo stadio olimpico; le poste; le aziende dell’acqua di Atene e Salonicco, l’industria statale degli armamenti; l’azienda elettrica statale; l’azienda addetta alle case popolari.
2) La creazione di un “meccanismo automatico di correzione”. Se la Grecia non raggiungesse gli obiettivi stabiliti dalla Troika per concedere il pacchetto di aiuti, ossia il 3,5% di avanzo primario nel 2018, scatterebbe l’aggiustamento dei conti, pari al 2% del Pil. Tale misura era stata nelle scorse settimane scartata da parte del ministro dell’economia Tsakalotos, in quanto non sarebbe stato possibile secondo la Costituzione greca per il Parlamento votare misure “preventive” in materia economica. Evidentemente questo ostacolo giuridico è stato rapidamente abbattuto dalla supreme leggi dell’economia capitalista.
Nel giro di pochi mesi, il governo Syriza -Anel ha completamente tradito le promesse elettorali non solo della campagna elettorale del gennaio 2015, ma anche quelle della campagna elettorale del settembre scorso, successiva alla capitolazione nei confronti della Troika.
Il fatto più drammatico è che nulla è stato risolto dalla politica di lacrime e sangue imposta dalle istituzioni internazionali e dalla borghesia greca. Nel 2009 il debito greco era il 126,7% del Pil, oggi è al 176, 9%. La disoccupazione è salita al 25% del totale della forza lavoro nel 2015 (era inferiore al 10% nel 2005) mentre i salari sono scesi di oltre il 20% tra il 2010 e il 2014. (Fonte: Eurostat)
L’Unione europea e il Fondo monetario internazionale sono concordi nel definire la situazione “insostenibile” e non stupisce che l’Fmi abbia proposto una moratoria sul debito greco fino al 2040. Non stupisce nemmeno la posizione contraria a tale moratoria della Germania, visto che i creditori di Atene sono soprattutto il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf), la Bce e i governi del vecchio continente, mentre l’Fmi è esposto in minima parte e solo nel breve termine. (vedi grafico, fonte: sole 24 ore)
Mentre la borghesia internazionale è divisa sulle strategie future, è unita su cosa fare ora: far pagare il debito e la crisi alle masse greche e di tutta Europa.
Nella sua ossessione per le politica di austerità ha trovato un alleato prezioso: Syriza, la cui politica dei due tempi, classica dei riformisti, sacrifici oggi per ottenere un cambiamento domani, si è rivelata un disastro per le classi meno abbienti.
Anche sul terreno dei diritti, il governo Syriza-Anel si è piegato. Addio all’accoglienza, con l’accordo del 18 marzo tra Ue e Turchia, Atene ha accettato di respingere i migranti verso Ankara. Lo scopo era di quello di ottenere concessioni dall’Ue in altri campi. La risposta è sotto gli occhi di tutti.
Semplicemente, l’Unione europea capitalista non si può riformare, deve essere rovesciata.
Dopo un periodo di smarrimento, i lavoratori e i giovani greci sono tornati alla lotta e anche nella giornata di domenica sono tornati a lottare: a migliaia erano in piazza in Piazza Syntagma a protestare contro le leggi che si stavano approvando in Parlamento. Come spiegano i nostri compagni greci della Tendenza comunista, un fronte unico di tutte le organizzazioni sindacali e di sinistra che continuano a lottare contro il memorandum è necessario, con un programma rivoluzionario di rovesciamento del sistema capitalista.