Da oltre due settimane 50mila lavoratori della General Motors sono in sciopero negli Stati Uniti. Questo articolo di John Peterson, della sezione statunitense della Tendenza marxista internazionale, spiega quale sia il retroscena di un simile aumento della conflittualità negli Usa.
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Il movimento operaio statunitense ha passato decenni difficili. Dopo aver raggiunto un massimo storico con il 34,8% di sindacalizzazione nel 1954, oggi soltanto il 10,5% dei lavoratori statunitensi sono iscritti a un sindacato, soltanto il 7,2% di coloro che lavorano nel settore privato. Con i mega profitti aziendali, l’accumulazione del capitale, gli indici di mercato e la disuguaglianza che stanno raggiungendo livelli sbalorditivi, molti attivisti e molti dirigenti miopi hanno alzato bandiera bianca e hanno concesso la vittoria ai capitalisti. Il meglio che si può fare, dal loro punto di vista, era arrendersi ed elemosinare qualche briciola dalla tavola dei padroni. Però “l’ora più buia è quella che precede l’alba”. La classe operaia statunitense non è fuori dai giochi, nemmeno per sogno, e ci prenderemo le briciole, la torta e tutto il tavolo.
Durante gli ultimi tre decenni c’è stato un declino significativo nel numero di scioperi annuale negli Stati Uniti, accompagnato da una diminuzione decisa di adesioni ai sindacati. Durante lo stesso periodo, la ricchezza dell’1% della popolazione è cresciuta di 21 mila miliardi di dollari, mentre il 50% più povero ha visto il suo patrimonio netto diminuire di 900 miliardi di dollari. L’1% più ricco del mondo dovrebbe arrivare a controllare una cifra pari 2 terzi della ricchezza mondiale entro il 2030, mentre si trastulla con migliaia di miliardi di dollari inutilizzati. Non possiamo andare avanti così.
Comprendendo il ruolo critico giocato dai sindacati nella lotta quotidiana tra il lavoro e capitale, i marxisti prevedono da tempo una rinascita del movimento operaio statunitense. Dopo aver toccato il fondo un paio di anni fa, c’era solo un’altra direzione in cui la classe operaia poteva andare: in alto.
L’attività di sciopero spesso aumenta una volta che l’economia si stabilizza, anche se soltanto moderatamente, poiché i lavoratori prendono fiducia, pensando che se lottano non perderanno il loro lavoro. Con profitti delle multinazionali giunti a livelli clamorosi, (2,3 mila miliardi di dollari di profitti soltanto l’anno passato), i lavoratori statunitensi vogliono ciò che gli spetta e hanno iniziato a scendere in campo.
Gli insegnanti statunitensi e la scuola della lotta
Gli insegnanti di Chicago hanno offerto un assaggio di cosa stesse arrivando già nel 2012. Ma ci vogliono anni di preparazione interna per far riuscire uno sciopero, e ciò include assicurarsi il sostegno dei settori più ampi della classe lavoratrice. Per molti anni i progressi non erano visibili nell’immediato. Poi, apparentemente dal nulla, il fuoco che covava sotto la superficie è esploso quando 35mila insegnanti e lavoratori della scuola nel West Virginia ha lanciato uno sciopero a gennaio 2018, contestando una proposta di aumento di un misero 1% del salario. L’iniziativa dei lavoratori ha chiuso tutte le scuole pubbliche dello stato per una settimana, finché il governo statale ha concordato di aumentare loro la paga del 5% e di bloccare temporaneamente l’aumento dell’assicurazione sanitaria.
L’effetto a catena provocato dagli scioperi degli insegnanti si è diffuso dalla West Virginia all’Oklahoma, Arizona, California e oltre, poiché le lotte e le vittorie hanno ispirato azioni simili in tutto il paese. Alla fine del 2018, il numero di lavoratori statunitensi coinvolti in interruzioni dal lavoro importanti, che includono scioperi e serrate, è stato il più alto dal 1986. Ci sono state 20 interruzioni del lavoro in totale, e ciascuna ha coinvolto 1000 o più lavoratori, paragonate alle sole 7 del 2017, il livello più alto dal 2007. Più del 90% dei circa mezzo milione di lavoratori coinvolti erano nei settori dell’istruzione, sanità e assistenza sociale. In altre migliaia hanno partecipato in scioperi minori e lotte non rappresentati in queste cifre.
Ci sono circa 130 milioni di lavoratori negli Stati Uniti, non contando i membri delle loro famiglie che non lavorano. Eppure, nonostante rappresentassero soltanto un terzo dell’un per cento della forza lavorativa statunitense, gli scioperi del 2018 hanno trasformato drammaticamente lo scenario della lotta di classe. Ed è solo l’inizio. Negli anni ’90 si sono verificati una media di 34 scioperi all’anno. Negli anni ’80 ce ne sono stati 69, mentre negli anni ’70 una media di 269. Anche se non sarà un processo lineare, c’è grande potenziale di crescita.
Già dalla fine dell’anno scorso l’ondata di lotte si era diffusa nel settore privato. A dicembre quasi 8000 addetti alle pulizie, baristi e altri lavoratori nei servizi hanno sospeso il lavoro in 24 alberghi di alberghi a Detroit, Boston, San Diego, San Jose, Oakland, San Francisco, Maui e Oahu. Questo è stato lo sciopero di lavoratori alberghieri più grande della storia statunitense grazie al quale sono state raggiunte delle conquiste concrete. In aggiunta all’aumento salariale, il nuovo contratto obbligherà Marriott a fornire agli addetti alle pulizie dei pulsanti antipanico abilitati di GPS, per avvertire il personale di sicurezza se si sentono insicuri con un ospite durante la pulizia di una stanza. L’azienda ha inoltre accordato di bandire ospiti che hanno un passato di molestie sessuali nei confronti dei lavoratori.
Questa primavera, 31mila lavoratori hanno scioperato nei 241 negozi Stop & Shop in tutto il Massachusetts, il Rhode Island e il Connecticut. La loro lotta contro i proposti tagli alla sanità, pensioni e al pagamento degli straordinari si è conclusa con una vittoria parziale, con incrementi salariali per tutti i lavoratori e nessun cambiamento del loro piano sanitario. Gli scioperi hanno goduto di un appoggio impressionante a livello locale, con diversi clienti che si rifiutavano di rompere i picchetti e che portavano pasti ai lavoratori in protesta fuori dai negozi.
Anche nell’Oregon gli insegnanti hanno recentemente scioperato, portando alla chiusura di 600 scuole, non per salari più alti o altri bonus, ma per meno alunni per classe, più infermieri, asili nido, biblioteche, e programmi didattici di arte, musica e educazione fisica migliori, ecc…
Il 94 percento degli insegnanti spende soldi di tasca propria per approvvigionare le aule e “per sopperire alla differenza tra ciò di cui gli studenti hanno bisogno e ciò che le autorità scolastiche forniscono”.
Queste sono richieste sociali che beneficiano tutti, un fatto che svela la bugia della presunta “avidità” degli insegnanti sindacalizzati. Notevoli sono alcuni degli scioperi e proteste recenti che partiti da questioni economiche e di difesa del tenore di vita e sono passati ad avere un carattere più politico.
I lavoratori stanno usando il loro potere come produttori della ricchezza della società al fine di spingere anche per un cambiamento politico. Dai lavoratori del settore informatico della Silicon Valley a quelli dell’azienda di arredamento Wayfair, i lavoratori sono scesi in sciopero per protestare contro la collaborazione tra i loro padroni e il governo rispetto alla deportazione e detenzione dei migranti. E dopo la loro vittoria sul contratto del 2018, gli insegnanti della West Virginia hanno scioperato ancora all’inizio del 2019 per protestare contro una proposta di legge statale volta a privatizzare l’istruzione, un atto palese di vendetta contro gli scioperanti.
Una “minoranza combattiva” di attivisti di base ha spinto per organizzare queste recenti lotte, sono individui con un orientamento di classe più o meno chiaro, con esperienza organizzativa, una disponibilità a contestare e scavalcare i loro dirigenti e che, in molti casi, si considerano in qualche modo socialisti. Mentre non è ancora emersa un’ala del movimento operaio con un chiaro orientamento di classe, i tratti essenziali di quella che verrà iniziano ad essere riconoscibili.
Pressione sui dirigenti del movimento operaio
E non sono soltanto il numero crescente di scioperi ad essere gravidi di implicazioni per il futuro. Lo è anche un atteggiamento dei lavoratori e dei giovani verso i sindacati, e la consapevolezza crescente di cosa significhi far parte della classe operaia. C’è una riscoperta innegabile della coscienza di classe e dell’interesse a organizzarsi in un sindacato. La valutazione positiva dei sindacati ha raggiunto il massimo livello da 15 anni a questa parte nel 2018, secondo Gallup, e di certo non grazie ai dirigenti del sindacato.
La pressione si sta accumulando all’interno dell’AFL-CIO che è stato a lungo un bastione di conservatorismo e di vile collaborazione di classe. La confederazione sindacale principale del paes rappresenta 12,5 milioni di lavoratori attivi e in pensione in 55 sindacati nazionali e internazionali. La forza potenziale di un’organizzazione del genere, per ciò che riguarda la mobilitazione di milioni di lavoratori in scioperi, scioperi di solidarietà e persino scioperi generali, sarebbe colossale. Ma questa è l’ultima cosa che vuole l’attuale dirigenza.
L’attuale presidente della AFL-CIO, Richard Trumka, è sotto attacco per essere stato un “dirigente fallito” e per aver provato a scendere a patti con Trump invece di guidare la lotta contro di lui. E infatti non si sta organizzando realmente nulla. Mentre sono stati spesi un sacco di fondi per rafforzare la cricca attorno a Trumka, ben poco è stato fatto al fine della lotta a difesa dei lavoratori. Dopo dieci anni che Trumka è al vertice, c’è rabbia e risentimento a tutti i livelli, specialmente per il fatto che lui viene da un passato di lotta di classe e che sembrava promettere un cambiamento rispetto ai “vecchi tempi bui” dell’epoca di John Sweeney e i suoi predecessori. La direzione dell’AFL-CIO verrà rieletta nel 2021 e con la ricandidatura di Trumka è improbabile. La morsa oggettiva sulle lotte dei lavoratori esercitata dalla dirigenza attuale, si attenuerà probabilmente, in una maniera o l’altra.
Sara Nelson, il presidente dell’Association of Flight Attendants-CWA (il sindacato degli assistenti di volo), un dirigente audace in un settore strategico dei lavoratori, sarà della contesa.
All’inizio dell’anno ha convocato uno sciopero generale per mettere fine allo “shutdown” ordinato da Trump per imporre la costruzione del muro al confine con il Messico. La convocazione dello sciopero, insieme a una vera e propria massa di lavoratori del controllo del traffico aereo che si sono messi in mutua ha portato ad una rapida fine dello “shutdown” governativo. Come ha detto Nelson “Solo l’azione diretta, o la minaccia di essa, farà cedere il padrone”
Sara Nelson è una faccia nuova con un atteggiamento audace e che darebbe filo da torcere a Trumka o ai suoi successori naturali nel caso che tentasse di candidarsi alla presidenza dell’AFL-CIO. Ha una lunga storia di difesa dei diritti delle donne nei luoghi di lavoro e contro le molestie sessuali crescenti nel settore delle linee aeree. Mettetela un po’ a confronto con la vecchia cricca di Trumka.
Se Nelson dovesse candidarsi e riuscire a spodestare la cricca di Trumka, rappresenterebbe un cambiamento significativo, anche se dovesse moderare il suo programma. Dopo il deserto degli scorsi anni, quasi sicuramente scatenerebbe molte delle forze accumulate che stanno solo aspettando di emergere in superficie. Un’ulteriore crescita della sindacalizzazione e degli scioperi sarebbe praticamente garantita, sia che avvenisse in maniera spontanea sia che fosse pianificata.. Il bisogno urgente di rompere con i democratici e repubblicani e di costruire un partito dei lavoratori di massa basato sui sindacati sarebbe a un certo punto da mettere all’ordine del giorno, un compito per il quale Nelson potrebbe giocare un ruolo chiave se ne volesse fare un asse centrale della sua attività.
Tutto ciò si svolgerebbe nel contesto delle elezioni presidenziali del 2020. Se la prossima crisi economica scoppia sul serio nei prossimi mesi, gli sviluppi potrebbero diventare veramente imprevedibili. La lotta di classe e la polarizzazione della società statunitense possono accelerare più rapidamente di quanto chiunque se l’aspetti, sia a destra, ma soprattutto a sinistra. Non si può prevedere l’esito più probabile degli eventi futuri basandosi solo sull’esperienza dell’immediato passato.
Gli eventi ispiratori in Sudan, Algeria, Hong Kong, Taiwan, Honduras, Brasile, Repubblica Ceca, Svizzera, Nuova Zelanda ed oltre sono la prova certa che i lavoratori del mondo sono pieni di combattività, e i lavoratori statunitensi non sono da meno.
Il “Processo molecolare della Rivoluzione” sta iniziando a scavare pure qua. L’ondata recente di scioperi e di crescente interesse nel socialismo sono soltanto la punta dell’iceberg. Questo è il motivo per cui i reazionari da Donald Trump a Lindsey Graham si sentono costretti a minacciare e deridere il socialismo e il comunismo.
Negli anni a venire, i lavoratori statunitensi saranno obbligati a imparare nel modo più duro che il socialismo è molto più di votare per qualcuno che promette un servizio sanitario universale oppure che vuole eliminare i debiti contratti dagli studenti. Per quanto importanti siano queste riforme, se non sono legate ad una lotta per una trasformazione socialista generale della società, rimarranno limitate e a rischio costante di essere cancellate.
Fin quando il lavoro salariato è sfruttato dal capitale, fin quando ci sono le classi, i lavoratori dovranno organizzarsi insieme per difendere i loro interessi collettivi. I sindacati sono la prima linea di difesa indispensabile nella lotta di classe. La strada per il recupero dei metodi della lotta di classe che per primi hanno fatto del movimento operaio una forza da temere, non sarà facile. Ma la strada da percorrere è stata indicata dalle lotte intraprese con grande spirito di sacrificio da centinaia di migliaia di lavoratori negli scorsi mesi.
Per quanto queste lotte siano state di grande esempio, e per quanto conflitti ancora più titanici tra lavoratori e padroni siano all’orizzonte, le lotte di natura economica nei luoghi di lavoro e le lotte sociali nelle strade non bastano. Per trasformare il mondo, la classe operaia deve allo stesso tempo combattere una lotta politica. Questo significa combattere per un nostro partito, con le nostre parole d’ordine, nei nostri interessi.
Conquistare il potere politico ed economico è il compito strategico della classe operaia essenziale, l’asso attorno al quale tutte le strategie e tattiche secondarie devono essere subordinate. La lotta per il socialismo deve, quindi, essere combattuta sul piano ideologico. Gli avversari del socialismo rivoluzionario, sai a sinistra che a destra, cercheranno di confondere e nascondere la verità su ciò che è realmente il socialismo. La TMI continuerà ad affrontare i nostri avversari con fatti, cifre e argomentazioni politiche, massimamente fiduciosi che le idee del Marxismo, e della classe operaia, alla fine saranno vittoriose.