Brasile – Dopo l’impeachment, quali prospettive?

Con 61 voti a favore e 20 contro, è stato approvato da un Senato federale marcio l’impeachment di Dilma, e di conseguenza, il suo allontanamento definitivo dall’incarico. É il capitolo finale di questo processo iniziato a dicembre 2015, dall’ex-presidente della Camera dei Deputati, Eduardo Cunha.

Esquerda Marxista (la sezione brasiliana della Tendenza marxista internazionale) spiegò in quell’occasione come la borghesia nazionale, all’inizio contraria all’allontanamento di Dilma, aveva poi progressivamente aderito all’impeachment, ostaggio della pressione dei suoi rappresentanti all’interno del parlamento. Sottolineammo come la votazione nel Congresso Nazionale aveva svelato il marciume dei politici borghesi. Dimostrammo che la borghesia imperialista non è mai stata d’accordo con questa avventura. Ci posizionammo contro l’impeachment orchestrato dalla destra, ma senza difendere l’indifendibile governo Dilma, dato che era un governo che attaccava la classe lavoratrice(vedi la risoluzione política del 5º Congresso dell’Esquerda Marxista del 24 aprile 2016).

Ma la verità é che Lula, Dilma e il PT “hanno gettato la spugna” dopo l’approvazione dell’apertura del processo di impeachment da parte del Congresso in aprile. Dopo un primo maggio di spettacoli e feste, nel giorno 10 di giugno, in una manifestazione Fora Temer Lula ha detto che non poteva fare appello a uno sciopero generale perché non era “dentro la fabbrica e perché un pensionato non fa sciopero” e che allo stesso tempo non poteva dire “Fora Temer”, perché “non sarebbe visto bene”. Un vero e proprio secchio d’acqua gelata gettato sui manifestanti.

Completa il quadro la lettera di Dilma della settimana passata battezzata come “Messaggio al Senato e al popolo brasiliano”, un tentativo di convincere i senatori a non votare per l’impeachment proponendo un patto. Dice la lettera: “Sono convinta della necessità e darei il mio appoggio illimitato, alla convocazione di un plebiscito, con l’obiettivo di consultare il popolo riguardo la convocazione di elezioni anticipate”, suggerisce quindi un “patto nazionale basato sulle elezioni libere e dirette” con lo scopo di rafforzare “i valori dello stato democratico di diritto”.

La sottomissione di Lula, Dilma e della direzione del PT al sistema é completa. Hanno più paura delle masse nelle strade, che degli attacchi della destra. Nelle elezioni municipali prosegue la politica di collaborazione di classe dalla quale ha avuto origine tutto il disastro, basta vedere le alleanze con il PMDB e perfino con il PSDB e DEM in centinaia di comuni in tutto il Brasile.

Si approfondisce la crisi

La crisi politica che attraversa il paese e che minaccia lo stesso ordinamento nato dalla Costituzione del 1988 ha come base l’approfondimento della crisi economica.

Il governo Temer prova a fornire una prospettiva economica ottimistica . Nel frattempo, la realtà risulta evidente con l’invio della legge finanziaria al Congresso, che prevede un deficit primario di 139  miliardi di Real per il 2017.

Lo stesso Ministro della Pianificazione, Dyogo Oliveria, prevede che il debito pubblico possa superare il 70% del PIB (Prodotto interno lordo) già quest’anno. Da qui l’urgenza di misure di correzione per coprire il deficit, garantire il pagamento del debito fraudolento e riguadagnare la fiducia del mercato.

Già il 2016 potrebbe chiudersi con una diminuzione del PIL del -3,2%(Boletim Focus 22/08). Quello che resta, nella realtà, é una promessa per il 2017, con la previsione del governo di crescita dell’1,6%. La produzione industriale, al di là di essere cresciuta dell’1,1% a giugno rispetto a maggio, se la paragoniamo con la produzione di giugno 2015, è diminuita del 6%. E negli ultimi 12 mesi, la diminuzione è stata dell’ 9,8%. I lavoratori sentono direttamente la crescita della disoccupazione che ha raggiunto l’11,3% nel secondo trimestre. Ci sono più di 12 milioni di disoccupati!

E il governo Temer?

Concluso il capitolo dell’impeachment, il debole governo Temer non avrà più nessuna scusa della sua natura provvisoria per la sua mancanza di azione, dovrà accelerare la sua missione, ovvero, adottare dei provvedimenti per abbassare il costo della forza lavoro.

Nel frattempo, i primi mesi di vita di questo governo mostrano che non sarà un compito facile. Ci sono state infatti manifestazioni, il governo gode solo di un 13%  di appoggio popolare ed è stato già costretto a fare marcia indietro già molte volte.

L’ultima con il ritiro, nell’accordo di rinegoziazione del debito degli Stati con l ’Unione (il Brasile è una stato federale, ndt), riguardo al punto che impediva ai governi degli stati di concedere adeguamenti salariali ai dipendenti pubblici e realizzare concorsi per 2 anni.

Sebbene il progetto complessivo che è passato rappresenta un attacco, il ritiro di un punto prima considerando “non negoziabile” mostra che il governo è stato obbligato a negoziare a causa della resistenza operata dalla sua instabile base parlamentare.
La borghesia non ha fiducia nel nuovo governo e fa pressioni nei suoi confronti. Nell’editoriale dell’11 di agosto, il giornale Estadão afferma: “Il Brasile che lavora e paga le imposte ha riposto in Temer e nella sua squadra economica competente la ferma speranza che l’irresponsabilità di Dilma Rousseff sia rapidamente superata, con delle misure che però ora appaiono contradditorie- da una parte si promette la rigidità necessaria per superare la crisi, dall’altra si fanno concessioni che sembrano una sottomissione a interessi locali e corporativi”.

A peggiorare lo scenario, in relazione all’inchiesta Lava Jato, Temer appare come aver avuto un ruolo chiave della “donazione” del colosso dell’edilizia Odebrecht al PMDB del valore di 10 milioni di Real.

Il ministro degli Esteri, José Serra, appare come il beneficiario di 23 milioni di Real ricevuti dalla stessa impresa edile durante la campagna presidenziale del 2010, mentre il capo di Gabinetto, Eliseu Padilha, avrebbe ricevuto 4 milioni di Real.

Le indagini iniziano a influenzare la magistratura e provocano divisioni al suo interno. É stato quello che si è visto dopo la fuga di notizie rispetto alla dichiarazione dell’ex-presidente dell’ OAS (un’altra grande azienda edile, ndt)che ha coinvolto il Ministro Dias Tofoli, da parte della Corte suprema.

Dopo il caso, Gilmar Mendes, anch’egli della Corte suprema, e abbastanza prossimo al PSDB (Partido da Social Democracia Brasileira, uno dei principali partiti borghesi, ndt), ha fatto una dichiarazione contro la Procura Generale della Repubblica. Afferma Mendes:

“Ci stiamo già avvicinando al pericoloso terreno dei deliri totalitari. MI sembrano posseduti [i pubblici ministeri dello Lava Jato] da un tipo di teoria assolutista della lotta al crimine a qualsiasi costo”.

L’insieme dei fatti conferma le nostre analisi degli obiettivi politici dello Lava Jato, il quale, oltre a cercare di demoralizzare l’intera sinistra e a rafforzare il ruolo bonapartista della magistratura negli attacchi alla classe lavoratrice e ai movimenti sociali, mira anche a far passare l’immagine di una  “repulisti generale” delle istituzioni e a promuovere un rinnovamento del quadro dei rappresentanti della borghesia, cercando così di salvare il sistema nel suo complesso dalla rabbia popolare.

Gli attacchi che si preparano

Sotto la pressione dei suoi padroni, il governo Temer deve ora passare all’offensiva. Nel suo discorso in occasione della riunione del Consiglio dei Ministri dopo l’impeachment, Temer ha chiesto piena fedeltà alla “base del governo”, criticando il voto del Presidente del Senato, Renan Calheiros, e di 16 altri senatori che appoggiano il governo, che hanno preso posizione contro la perdita di valore dei diritti politici di Dilma. E nel discorso alla nazione ha detto: “Per garantire il pagamento delle pensioni, dobbiamo riformare la previdenza sociale. Senza una riforma, in pochi anni il governo non saprà come pagare i pensionati”. E riguardo i diritti del lavoro :” Dobbiamo modernizzare la legislazione del lavoro, per garantire gli attuali posti di lavoro e generarne di nuovi”, sono state le sue parole.
Quello che Temer sta annunciando è un aumento degli attacchi. La riforma della previdenza, la riforma del lavoro e inoltre la riforma del fisco che dovrà essere applicata nel prossimo periodo, sono in verità controriforme per rendere flessibili i diritti del lavoro, aumentare l’ età pensionabile e scaricare sulle spalle dei lavoratori l’ aumento delle tasse.

Una ricetta che viene completata dai tagli ai servizi sociali, come la salute, l’ istruzione, la casa, etc., così come l’imposizione di un tetto per la spesa pubblica, presente nella legge PEC 241. Per non parlare delle privatizzazioni, che subiranno un’ accelerazione nel secondo semestre.

Per condurre questa guerra contro il proletariato la borghesia dovrà affrontare la resistenza delle masse e, per questo, inasprire la repressione e la criminalizzazione dei movimenti sociali. Per realizzare ciò utilizzerà gli strumenti giuridici a sua disposizione, como la Legge Antiterrorismo, vergognosamente proposta e approvata dal governo Dilma.

L’altro lato della moneta

Ma tutto questo tentativo di togliere diritti, criminalizzare e reprimere le lotte ha un suo limite. La classe lavoratrice non è sconfitta e non si sente tale. Gli scioperi e le manifestazioni delle varie categorie per rivendicazioni economiche o contro i licenziamenti continuano a succedersi. La minaccia di licenziamenti nella Mercedes dell’ABC (la cintura industriale di San Paolo, ndt), ad esempio, ha scatenato cinque giorni di sciopero che hanno costretto l’impresa a fare un passo indietro. Il fortissimo sciopero dei dipendenti comunali di Florianópolis che ha obbligato il prefetto a ritirare il progetto d’attacco alla previdenza é un altro esempio.

La difficoltà di unificare queste lotte, i limiti che impediscono alle manifestazioni di “Fora Temer” di attirare le masse, sono responsabilità diretta delle direzioni degli apparati e della politica traditrice di questi ultimi.

La direzione della CUT (la principale confederazione sindacale, ndt) ha perso la sua capacità di mobilitare difendendo Dilma e Lula. Parlano di preparare uno sciopero generale senza riuscire a costruirlo a livello di base.

La verità è che la classe lavoratrice non è disposta a fermarsi e andare in piazza per difendere il ritorno di chi li ha traditi. Anche se i lavoratori non appoggiano il governo Temer, manca al movimento operaio e alle masse una prospettiva politica per sbloccare la situazione.

Ma il Brasile è in linea con la situazione politica mondiale, d’instabilità e d’imprevedibilità. Il giugno del 2013, gli scioperi di massa del 2014 e il 2015, le occupazioni delle scuole, e anche le manifestazioni di massa contro l’impeachment in aprile e maggio, così come le manifestazioni contro Temer dopo l’approvazione dell’impeachment, nonostante il crollo di credibilità delle direzioni CUT, PT e MST (Movimento sem terra), dimostrano che esiste molta disponibilità alla lotta

Nelle elezioni e nelle mobilitazioni, la lotta continua

Tutta questa situazione influenzerà il processo elettorale in corso. Continua il fenomeno già visto nelle elezioni del 2012 e 2014, di aumento delle schede bianche, nulle e dell’astensione, frutto del fallimento politico del PT e del discredito generalizzato di cui godono le istituzioni e i politici borghesi.


Allo stesso tempo, il PSOL potrà ottenere dei buoni risultati in importanti centri politici del paese. I sondaggi lo vedono in prima posizione a Porto Alegre, Cuiabá, Belém e Sorocaba, in seconda posizione a Rio de Janeiro, in terza posizione in San Paolo. Questo è un segnale che dimostra la ricerca, da parte di ampi settori della popolazione, di alternative a sinistra.

Esquerda Marxista partecipa alle elezioni, in alleanza con il PSOL, con candidati contro il sistema, ed è nelle strade, nelle manifestazioni e nelle mobilitazioni dei giovani e dei lavoratori, presentando le sue analisi e le sue posizioni, riaffermando come prospettiva di lotta, come parole d’ordine centrali per l’attuale situazione:

Fuori Temer e il Congresso Nazionale!
Per un Assemblea Popolare Nazionale Constituente!
Per un governo dei lavoratori!

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