Salta le frontiere, sfidando tutte le barriere, irride alle minacce e alle maledizioni della classe dominante e fa piazza pulita delle forze dello stato. Non può essere fermato.
Le proteste di massa che si stanno diffondendo da un paese all’altro hanno preso di sorpresa tutte le forze della vecchia società. Non sanno come reagire. Se non fanno nulla, il movimento cresce, ma se tentano di schiacciarlo, crescerà molto più rapidamente.
In Spagna, decine di migliaia di persone sono scese in piazza la scorsa settimana. In manifestazioni che sembravano sorgere dal nulla, i manifestanti hanno riempito le piazze delle città in tutta la Spagna, in una ondata di indignazione per le politiche di austerità del governo e per gli alti tassi di disoccupazione. Gli “esperti” sono stati presi completamente alla sprovvista. Da dove viene questo movimento? La gioventù è apolitica, dicono, i giovani sono apatici.
Per anni la gente ha avuto pazienza, soffrendo in silenzio le imposizioni dei diversi governi. Questo ha creato l’illusione ottica che le persone, soprattutto i giovani, sono “apatiche” e indifferenti alla politica. Ma questa supposta indifferenza si è prodotta solo in relazione ai partiti esistenti, non alla politica di per sé.
C’è voluta una grave crisi economica per portare questo stato d’animo di rabbia alla superficie. Ma la rabbia era già lì sotto la superficie. I commentatori superficiali borghesi non lo hanno visto perché si limitano a un’osservazione superficiale. Vedono solo la superficie, ma sono ciechi alle contraddizioni e ai processi che sono in atto sotto di essa.
Nel giro di una notte, questa supposta indifferenza è mutata nel suo opposto. È sorto un nuovo tipo di politica: la politica della strada. Ciò è visto con orrore dalle signore e dai signori seduti nelle Cortes, che si considerano i supremi rappresentanti della nazione, anzi gli unici. Ma la vera nazione non è nelle Cortes. È la classe operaia e la gioventù della Spagna.
Un conflitto generazionale?
Le proteste si sono diffuse in oltre 150 paesi e città. È un grido di cambiamento, il diffondersi dello sdegno delle persone che ritengono che nessuno li rappresenta e nessuno li ascolta. La folla che si è accampata a Madrid e in tutta la Spagna non sta manifestando contro questo governo, ma contro il sistema e tutta la classe politica che lo sostiene.
I giovani rivoluzionari vogliono mantenere l’ordine a Puerta del Sol, per evitare le accuse di “anarchia” e di “teppismo”. Vi è un asilo nido, una zona cucina e persino, pare, un orto. Gli organizzatori della protesta hanno chiesto ai partecipanti di non confrontarsi con la polizia, e hanno cercato di scoraggiare la distribuzione di alcol: “è una rivoluzione, non una bevuta”, si legge in un cartello. Scope donate da sostenitori vengono utilizzate per mantenere pulita la piazza. Ma una scopa molto più grande sarà necessaria per pulire le stalle di Augia del regime politico borghese.
Il movimento in Spagna è iniziato con i giovani. Naturalmente! È la gioventù che porta sulle sue spalle il peso maggiore della crisi del capitalismo. Si tratta di giovani il cui futuro viene portato via da un sistema decrepito e paralitico. È la gioventù che non ha niente da perdere e un mondo da guadagnare combattendo. Ed è questa gioventù che si prepara a combattere.
Ma questo è molto più che un movimento dei giovani. Questo non è, come alcuni cinici hanno cercato di rappresentarlo, un “conflitto generazionale”. Non è una lotta dei giovani contro i vecchi. Si tratta di un riflesso di uno stato d’animo generale di malcontento nella società, sentita da grandi e più giovani. Sono frustrati dalla disoccupazione di massa, arrabbiati con i mercati finanziari che controllano la politica del governo e indignati per la corruzione su vasta scala:
“Sono contenta che finalmente protestano. Era ora”, dice Maria, una donna anziana in visita al nipote in Puerta del Sol, alla BBC, “vogliono toglierci la sanità pubblica e l’istruzione pubblica”, dice un altro, “la metà dei nostri giovani è disoccupato e hanno innalzato l’età pensionabile”, aggiunge un altro ancora. E tutti dicono: “Dobbiamo pagare per una crisi economica che non abbiamo causato, ma che è stata provocata dalle banche”.
“La Spagna non è un’impresa. Noi non siamo schiavi”, si legge una delle centinaia di manifesti di protesta incollati ai muri della metropolitana di Puerta del Sol. Questa è la vera voce del popolo spagnolo. Questo movimento contiene in sé tutto ciò che è vivo, tutto ciò che è sano, tutto ciò che rappresenta la speranza per il futuro. Si tratta di una lotta delle forze vive della società contro le forze morte e in decomposizione del vecchio ordine. È l’emergere di un nuovo mondo che sta lottando per nascere.
La rivolta si diffonde
Il movimento non è limitato alla Spagna. Il Guardian sottolinea che “una ribellione guidata dai giovani si sta diffondendo in tutta l’Europa meridionale con una nuova generazione di contestatori che si appropria di piazze e parchi nelle città in giro per la Spagna, accomunati da un rifiuto della politica dominante e dalla rabbia contro i tagli alla spesa.”
Molti giovani sono stati costretti a lasciare la Spagna proprio a causa di questa situazione economica. E vogliono protestare anche loro. Ci sono state dimostrazioni davanti all’ambasciata spagnola a Londra e in altre città europee. L’esempio spagnolo è stato seguito in Italia, dove proteste sono previste anche a Firenze e in altre città italiane, tra cui Roma e Milano.
L’Italia finora non è stata costretta alle misure di austerità imposte a Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda. Ma la sua economia è ferma da 10 anni e vi sono prove crescenti di esasperazione verso il suo primo ministro miliardario, Silvio Berlusconi.
Il fermento non è limitato ai paesi dell’Europa meridionale. Negli ultimi giorni i segnali di malcontento popolare e di rabbia emergono in un paese dopo l’altro. In Georgia migliaia di sostenitori dell’opposizione si sono riversati nelle strade di Tbilisi per chiedere le dimissioni del presidente Mikhail Saakashvili. I manifestanti si sono riuniti all’esterno del Parlamento, prima di marciare verso il palazzo presidenziale, dove hanno in programma di tenere una presidio permanente.
I corrispondenti dicono che l’affluenza è in calo e l’opposizione sembra sempre più dubbiosa su come continuare la campagna. Dopo una breve pausa la domenica, oltre 20.000 sostenitori dell’opposizione sono tornati sotto il palazzo del parlamento georgiano per il quinto giorno, cantando “Misha, vattene!”. Hanno di nuovo bloccato la strada principale della capitale, applaudito i principali leader dell’opposizione e marciato sul palazzo presidenziale.
Il movimento si è diffuso verso la Repubblica Ceca, dove i sindacati hanno organizzato una grande manifestazione in piazza Venceslao a Praga. Secondo gli organizzatori e la polizia c’erano più di 40.000 persone per protestare contro i piani di riforma del governo. I manifestanti protestavano contro le spaventose riforme del governo nei settori dell’assistenza sanitaria, fiscale, previdenziale e del sistema pensionistico che ha colpito i lavoratori cechi, i pensionati e i disabili.
Nell’Iraq occupato, il 20 maggio si è avuto un altro ciclo di proteste nella piazza Tahrir di Baghdad. La gente chiede lavoro e servizi, e ora stanno concentrando la loro rabbia sul governo di Nouri al-Maliki. È stato visto un manifesto con scritto “titolo dell’opera: Governo corrotto” Un altro chiedeva la fine degli arresti arbitrari da parte delle forze di sicurezza. Proteste ancora più grandi sono previste nel mese di giugno.
Ultimo evento ma non meno importante, due settimane fa, migliaia di insegnanti, operatori sociali, sindacalisti e altri attivisti sono scese per le strade di New York in marcia contro i piani del sindaco Michael Bloomberg di profondi tagli di bilancio e contro i banchieri di Wall Street che hanno causato il deficit di bilancio della città.
Gli attivisti hanno riferito che la polizia di New York ha arrestato molti manifestanti, ma la dimostrazione è rimasta allegra, con cartelli colorati e canti rabbiosi. La manifestazione, convocata dalla coalizione del 12 maggio, ha raccolto almeno 10.000 manifestanti. Migliaia provenivano dalla Federazione Unita degli Insegnanti (UFT), che fronteggia più di 4.000 i tagli degli insegnanti se passerà il budget di Bloomberg. Michael Mulgrew, Presidente dell’UFT ha attribuito la colpa dei tagli a Bloomberg e a Wall Street: “Wall Street si è ripresa, gli hedge fund risalgono, e ora vogliono licenziare gli insegnanti e chiudere gli ambulatori pubblici”, ha detto Mulgrew. “stiamo marciando dove hanno spedito i nostri soldi”, ha spiegato parlando della manifestazione.
Gli organizzatori hanno sostenuto che la città poteva evitare tagli di bilancio con il ripristino della “tassa sul milionario” e l’abolizione delle sovvenzioni per le grandi imprese che non hanno nemmeno creato occupazione. Si è trattata di una manifestazione non solo contro il piano di bilancio di Bloomberg ma anche per “far pagare le banche”.
Questa manifestazione segue le mobilitazioni combattive dei lavoratori del Wisconsin, direttamente ispirato dalla rivoluzione egiziana. Randi Weingarten, presidente della organizzazione madre della UFT, la Federazione Americana degli Insegnanti, ha viaggiato in lungo e in largo per il paese in questi ultimi mesi lottando contro i tagli degli insegnanti nei singoli stati. “Non mi sarei mai aspettata di tornare a casa e vedere New York comportarsi come il Wisconsin”, ha detto alla folla.
Ignorati i divieti
Almeno 30.000 persone si sono ritrovate in piazza Puerta del Sol, nel cuore di Madrid, nella notte di venerdì. È stata la loro risposta al tentativo del governo di vietare le manifestazioni, utilizzando una legge contro gli “eventi politici” alla vigilia delle elezioni. La legge vietava manifestazioni dalla mezzanotte di venerdì, ma i dimostranti sono rimasti lo stesso e le autorità non hanno potuto fare niente. La legge spagnola vieta manifestazioni politiche il giorno prima delle elezioni, per consentire un “giorno di riflessione”. Ma il popolo spagnolo sta riflettendo come mai prima sullo stato della società. Non solo riflettono, ma agiscono per cambiare una situazione intollerabile.
Quando è entrato in vigore il divieto, la folla è rimasta ferma e polizia non ha cercato di disperderla. La commissione elettorale aveva ordinato di lasciare la piazza in vista delle elezioni locali di domenica. Ma anche se la normativa è stata recepita dai giudici supremi e costituzionali, la polizia non era in grado di reprimere le manifestazioni. Gli agenti sono rimasti in disparte, semplici osservatori degli eventi davanti ai loro occhi. I manifestanti, con le loro azioni hanno dimostrato che nessuna legge scritta sulla carta è in grado di resistere alla potenza delle masse, una volta che sono mobilitate per l’azione.
All’inizio della settimana, le autorità elettorali nella regione di Madrid hanno negato una richiesta ufficiale da parte degli organizzatori di tenere un comizio in Puerta del Sol dalle 8 di sera di mercoledì. L’autorità elettorale ha respinto la richiesta nascondendosi dietro la scusa che non è stata presentata con un preavviso di 24 ore come richiesto dalla legge e sostenendo la tesi che la manifestazione “avrebbe potuto influenzare la campagna elettorale e la libertà dei cittadini con diritto di voto”. Il fatto che questa decisione nega il diritto dei cittadini a manifestare è stato convenientemente ignorato.
Sembrava che il governo avrebbe ordinato alla polizia di disperdere la folla nelle piazze delle città di tutto il paese, dopo aver fissato un termine per la fine delle manifestazioni alla mezzanotte di venerdì. Ma all’avvicinarsi della scadenza, il Vice Presidente Alfredo Perez Rubalcaba mostrava la crescente indecisione su come il governo avrebbe dovuto affrontare i manifestanti. Inizialmente diceva che il governo “avrebbe fatto rispettare la legge”, poi ha attenuato questa posizione, dicendo: “la polizia non risolverà un problema creandone un altro”.
Qual era l’altro problema che Rubalcaba esitava a creare? Il timore che qualsiasi tentativo di disperdere i manifestanti con la forza avrebbe potuto provocare una esplosione sociale. Allo scoccare della mezzanotte, gli agenti mantenevano una presenza discreta ai bordi della folla a Madrid. Circa 15 veicoli della polizia hanno preso posizione dentro e intorno alla piazza il mercoledì sera, ma la polizia non ha agito e la presenza della polizia è poi diminuita. I dimostranti si sono mantenuti in silenzio mentre gli orologi della città suonavano l’inizio di un nuovo giorno, molti avevano del nastro adesivo sulla bocca come gesto per dire al mondo che avevano cose da dire ma erano imbavagliati dallo Stato.
Una svolta a destra?
Le elezioni hanno determinato una debacle completa per il PSOE. Il voto socialista ha subito un netto calo nelle sue zone tradizionali: Andalusia, dove ha perso in tutte le grandi città e in Catalogna, dove il PSC (Partito Socialista della Catalogna) ha perso a Barcellona, dove governava dal 1979. Il PSOE ha perso anche la Castilla-La Mancha, che governava dal 1983. Potrebbe perdere anche le Asturie se il partito Foro Asturias (FAC) raggiungesse un patto con il PP.
I pessimisti dicono che i risultati delle elezioni spagnole indicano una “svolta a destra”. Si lamentano per il “basso livello di coscienza delle masse”. Queste persone sono sempre pronte a incolpare la classe operaia della loro impotenza. Capiscono meno di niente i processi reali che operano nella società.
La verità è che i risultati elettorali erano del tutto prevedibili. Le politiche riformiste non possono superare la crisi del capitalismo. La borghesia schiocca la frusta, e i socialdemocratici immediatamente saltano sull’attenti. Nella fretta di salvare il sistema, si dimenticano tutte le riforme e passano alle contro-riforme.
Il riformismo con le riforme ha senso per i lavoratori. Ma il riformismo senza riforme, il riformismo con contro-riforme, tagli e austerità, non ha alcun senso per loro. Ciò provoca delusione e disillusione tra i lavoratori, che puniscono il governo rifiutando di votarlo e ha il vantaggio aggiuntivo di screditare l’idea di “socialismo” agli occhi della classe media.
Abbiamo più volte sottolineato che la situazione attuale sarà caratterizzato da violente oscillazioni dell’opinione pubblica, a sinistra e a destra. Quando i socialdemocratici sono al potere, l’opposizione di destra accusa i “socialisti” per la caduta del tenore di vita, l’aumento dei prezzi e delle tasse e la disoccupazione. La destra sostiene demagogicamente: “vedete che cosa hanno prodotto i rossi? Hanno messo il paese in ginocchio”
I lavoratori in Spagna hanno espresso un voto schiacciante di sfiducia su un governo che ha abbracciato la linea dei banchieri e dei capitalisti. Tuttavia, questo non può essere descritta come una vittoria della destra. Anche se il PP ha ottenuto una vittoria nelle elezioni regionali e comunali di ieri, i suoi voti sono circa gli stessi, solo due punti in più rispetto al 2007. Queste elezioni non sono state vinte dal PP, ma perse dal PSOE, i cui consensi sono crollati di e mezzo di voti.
La destra può utilizzare il malcontento della classe media per suscitare stati d’animo reazionari in materia di immigrazione, terrorismo e altre questioni. Questo spiega il maggiore numero di voti per il PP. La sorpresa non è che il voto al PP sia salito. L’unica sorpresa è che sia cresciuto di così poco. Nella capitale Madrid, dove il PP è al potere da anni, il suo voto in realtà è diminuito.
Il risultato è stato deciso da milioni di persone che non hanno votato o hanno votato scheda bianca: i lavoratori e i giovani che si sentono traditi dal governo Zapatero e sono rimasti a casa, o in Puerta del Sol. Gli “indignados e indecisos” riflettono uno stato d’animo generale di disgusto per i partiti e le istituzioni esistenti. In Euskadi, Bildu, il fronte elettorale della sinistra radicale basca, ha ottenuto un risultato molto positivo e relegato il PSOE al secondo posto, ottenendo il primo posto nella provincia di Guipúzcoa, e anche ottenendo un risultato notevole a Navarra. Gli “abertzales” sono visti da molti come un alternativa più radicale e di sinistra alle politiche riformiste del PSOE.
Quale strada per la sinistra?
Lo stesso fenomeno si sta verificando in tutta l’Unione Europea. Dall’inizio della crisi, tutti i governi in carica sono stati puniti alle urne, ma la sinistra non ha guadagnato nella stessa proporzione. Dobbiamo chiederci perché. Perché i partiti comunisti, che in passato sono stati i beneficiari naturali di un crollo del voto socialdemocratico, non hanno guadagnato?
Va a merito del leader di IU Cayo Lara, di aver aderito alle manifestazioni e averle sostenute. Ed è vero che IU ha preso 200.000 voti in più. Questo dimostra che esiste un potenziale di aumento del voto a sinistra. Ma la domanda che si deve porre è perché la sinistra non ha guadagnato ancora più voti?
In queste elezioni il PSOE ha visto i suoi voti affondare al livello del 1979. A quel tempo il Partito comunista spagnolo (PCE) poneva ancora in discussione l’egemonia della sinistra da parte del PSOE e rappresentava un’ampia parte dell’elettorato. Ma dopo decenni di politica opportunista, il PCE ha perso il suo seguito di massa. La coalizione elettorale di cui fa parte, IU (Sinistra Unita) è stata solo in grado di registrare un lieve aumento - un solo punto - nonostante la debacle socialista, e ha perso il suo bastione a Cordoba.
In una situazione in cui schede bianche e nulle erano quasi un milione, perché i candidati di IU non sono riusciti ad attirare questi voti? I leader del partito comunista hanno cercato di essere “rispettabili”. Non parlavano di socialismo, lotta di classe e rivoluzione. In molti casi essi hanno abbandonato il nome stesso di comunismo. Hanno fatto del loro meglio per imitare i socialdemocratici ed essere il più possibile simile a loro.
Sono così intrappolati dalla “politica istituzionale” che nella mente di molti lavoratori e giovani sono quasi indistinguibili dagli altri. Lo vediamo molto chiaramente in quelle aree dove IU è stata partner di minoranza in coalizione con il PSOE. In queste zone è stata duramente punita dagli elettori.
Questa è la punizione per decenni di opportunismo e di riformismo. I lavoratori e i giovani avrebbero compreso la posizione di un piccolo partito comunista che affrontava le elezioni sviluppando una chiara politica comunista. Ma gli operai sono persone concrete. Se ci sono due partiti “di sinistra”, uno più grande, l’altro più piccolo, e non vi è alcuna differenza fondamentale nel loro programma e nelle politiche, voteranno per il più grande (il “voto utile”), e il più piccolo tenderà a scomparire.
Lo abbiamo visto accadere in un paese dopo l’altro: in Italia, Francia, Spagna. Si tratta di una ironia della storia che proprio in un momento in cui il capitalismo è in profonda crisi, quando la socialdemocrazia perde appoggio, per le sue politiche filo-capitaliste, quando un gran numero di giovani va in piazza a combattere il capitalismo, i partiti comunisti non sono visti come un’alternativa rivoluzionaria, ma solo come la quinta ruota del carro del riformismo.
Dobbiamo dire la verità. La sinistra ha dimostrato di essere completamente impreparata a questi eventi. Anche molti leader sono stati infettati da un clima di scetticismo. Hanno perso ogni fiducia nella capacità della gente comune, della classe operaia di cambiare la società. Hanno abbandonato ogni prospettiva del socialismo, si sono riconciliati con la politica di piccolo “cambiamento graduale”, “realismo” e “pragmatismo”. Vale a dire, si sono riconciliati con il mantenimento dell’ordine esistente.
Anche molti militanti della cosiddetta “avanguardia” si sono convinti che la rivoluzione socialista è impossibile. Cercano di convincere i giovani che il comunismo è una impossibile utopia, che dobbiamo essere prudenti, non andare troppo lontano, e così via. Immaginano di sapere più cose dei giovani perché hanno perso il vecchio spirito. Come possono queste persone ispirare fiducia ed entusiasmo nei giovani che cercano una via d’uscita rivoluzionaria?
L’unico modo per dare una via d’uscita ai nuovi strati militanti che stanno cercando la strada rivoluzionaria è quella di presentare loro una prospettiva reale per la rivoluzione sociale. È necessario tornare alle idee del comunismo genuino, le idee di Marx e di Lenin. Su tale base, e solo su essa, i comunisti possono trovare un terreno comune e un linguaggio comune con le nuove generazioni che sono disposte a combattere il capitalismo, ma hanno bisogno di un programma, di una politica e di una strategia chiari.
E adesso?
I risultati delle elezioni spagnole saranno uno shock per molte persone, anche tra quelli a Puerta del Sol. Il movimento di ribellione nelle piazze si affievolirà quasi certamente per un po’. Quello che gli organizzatori ritengono essere il suo punto di forza - il suo carattere spontaneo - è anche il suo punto più debole. Per andare più lontano ha bisogno di essere organizzato e armato con un programma rivoluzionario e un punto di vista scientifico. Soprattutto deve essere saldamente collegato al movimento operaio, l’unica forza che può portare un cambiamento fondamentale nella società.
Le elezioni hanno indicato un rifiuto massiccio delle politiche economiche attuate dal governo socialista. José Luis Rodríguez Zapatero ha spiegato che ha “pagato un prezzo molto alto” per queste politiche. Ma un prezzo molto più alto è stato pagato da milioni di spagnoli che si trovano senza un lavoro. Ieri sera ha escluso le elezioni anticipate e ha parlato del “lavoro per rafforzare la ripresa”. Ossia continuare con la stessa politica. È una ricetta certa per la sconfitta alle elezioni politiche del 2012. Il titolo di Publico di oggi è: “il PSOE crolla a causa della sua svolta a destra.” E il sottotitolo di El Pais: “Il PSOE spiana la strada a Rajoy per la Moncloa con una sconfitta senza precedenti”. Questa valutazione è corretta. Sembra probabile che il PP formerà il prossimo governo. Ma lo farà in condizioni di profonda crisi sociale ed economica.
Le prospettive per l’intera Europa sono incerte, e dopo la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo, la Spagna è il prossimo anello debole nella catena. Il Fondo monetario internazionale ha avvertito che la crisi del debito della zona dell’euro potrebbe diffondersi in tutta la regione a meno che i paesi europei non intensifichino gli sforzi per “stabilizzare le loro banche”. Nelle sue ultime previsioni economiche per l’Europa, il FMI ha detto che la crisi del debito in Grecia, Portogallo e Irlanda potrebbe interferire con tutta la zona euro, riducendo il credito e affossando la fiducia, nonostante i “pacchetti di salvataggio” già in atto: “i legami finanziari tra i paesi con problemi di debito pubblico e il resto d’Europa potrebbero comportare maggiori rischi per la crescita futura”, ha dichiarato il FMI giovedi. “Sono fondamentali politiche per ripristinare la buona salute delle finanze pubbliche, mettere a posto le banche deboli, attuare riforme strutturali per ripristinare la competitività”.
Questo significa in parole semplici: si devono versare più di miliardi nelle banche e nella finanza tagliando “gli sprechi della spesa pubblica “, cose come gli ospedali, le scuole e le pensioni. Il PSOE ha cercato di evitarlo, ma alla fine è stato costretto a condurre le politiche del grande capitale. Ma un governo PP svolgerà queste politiche con entusiasmo fin dal primo momento.
Si vedrà presto esposta la sua demagogia con il peggioramento della crisi economica in Spagna. La classe media scoprirà presto che si sta anche peggio con il PP che con i socialisti. La mobilitazione dei giovani si intensificherà. E i lavoratori che erano riluttanti a scontrarsi con il governo del PSOE non avranno scrupoli di coscienza a combattere il PP.
I rappresentanti più lungimiranti del capitale guardano al futuro con preoccupazione. In Spagna la classe dirigente sta spingendo Zapatero a rimanere al potere. Si rendono conto che un governo PP porterà a uno scontro aperto tra le classi che molti vorrebbero rinviare, mentre spremono Zapatero come un limone. Tuttavia, i leader PP sono avidi di potere e premono per elezioni anticipate. Cinco Dias, il quotidiano economico spagnolo ha messo in guardia il PP affinchè non approfitti della vittoria alle elezioni locali per svelare la situazione economica disastrosa delle amministrazioni locali, per timore di causare il panico sui mercati finanziari.
La prospettiva è di una intensificazione della lotta di classe. Hans Jörg Sinn, uno dei principali analisti economici borghesi in Germania, parla di una possibile guerra civile in Grecia. Lo stesso può succedere in Spagna e in altri paesi dell’Europa meridionale. Attraverso l’amara esperienza, gli operai riscopriranno le tradizioni rivoluzionarie del passato. Il movimento nelle piazze della Spagna, in queste settimane è solo una prova generale per eventi ancora più drammatici che trasformeranno l’intera situazione.
Londra, 23 maggio
Translation: FalceMartello (Italy)