A partire dal tramonto del 12 settembre un nuovo importante cessate il fuoco è stato concordato in Siria. Ma cosa comporterà per la Siria, il Medio Oriente e le relazioni mondiali?
Venerdì 9 settembre, John Kerry e Sergei Lavrov, i ministri degli esteri di Stati Uniti e Russia, sono apparsi davanti alla stampa mondiale per annunciare la nuova tabella di marcia concordata per porre fine alla guerra civile siriana. Sebbene la maggior parte dei dettagli dell’accordo non siano stati rivelati, ciò che è stato annunciato è che inizierà con un cessate il fuoco tra il regime di Assad e l’opposizione appoggiata dall’occidente a partire da ieri al tramonto. Aprirà un periodo di sette giorni che permetterà di fare arrivare aiuti umanitari in Aleppo e in altre zone assediate. Tutti i gruppi belligeranti si ritireranno anche da Castello Road, una strada chiave di Aleppo. L’aviazione siriana fermerà le operazioni in tutte queste aree, che saranno d’ora in poi essere pattugliate da aerei russi e statunitensi.
Una settimana dopo il cessate il fuoco gli Stati Uniti e la Russia istituiranno un Centro operativo unificato per l’attuazione del coordinamento del loro intervento in Siria. I due paesi lanceranno quindi una campagna contro lo Stato islamico così come Jabhat Fatah Al-Sham (JFS) il nuovo nome assunto da Jabhat al-Nusra, il ramo siriano di Al-Qaeda.
Se il cessate il fuoco durerà oltre la sua prima settimana è ancora da vedere. Tutte le potenze della regione lo hanno accettato, ma questo non significa che le milizie locali da loro protette lo rispetteranno. Il gruppo salafita wahabita, Harakat Al-Ahrar Sham (AAS), che insieme a JFS, costituisce uno dei due gruppi più forti l’opposizione anti-Assad, ha già rifiutato di accettare l’accordo. La stragrande maggioranza dei cosiddetti gruppi di opposizione moderati che sono appoggiati dagli Stati Uniti sono piccoli gruppi incorporati all’interno di questi due gruppi più grandi. In realtà, è impossibile dire dove finiscono i gruppi che agiscono per procura degli Usa finiscono e dove cominciano quelli jihadisti. Sarebbe molto difficile separare questi gruppi, anche se qualcuno volesse farlo. Al tempo stesso Assad, che in precedenza ha accettato l’accordo, ha dichiarato la sua piena intenzione di riprendere il controllo di tutta la Siria, una chiara provocazione.
Tuttavia, il punto principale di questo accordo non è l’accordo in sé, che potrebbe durare o meno, ma i nuovi equilibri del potere in Medio Oriente e le relazioni mondiali che l’accordo riflette. “Gli Stati Uniti stanno facendo uno sforzo aggiuntivo”, ha detto John Kerry durante la conferenza stampa, “perché crediamo che la Russia e il mio collega abbiano la capacità di premere sul regime di Assad per fermare questo conflitto, sedersi al tavolo e arrivare alla pace.”
Il ruolo della Russia su scala mondiale sta diventando sempre più importante e la classe dominante degli Stati Uniti è costretta ad accettarlo. Domenica 11 settembre, il capo della CIA, John Brennan, ha detto in un’intervista alla CBC:
“Credo che la Russia sia una potenza mondiale, chiaramente. Ed è coinvolta in diverse parti del mondo con la potenza militare. Sono coinvolti nel Medio Oriente in questo momento, e ovviamente in Ucraina, Asia centrale.
“Così, la Russia è un avversario temibile in una serie di regioni. Allo stesso tempo, ci sono aree in cui abbiamo bisogno di lavorare con la Russia, in particolare in Siria. “
Sono parole significative provenienti da un alto funzionario della classe dominante degli Stati Uniti. Fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile per gli Stati Uniti, l’unica superpotenza, di presentare un piano di pace comune con la Russia, di definirla una potenza mondiale o di “fare uno sforzo aggiuntivo” a favore di quest’ultima. Al contrario, Barack Obama e l’establishment politico degli Stati Uniti puntavano tutte le loro armi contro la Russia, che ritraevano come una minaccia alla “democrazia occidentale”. Tuttavia, questo è esattamente quanto è successo.
Sergei Lavrov si è affrettato a ricordare alla stampa che la Russia aveva già fatto una proposta simile l’anno scorso quando il suo intervento in Siria aveva avuto inizio. Allora la proposta era stata categoricamente rifiutata.
John Kerry ha voluto anche sottolineare che scagliarsi contro il JFS “non era una concessione”. Si potrebbe credergli se non fosse per il fatto che la stragrande maggioranza dei gruppi controllati dagli Usa in Siria lavorano in stretta collaborazione con il JFS. Infatti, sin dall’inizio dei bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti alla Siria, il JFS è stato solo il bersaglio di una manciata delle migliaia di raid che gli Stati Uniti hanno compiuto. Questo nonostante il fatto che JSF – che, insieme al suo stretto partner AAS (Aḥrār al-Shām), controlla tutto il governatorato di Idlib e gran parte di Aleppo – non abbia alcuna differenza ideologica con lo Stato islamico. In realtà, è l’ISIS ad aver costruito il JFS prima di dividersi su questioni di potere e di prestigio personale.
Scagliarsi contro il JFS significherà anche colpire le minacce principali per il regime di Assad. Così, tutta la propaganda sulla necessità della rimozione di Assad è cessata, anche se a un certo punto riprenderà.
Ancora fino a poche settimane fa, le prospettive di un accordo sembravano fioche dato che gli Stati Uniti si rifiutavano di accettare i fatti accaduti sul terreno di battaglia. La reimposizione di un assedio ad Aleppo e l’incursione turca nel nord della Siria hanno minacciato di lasciare gli Stati Uniti con uno spazio di manovra molto limitato. Con questo accordo, essenzialmente la Russia tende la mano verso gli Stati Uniti cosicchè possano salvare la faccia, anche se Putin farà in modo di farlo notare in ogni occasione possibile.
Dall’inizio della guerra civile gli Stati Uniti sono passati in modo sconcertante da un fallimento all’altro. L’intervento iniziale alla CIA assieme a Turchia, Arabia Saudita e Giordania, che ha indirizzato miliardi di dollari verso l’opposizione islamista, ha spinto rapidamente verso una situazione fuori controllo che ha portato alla nascita dello Stato islamico. Segnati dagli effetti economici e politici delle guerre in Iraq e Afghanistan, gli Stati Uniti non potevano intervenire direttamente in Siria e hanno dovuto ritirare la maggior parte delle loro truppe dall’Iraq. Una nuova guerra condotta dagli americani porterebbe a una grave crisi politica ed economica, nonché innescherebbe un movimento di massa, che farebbe impallidire il movimento contro le guerre in Iraq e in Afghanistan.
La crisi dell’imperialismo degli Stati Uniti è la chiave del suo relativo declino, in quanto limita la propria capacità di intervenire. È invece costretto ad appoggiarsi a forze come Hezbollah e l’Iran per combattere l’ISIS. Questa è stata la base dell’accordo nucleare che gli Stati Uniti hanno raggiunto con l’Iran, accettando fondamentalmente l’ex membro del “Asse del Male”, come una grande potenza e un possibile partner in Medio Oriente.
L’accordo con l’Iran e la mancanza di qualsiasi interesse per portare a termine quello che avevano iniziato in Siria e in Iraq, a loro volta ha alienato gli alleati tradizionali degli Stati Uniti che avevano investito molto nella campagna contro Assad e che, cosa ancora più importante, erano in forte concorrenza con l’Iran . Ciò ha portato all’apertura di grandi divisioni nel blocco guidato dagli USA e persino all’interno dello stesso establishment degli Stati Uniti. Mentre il Pentagono e la Defense Intelligence Agency (DIA) hanno iniziato una campagna contro ISIS, la Turchia, l’Arabia Saudita e la CIA continuano l’appoggio ai gruppi jihadisti di tutti i tipi.
Il Pentagono invece ha gettato tutto il suo peso nell’appoggio al gruppo curdo delle YPG, che è l’esercito più grande e più efficiente in Siria in questo momento. Questo ha alienato il regime turco, che vede i curdi come una minaccia esistenziale per gli interessi del capitalismo turco e si sente minacciato da uno stato curdo che potrebbe estendersi oltre i suoi confini meridionali. Ma mentre le forze armate americane hanno voluto prendere di mira l’ISIS, la CIA, sostenuta da sauditi e turchi, era interessati solo alla lotta contro il regime di Assad. Queste contraddizioni hanno portato ad una guerra a bassa intensità tra i gruppi sostenuti da CIA e DIA che si è protratta negli ultimi 10 mesi.
Le relazioni tra Stati Uniti e Turchia, in particolare, sono al minimo storico. Mentre le forze delle YPG sostenute dagli Stati Uniti stavano avanzando attraverso il nord della Siria, i progetti neo-ottomani di Erdogan stavano crollando rapidamente. Aleppo era assediata, la YPG avanzava a ovest dell’Eufrate, la caduta di Assad sembrava improbabile,gli attacchi islamisti erano in aumento all’interno della Turchia e gli effetti economici dello scontro di Erdogan con la Russia dopo l’abbattimento del caccia russo lo scorso anno influivano pesantemente sull’economia. Il regime Erdogan era in crisi e in ritirata al punto in cui Erdogan ha dovuto scusarsi pubblicamente per Putin al fine di normalizzare le relazioni tra i due paesi.
Essendo un cinico dotato di sangue freddo, tuttavia, Putin ha offerto un ramo d’ulivo a Erdogan e ha riallacciato i rapporti tra i due paesi in un momento in cui i rapporti della Turchia con gli Stati Uniti era ai livelli più bassi.
Il tentato colpo di stato del 15 luglio a Turchia ha rappresentato una svolta decisiva. Anche se il golpe non è stato organizzato e promosso dagli Stati Uniti, era chiaro che gli ufficiali turchi maggiormente interni alle strutture della NATO sono stati coinvolti. La seguente epurazione delle Forze armate è stata anche una delle principali fonti di preoccupazione per la NATO, che è sempre stata più vicina all’esercito turco rispetto a tutti i suoi governi. Nel momento in cui Erdogan ha rafforzato la sua posizione interna e si è avvicinato alla Russia, si è seminata una vera e propria paura tra gli Stati Uniti e gli strateghi occidentali rispetto alla possibilità che la NATO potesse perdere il secondo più grande esercito dell’Alleanza e una risorsa geopolitica chiave.
É stato in questo contesto che la Turchia ha intrapreso la sua incursione in Siria, con il tacito appoggio dei russi. Erdogan ha richiesto a lungo una campagna da parte della NATO, ma l’Occidente si è opposto sulla base del fatto che una campagna del genere avrebbe trascinato la NATO in una guerra su scala generalizzata in Siria. Inoltre, si tratta di una mossa chiara contro le YPG che sono state le “truppe di terra” più affidabili per gli Stati Uniti. Il fatto che gli Stati Uniti hanno forze speciali integrate all’interno delle forze curde ha reso la mossa turca una provocazione ancora maggiore. Ma con il tacito appoggio della Russia – che avrebbero potuto facilmente fermare l’intervento – Erdogan ha presentato un fatto compiuto davanti al quale gli Stati uniti non hanno potuto fare nulla. Infatti, la retorica degli Stati uniti contro Erdogan si è improvvisamente ammorbidita, dato che stanno cercando di riportarlo all’ovile e allontanarlo dalla Russia.
L’incursione nella parte settentrionale di Aleppo da parte della Turchia sembra essere stata fatta per controbilanciare l’assedio delle forze lealiste ad Aleppo che continuava da due mesi. Questa è stata l’ultima goccia che ha convinto gli Stati Uniti ad accettare le condizioni della Russia. In realtà, è corretto affermare che Putin sta tendendo una mano e salvando Obama da un’umiliazione completa.
La Russia sta ora conducendo le danze in Siria. Naturalmente questo non significa che la Russia sia una potenza allo stesso livello degli Stati uniti. L’economia russa è in crisi e il governo ha appena annunciato tagli importanti alla spesa per la difesa. In realtà, la Russia non aveva le risorse per intervenire su vasta scala in Siria, infatti ha dovuto fare affidamento su truppe appoggiate dall’Iran sul terreno di battaglia. Tali forze sono stati in grado di evitare il crollo del regime, ma non sono efficaci in una situazione di offensiva. L’esercito siriano è in uno stato di completa decomposizione. Diserzioni, corruzione e uno stato maggiore molto debole producono un esercito altamente inefficiente contro jihadisti ben motivati e relativamente ben nutriti. Infatti, in diverse regioni l’esercito si è decomposto in bande locali guidati da signori della guerra al di fuori del controllo del regime di Assad.
Nel mese di luglio, le Tiger forces, una milizia privata molto incensata, è riuscita per diverse settimane a chiudere d’assedio Aleppo, prendendo possesso delle parti settentrionali della città. Pochi giorni dopo, però, il fronte meridionale facilmente difendibile dall’assedio è crollato sotto l’impatto di una settimana di offensiva dei ribelli. É stata necessaria la redislocazione delle Tiger forces e una massiccia campagna di bombardamenti un mese per ripristinare l’assedio.
Allo stesso tempo, l’offensiva dei ribelli, inattesa, sul fronte di Hama, relativamente dormiente, ha portato al crollo delle difese lealiste e all’arrivo dei ribelli a sei miglia della città chiave di Hama. La debolezza del regime di Assad è evidente per tutti, un fatto che indebolisce il suo esercito ancora di più.
Ma mentre i russi e gli iraniani non sono abbastanza forti da prendere possesso tutta la Siria la debolezza degli Stati Uniti significa che Russia e Iran possono usare la strategia del “divieto di accesso”, vale a dire mettere in campo ostacoli militari e politici enormi per rendere difficili eventuali manovre dei loro avversari – per agire al di sopra del loro peso economico e militare. I russi non hanno alcun interesse a risolvere la crisi, che indebolirebbe la loro influenza generale su altre parti in conflitto. Vogliono mantenere la regione concentrata sulla Siria al fine di utilizzare il loro peso e mettere i poteri e gruppi locali gli uni contro gli altri. Questa è stata la logica che ha portato Putin a permettere alla Turchia di tornare sulla scena guerra con l’invasione del nord di Aleppo.
Con la creazione di un conflitto di fatto congelato che coinvolge tutti i poteri del Medio Oriente – in cui egli è il mazziere – Putin si è trasformato in un pezzo grosso a livello regionale. Gli alleati tradizionali degli Stati Uniti d’altra parte – come abbiamo visto nel caso della Turchia – stanno utilizzando la presenza di una seconda potenza per fare pressione degli Stati Uniti affinché faccia maggiori concessioni. In modo simile, Israele e Russia hanno recentemente annunciato progetti per un vertice di pace israelo-palestinese – un altra chiara provocazione da parte di entrambi i governi nei confronti dell’amministrazione Obama.
La debolezza dell’imperialismo degli Stati Uniti ha aperto uno spazio che la Russia sta occupando. Con un investimento relativamente piccolo la Russia sta assumendo un ruolo chiave in Medio Oriente.