La dichiarazione della Tendenza Marxista Internazionale sulla crescente violenza israeliana che è iniziata nei giorni scorsi contro la Striscia di Gaza.
Rivendichiamo: fermare i bombardamenti, porre fine all’occupazione. I lavoratori e i giovani di tutto il mondo, devono mobilitarsi e lottare per una Palestina libera come parte di una Federazione socialista del Medio Oriente!
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Mentre scriviamo, i bombardamenti di Gaza da parte delle Forze di difesa israeliane (IDF) si stanno intensificando. Migliaia di bombe vengono sganciate senza batter ciglio dalla più potente potenza militare del Medio Oriente, in una delle aree più densamente popolate e povere del mondo. Nel frattempo, orde di coloni sionisti di estrema destra e teppisti fascisti pronti al linciaggio, che agiscono con la complicità o il sostegno aperto delle forze statali israeliane, stanno attaccando i quartieri palestinesi dentro alla stessa Israele, distruggendo case, proprietà, negozi, picchiando e uccidendo persone innocenti solo perché palestinesi, in un’ondata di terrore razzista che può solo essere descritto come un Pogrom.
La gente di Gaza non ha nessun altro posto dove andare ed è priva di tutto – energia elettrica, acqua potabile, forniture ospedaliere di base, persino cibo – dato che è stata soggetta a un embargo che solo negli ultimi mesi ha già fatto centinaia di vittime.
Le potenze imperialiste occidentali, siano esse statunitensi o dell’Europa “civile”, non esprimono mai nemmeno il minimo sdegno o “indignazione morale” – per non parlare di qualsiasi misura concreta – per le sofferenze inflitte quotidianamente dal governo israeliano alla popolazione palestinese di Gaza, in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nello stesso territorio israeliano. Viene smascherata anche l’ipocrisia dei regimi reazionari, lacchè dell’imperialismo, a Riyadh, Dubai, Amman, o al Cairo.
Al contrario, l’incubo quotidiano di decenni di “pace” imperialista viene ribadito da una violenza imperialista sempre più sanguinosa, volta a spezzare la resistenza del popolo palestinese. La classe dominante israeliana sta usando la “pace”, oltre che la guerra, per perseguire il proprio obiettivo reazionario di pulizia etnica rispetto a ciò che considerano come proprio. Il loro motto è “quello che abbiamo, ce lo teniamo” – “Eretz Israel”, ripulito dalla presenza scomoda della popolazione palestinese. Questo progetto di pulizia etnica e discriminazione istituzionale è scritto nel titolo della legge razzista “Israele Stato-Nazione degli Ebrei” approvata da Netanyahu nell’estate del 2018 e benedetta dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Come sempre, la verità è la prima vittima della guerra. I principali media internazionali, controllati dai capitalisti, stanno facendo eco al vecchio ritornello logoro che chiede di “porre fine alla violenza da entrambe le parti”, riconoscendo il diritto di Israele di “difendersi”, come se le “due parti” potessero essere anche solo lontanamente paragonabile. Fingere di essere “neutrale” in una situazione come questa equivale a schierarsi dalla parte dell’oppressore contro gli oppressi.
La chiamano guerra, ma questa non è una “guerra”. È il tentativo unilaterale di ridurre in macerie le aspirazioni legittime del popolo palestinese ad avere una patria e alla difesa dei suoi diritti umani fondamentali. È una caratteristica normale della “pace” imperialista che ogni tentativo dei lavoratori e dei giovani palestinesi di resistere pacificamente all’oppressione quotidiana sia criminalizzato e affrontato da una repressione spietata e sanguinosa.
Questo è divenuto sempre più evidente nelle ultime settimane con la repressione del movimento di massa contro gli sfratti nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est. A questo è seguito l’attacco legittime delle forze repressive dello stato israeliano contro i fedeli pacifici a cui è stato provocatoriamente impedito l’accesso al complesso del Monte del Tempio di Al Aqsa a Gerusalemme – il più importante centro religioso per i musulmani – proprio alla fine del Ramadan.
Quest’ultima provocazione è stata progettata per istigare un conflitto con Hamas. È stata una decisione deliberata da parte di Netanyahu, un tentativo disperato di ribadire le sue credenziali di uomo forte di Israele e impedire la formazione di un governo di coalizione dal quale sarebbe stato escluso. Non è la prima volta che Netanyahu ha giocato la carta dell’odio contro i palestinesi per chiamare a raccolta la classe dominante israeliana, lo stato e forzare la mano alla popolazione ebraica in Israele e all’estero a sostenere le misure più reazionarie prese dal suo governo in nome della “sicurezza”.
Le cifre provvisorie di 119 palestinesi uccisi dalle bombe israeliane (di cui 31 bambini e 19 donne) parlano da sole. L’affermazione dell’IDF di “colpire obiettivi militari” è del tutto ipocrita e il totale sbilanciamento e la sproporzione delle forze in campo in questa cosiddetta guerra viene smascherato.
Sono stati uccisi anche sette israeliani (tra cui 2 palestinesi che non avevano trovato un rifugio nel loro quartiere) a causa delle centinaia di razzi lanciati da Hamas su Israele. Il lancio di questi razzi è del tutto controproducente per la lotta palestinese e serve solo a rafforzare Netanyahu, spingendo i lavoratori israeliani tra le braccia dello Stato israeliano.
Come marxisti e internazionalisti non siamo neutrali o al di sopra delle parti in un tale conflitto. Difendiamo il diritto dei palestinesi a una patria e il loro diritto di resistere all’oppressione e difendere la loro esistenza con ogni mezzo necessario. La violenza degli oppressi non può mai essere equiparata a quella degli oppressori.
Uno scenario diverso
Una caratteristica molto significativa delle recenti proteste è che hanno coinvolto principalmente palestinesi all’interno della Linea Verde con numeri mai visti prima. Cioè, coinvolge quelli che sono legalmente cittadini israeliani (di seconda classe). Questo movimento è guidato da una nuova generazione di combattenti che stanno rifiutando le strategie fallite della cosiddetta direzione del popolo palestinese, sia di Fatah che di Hamas.
Ciò che cambia rispetto al passato è anche il contesto in cui ciò sta accadendo. Sempre più lavoratori e giovani in tutto il mondo, compresi i lavoratori e i giovani ebrei, nell’ultimo periodo hanno attraversato la scuola della repressione dello stato durante i movimenti di massa nei loro paesi. Fatta questa esperienza, stanno cominciando a vedere oltre la nuvola di bugie dei media mainstream. La resistenza del movimento di massa del popolo palestinese all’interno di Israele ha rivelato agli occhi di milioni di persone in tutto il mondo la natura del meccanismo oppressivo che lo stato israeliano ha messo in atto per strangolare l’esistenza e le legittime aspirazioni dei palestinesi. Ciò è in sintonia con l’ambiente rivoluzionario che si sta sviluppando ovunque nella società.
In tutto il mondo vengono convocate manifestazioni di massa contro l’attacco a Gaza e i pogrom contro i palestinesi. Mentre scriviamo, migliaia di palestinesi stanno tentando pacificamente di entrare in Israele attraverso il confine giordano per manifestare a sostegno dei loro fratelli e sorelle in Palestina. Allo stesso tempo stanno smascherando l’ipocrisia dei regimi arabi e il loro cosiddetto “sostegno alla causa palestinese”.
È dovere del movimento operaio internazionale sostenere la resistenza delle masse palestinesi e smascherare le bugie e gli interessi difesi da tutti i governi capitalisti, specialmente nei principali paesi imperialisti. Nessuna difesa dei diritti dei palestinesi verrà mai dagli ipocriti appelli alla “pace” e ai “negoziati” lanciati dall’Onu o da questa o quella potenza imperialista. Infatti, non potrà mai esserci pace e una fine a questo incubo finché il capitalismo e l’imperialismo continueranno a dominare il pianeta. Non ci può essere alcuna soluzione permanente alla sofferenza del popolo palestinese fino a quando il capitalismo non sarà rovesciato nei principali paesi imperialisti del mondo.
Dobbiamo considerare questo movimento come parte dell’ondata rivoluzionaria internazionale contro il capitalismo. La scommessa di Netanyahu potrebbe ritorcersi contro di lui per la combinazione delle mobilitazioni che si stanno sviluppando sia all’interno di Israele che a livello internazionale. Preoccupati dal movimento di massa che si sta sviluppando tra i palestinesi all’interno del territorio israeliano, i vertici dell’IDF e la classe dominante israeliana sono divisi sul fatto di continuare o sospendere l’assalto a Gaza, fingendo di aver raggiunto i loro obiettivi. Allo stesso tempo, minacciano di inviare l’esercito di terra a Gaza, come hanno fatto nel 2014, quando hanno ucciso oltre 2.300 palestinesi. Se tentassero di farlo, le uccisioni indiscriminate aumenterebbero ancora di più e verrebbero accolte con indignazione ancora maggiore.
La guerra e i frutti avvelenati della “pace” imperialista
Ciò a cui stiamo assistendo oggi in Israele e in Palestina non è altro che il frutto avvelenato della “pace” imperialista. La popolazione palestinese viene progressivamente espropriata e strangolata dalla morsa crescente di un sistema progettato per emarginarla. Nel processo, Netanyahu ha fatto affidamento sull’estrema destra sionista, comprese le sue frange fasciste, raccogliendo il sostegno dei coloni ebrei. Facendo loro delle concessioni, si è giocato tutto puntando sulla loro causa, incoraggiando ulteriormente le loro azioni.
Israele è impantanato in una crisi istituzionale, dove anche con la terza elezione consecutiva non si è riusciti a raggiungere una netta maggioranza. Finora, Netanyahu è riuscito a navigare nelle acque tempestose e sopravvivere allo scandalo dell’accusa di corruzione. Tuttavia, sta diventando sempre più disperato. Il suo acerrimo nemico, il generale Benny Gantz, ha perso tutta la sua credibilità acquisita con la passata polemica anticorruzione contro Netanyahu, quando ha deciso di entrare in un governo di coalizione assieme a lui. Gantz sta ora cercando di apparire anti-palestinese in maniera ancora più rabbiosa rispetto al suo rivale, mettendo l’accento sulla sua reputazione di ex comandante in capo durante il massacro di Gaza del 2014. Un tentativo di superare la situazione di stallo politico è stato compiuto, con l’incarico a Yair Lapid per la formazione di un nuovo governo senza Netanyahu, ma per ora è stato abbandonato.
Lo stato israeliano è potente, ma ci sono chiare indicazioni che si sta preparando una crisi nel cuore stesso dello stato sionista.
Il falò di Trump su 70 anni di politica estera statunitense
In ultima analisi, l’imperialismo statunitense ha sempre sostenuto Israele. Ciò è attestato dai generosi sussidi che gli Stati Uniti hanno concesso a Israele, senza i quali la classe dominante israeliana avrebbe avuto difficoltà a consolidare la propria supremazia economica e militare nella regione. Il segretario di Stato americano Alexander Haig una volta descrisse Israele come “la più grande portaerei americana al mondo che non può essere affondata”.
Tuttavia, il potere degli Stati Uniti nella regione si è anche basato per decenni sulla pretesa di essere “imparziale” rispetto alla questione palestinese. In questo modo, l’imperialismo statunitense ha ingabbiato con successo la lotta palestinese per la liberazione nazionale, facendo pressioni sulla leadership palestinese per arrivare a una serie di accordi di “pace”, attraverso la formazione di una grande coalizione di alleati della regione (i regimi arabi reazionari in Giordania, Egitto, Arabia Saudita, Stati del Golfo, ecc.). Ciò ha portato agli accordi di Oslo e di Madrid nel 1993 e alla formazione dell’Autorità Palestinese, su cui al tempo i marxisti avvertirono che sarebbe stata una trappola mortale per le aspirazioni nazionali delle masse palestinesi.
L’ex presidente degli Stati Uniti, Trump, ha abbandonato questa pretesa di imparzialità, riconoscendo Gerusalemme come la capitale indivisibile di Israele e riconoscendo la Legge razzista su “Israele Stato-Nazione degli Ebrei”. Ha fatto un falò di 70 anni di politica estera statunitense nella regione e ha così affondato tutta l’idea della soluzione dei due-stati nella questione palestinese. Questo processo è culminato nel grottesco “Accordo del secolo” di Trump e nei cosiddetti accordi di Abramo.
Un messaggio forte è stato mandato ai palestinesi: “Se volete difendere la vostra stessa esistenza, potete fare affidamento solo sulle vostre forze”. Il messaggio è stato ricevuto e compreso. Questa è la base per la resistenza inaspettata e l’ondata di lotta di fronte alle continue provocazioni dei mesi passati. E questa deve essere la base su cui costruire il movimento rivoluzionario internazionale della gioventù e della classe operaia contro l’imperialismo, il capitalismo e l’oppressione in tutto il mondo.
Nessuna fiducia nei piani imperialisti di “pace”. Per il diritto dei palestinesi a una vera patria!
La Tendenza Marxista Internazionale fornisce la totale solidarietà al popolo palestinese mentre subisce l’ennesimo barbaro attacco delle forze armate israeliane e rifiuta tutte le scuse che il governo Netanyahu ha prodotto nel tentativo di giustificare la morte e la distruzione che sta infliggendo.
Il popolo palestinese ha diritto a una patria, e fintanto che questo non verrà ottenuto il conflitto continuerà. Tuttavia, la classe dominante sionista israeliana non garantirà mai una vera patria ai palestinesi. Ecco perché deve essere rovesciata. Perché ciò accada, la società israeliana deve essere spaccata su linee di classe.
Israele è una delle società più diseguali al mondo. La stessa classe dominante che opprime i palestinesi sta attaccando anche i livelli di vita dei lavoratori e dei giovani israeliani. L’anno scorso abbiamo assistito a massicce proteste contro Netanyahu. La mobilitazione rivoluzionaria delle masse palestinesi deve essere sostenuta dal movimento antimperialista e anticapitalista della classe operaia a livello mondiale.
I lavoratori e i giovani palestinesi hanno anche il diritto di difendere sé stessi e i propri quartieri dagli attacchi sferrati contro di loro dalle bande fasciste di coloni sionisti con la complicità dello Stato israeliano. Ciò sta già accadendo con l’istituzione di comitati civici o popolari di autodifesa ad Haifa e in altre città.
Ogni passo verso lo sviluppo della lotta di classe da parte dei lavoratori e dei giovani palestinesi ed ebrei che apra una spaccatura nello stato sionista deve essere incoraggiato e sostenuto. Solo in questo modo è possibile ottenere la fine del governo sionista e l’istituzione di uno stato che garantisca uguali diritti sia agli ebrei che ai palestinesi.
Ciò, tuttavia, sarà possibile solo in uno stato controllato da lavoratori comuni, sia ebrei che palestinesi, e ciò significa uno stato socialista in cui non ci sia un’élite dominante privilegiata al potere.
Mobilitare la solidarietà della classe operaia internazionale per fermare i bombardamenti su Gaza!
Sostieniamo la resistenza dei palestinesi!
Intifada fino alla vittoria!
Stop all’occupazione!
Per il diritto sia dei palestinesi che degli ebrei a una patria all’interno di una Federazione socialista del Medio Oriente!