Lunedì 9 maggio avvenimenti drammatici hanno scosso lo Sri Lanka. Dopo mesi di sconvolgimenti a livello economico e settimane di mobilitazioni di massa nelle strade, il Primo Ministro Mahinda Rajapaksa ha fatto una scommessa disperata per ristabilire l’ordine e salvare la propria carriera politica. Ma la sua repressione brutale gli si è ritorta contro in modo drammatico. Al calar della notte, Mahinda si doveva nascondere in una base navale, mentre decine di residenze di parlamentari erano date alle fiamme. Alla fine della giornata, otto persone erano morte, tra cui un parlamentare e due agenti di polizia, e gli ospedali erano pieni di feriti.
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Questo è un momento importante, un “prima e dopo” per la lotta. I settori più moderati sono stati lasciati in uno stato di shock dagli incidenti del 9 maggio. Nel frattempo, alcuni dei sedicenti “leader” delle mobilitazioni si stanno preparando ad accettare un compromesso.
I settori più avanzati della gioventù non devono permettere che le lezioni di questi giorni drammatici passino inosservate.
La mossa disperata di Mahinda
Il movimento delle masse in Sri Lanka, enorme e dal basso, è in corso da più di sei settimane. Mentre si svolgeva, i fratelli Rajapaksa – il presidente Gotabaya Rajapaksa e il primo ministro Mahinda Rajapaksa – potevano chiaramente vedere che non ne sarebbero usciti entrambi salvandosi la pelle. Ognuno ha cercato la propria sopravvivenza a spese dell’altro.
Così venerdì, quando Gota ha chiesto le dimissioni di Mahinda, quest’ultimo non era certo disposto ad andarsene in silenzio. Mahinda ha calcolato che, dopo più di un mese di mobilitazioni di piazza, il movimento si stava ormai esaurendo. Decise che era il momento di colpire, di sguinzagliare i suoi sgherri e che, una volta sgomberato il movimento dalle strade, non ci sarebbe stato più bisogno di dimettersi! Questo ci dice molto della psicologia di questi gangster.
Lunedì 9 maggio ha messo in atto il suo piano. Ma come spiegò una volta Marx: “a volte la rivoluzione ha bisogno della frusta della controrivoluzione per avanzare“.
La controffensiva di Mahinda gli si è ritorta contro in modo spettacolare.
La violenza della controrivoluzione
Grazie alle conoscenze importanti acquisite durante il periodo di presidenza tra il 2005 e il 2015, Mahinda aveva tutte le carte in regola per organizzare una repressione tramite canali non ufficiali. Lunedì 9 maggio, sfruttando questi legami con lo Stato e il suo nutrito seguito di sgherri fedeli, ha preparato la resa dei conti con il movimento.
Al mattino, bande di sottoproletari sono state trasportate in autobus a un raduno pro-governativo ospitato da lui stesso e da suo figlio ed erede designato della famiglia Rajapaksa, Namal, nella residenza ufficiale del Primo Ministro a Temple Trees, a Colombo. I partecipanti, pagati, sono stati riempiti di alcolici e si sono tramutati in una marmaglia inferocita.
Poi, al canto di “abbiamo bisogno di Mahinda”, sono stati mandati da Temple Trees alle tendopoli permanenti anti-governative a poche centinaia di metri di distanza: prima a “Maina Go Gama” di fronte a Temple Trees stesso, e poi a poche centinaia di metri di distanza a “Gota Go Gama” a Galle Face Green. (Maina Go Gama e Gota Go Gama sono due presidi permanenti eretti dai manifestanti, nt)
Si è trattato di un assalto ben coordinato e feroce. Centinaia di sgherri sono stati portati a bordo di autobus. La maggior parte erano lacchè del regime, ma un certo numeri di detenuti era stato liberato appositamente per partecipare alla spedizione. Nel frattempo, era stato dato ordine alla polizia di non ostacolare questa folla filogovernativa, ma di farsi da parte e lasciare che creassero scompiglio.
Il risultato è stato una orgia di violenza brutale . Sui social media sono subito circolati video di manifestanti antigovernativi picchiati con assi e bastoni. Un altro mostrava teppisti filogovernativi che strappavano l’hijab a una donna musulmana e la picchiavano a terra. Le tende del presidio permanente sono state calpestate e incendiate, e scene simili sono state viste a “Gota Go Gama” a Kandy, una città nel centro dell’isola.
Il popolo risponde
La violenza controrivoluzionaria ha rapidamente innescato una polveriera di indignazione e rabbia.
Quando la notizia si è diffusa, masse inferocite,dai vicini blocchi stradali che erano in corso per protestare contro la mancanza di gas da cucina, si sono recati sul luogo dell’attacco. I lavoratori hanno lasciato in gran numero i loro posti di lavoro per venire a difendere il movimento. Anche i sindacati dei lavoratori e i sindacati studenteschi hanno lanciato un appello affinché i loro militanti si recassero sul luogo degli attacchi.
Le masse hanno reagito ferocemente. Galle Face Green è stata rapidamente riconquistata.
Da Temple Trees, i filo-governativi hanno trovato rifugio nelle acque del lago Beira. Solo al calar della notte la polizia li ha ripescati (a malincuore) dalle acque sporche.
Ben presto, gli autobus utilizzati per portare i detenuti e gli scagnozzi dell’SLPP nei luoghi della protesta sono stati bruciati e distrutti. In un caso un autobus è stato gettato in un lago, mentre un altro è stato distrutto con una scavatrice!
Fuori Colombo, l’esplosione di rabbia è stata ancora più feroce. La furia delle masse era rivolta ai ministri e ai parlamentari di questo governo ladro. È stato dichiarato il coprifuoco di polizia in tutta l’isola, ma le masse sono rimaste irriducibili Da parte loro, le forze dell’ordine hanno fatto ben poco per impedire alle masse antigovernative di organizzare il loro contrattacco.
È chiaro che in mattinata la polizia aveva l’ordine di stare in disparte mentre i teppisti sottoproletari distruggevano il “Gota Go Gama”. Senza dubbio molti hanno eseguito gli ordini con riluttanza e ora assistevano soddisfatti al contrattacco delle masse. In effetti, in almeno un occasioni gli agenti di polizia si sono persino uniti alla protesta.
Il partito al potere, l’SLPP, ha seminato vento e raccolto tempesta. I suoi uffici sono stati completamente distrutti. Ogni simbolo del partito al potere è stato distrutto. Una statua del patriarca della famiglia Rajapaksa è stata rovesciata. La jeep di un ministro è stata gettata in un lago. In un altro caso, la collezione di Lamborghini di un deputato è stata incendiata.
Ovunque, le residenze dei deputati del partito al potere e dei ministri del governo sono state assediate da grandi proteste antigovernative. Entro sera, tra venti e ventitré di queste residenze erano rovine fumanti, rase al suolo dalle masse, compresa la casa padronale della stessa famiglia Rajapaksa.
In mezzo alla confusione, sono naturalmente circolati dubbi sul fatto che siano stati gli agenti provocatori ad appiccare gli incendi. È probabile? Il modo in cui si sono svolti gli eventi suggerirebbe di no: in primo luogo, non è certo che il regime sia disposto ad autoprovocare devastazioni di tale portata alle proprie proprietà.
In secondo luogo, se i provocatori fossero all’opera su una scala seria, sarebbe presumibilmente per qualche scopo, come fornire il pretesto per un colpo di stato.
Ma, come suggeriscono i casi di relativa passività della polizia, la classe dominante non può fare affidamento sui corpi armati dello Stato – almeno, non in questo momento. Martedì, l’alto ufficiale di polizia che aveva collaborato con la rivolta di Mahinda il giorno prima si è trovato circondato e picchiato da una folla antigovernativa arrabbiata. Ancora una volta, i suoi agenti non sono intervenuti per proteggere il loro comandante!
Un colpo di Stato o un altro intervento di questo tipo da parte dell’esercito in questo momento sarebbe una mossa davvero molto rischiosa! Potrebbe finire in modo disastroso per il regime, con l’ascesa ulteriore delle mobilitazioni di massa e provocando la rottura dell’esercito su linee di classe.
Mahinda in fuga
Quando la rabbia delle masse è diventata evidente, Mahinda Rajapaksa non solo è stato costretto a presentare le sue dimissioni, ma a fuggire per salvarsi la vita!
Seguendo il suo esempio, i ministri del governo hanno iniziato a dimettersi. Ma le masse non li avrebbero lasciati scappare così facilmente. Sono stati istituiti blocchi stradali sulle autostrade e fuori dall’aeroporto per impedire ai parlamentari di tentare di fuggire dal Paese. Persino le auto della polizia sono state fermate e controllate dalla gente! Quando l’auto di un parlamentare del partito al potere è stata bloccata su un’autostrada tra Colombo e Kandy, quest’ultimo ha aperto il fuoco sui manifestanti, uccidendone uno e ferendone altri. Dopo aver tentato di fuggire in un edificio vicino, si è suicidato, puntando la pistola contro se stesso.
Quando si è saputo che Mahinda Rajapaksa era rintanato nella base navale di Trinco, altamente fortificata, la folla ha circondato tutti gli ingressi. Molti hanno persino preso delle barche per fare il giro della base e assicurarsi che nessuno yacht privato con a bordo l’ex Primo Ministro potesse fuggire dall’isola! Questo movimento ha assunto caratteristiche insurrezionali sbalorditive in tutto il Paese. A seguito della forte pressione dal basso, 2.000 sindacati hanno indetto uno sciopero generale ad oltranza.
Ma l’appello allo sciopero generale ha avuto vita breve. La rabbia esplosiva del movimento ha presto innervosito gli elementi più moderati e borghesi, che si sono tirati indietro spaventati – tra cui i leader sindacali.
Autodifesa
I drammatici eventi di lunedì segnano una svolta fondamentale nella situazione.
Fin dal primo giorno, il movimento ha insistito sulla sua adesione rigida alla nonviolenza. La speranza sincera della stragrande maggioranza della popolazione era che i Rajapaksa potessero essere cacciati pacificamente. Dopo gli eventi di lunedì, un gran numero di operai, contadini e giovani ha capito chiaramente che questo non è più possibile.
Tuttavia, al calar della notte di lunedì, alcuni settori borghesi del movimento, in particolare sui social media, hanno iniziato a cedere al nervosismo. Terrorizzati dalla rabbia che la controrivoluzione aveva provocato, hanno pregato le masse di tornare ai metodi pacifici del movimento.
Ma se la gente non fosse uscita in massa dopo che gli scagnozzi di Mahinda avevano attaccato “Maina Go Gota” e “Gama Go Gota”, la violenza sarebbe stata molto, molto peggiore. Se non si fosse organizzata la “violenza” dell’autodifesa, il regime – avendo assaggiato il sangue e percepito la debolezza del movimento – sarebbe passato all’azione. Avrebbe scatenato un regno del terrore con una massiccia repressione controrivoluzionaria e sarebbe passato a esecuzioni di massa nei quartieri popolari
La risposta delle masse lo ha impedito. Come è sempre accaduto nella storia, è stata la controrivoluzione a scatenare ancora una volta la violenza. Quello che abbiamo visto da parte delle masse è stata l’autodifesa. E l’autodifesa non è solo giustificata, è assolutamente necessaria. Ciò che manca è l’organizzazione e un programma chiaro. È questo che ha dato all’esplosione di lunedì un carattere convulso.
No, non possiamo condannare la “violenza” delle masse. Di fronte alla violenza controrivoluzionaria, l’autodifesa è assolutamente necessaria. E la dura lezione che il regime ha ricevuto li costringerà a muoversi con maggiore cautela in futuro.
Direzione e programma
È necessaria un’organizzazione chiara: comitati di lotta e di autodifesa nei luoghi di lavoro e nelle comunità, collegati a livello provinciale e nazionale. Ma soprattutto – e come prerequisito – il movimento ha bisogno di una direzione e di un programma chiari! È proprio questo che manca.
Finora il movimento ha comprensibilmente evitato i partiti politici, rifiutandoli tutti con disgusto e rabbia. Ma la natura aborre il vuoto. Alla fine deve emergere una direzione . E in effetti una sorta di direzione è emersa.
Il fallimento della mobilitazione dei leader sindacali ha comportato la loro abdicazione alla guida del movimento. Al loro posto, settori della classe media hanno assunto una posizione di predominio nelle occupazioni e nel movimento in generale.
Ma questi “leader” autoproclamati della classe media hanno cercato attivamente di impedire la discussione di qualsiasi programma politico o economico per il movimento. Hanno effettivamente cercato di mantenere il movimento nella sua forma più iniziale e “spontanea”, impedendo alle masse di chiarire le questioni essenziali. Questo ha causato una confusione a livello di massa su questioni di fondamentale importanza.
Poiché la direzione ha impedito che dal movimento emergesse un programma deciso democraticamente, gruppi accidentali si sono inevitabilmente fatti avanti con le proprie idee.
Forte del suo prestigio per il ruolo importante che gli avvocati hanno svolto nel movimento, la Bar Association of Sri Lanka (BASL – Associazione degli avvocati dello Sri Lanka) ha sviluppato un programma che sostiene possa offrire una via d’uscita dalla crisi. Ma questo “programma” rappresenta una svendita completa alla classe dominante.
La loro proposta prevede la formazione di un governo di unità nazionale ad interim di tutti i partiti, con Gotabaya Rajapaksa ancora al potere per quattro o sei mesi! Questo governo (ci dicono) riporterà il Paese a un sistema parlamentare, dopodiché il Paese andrà alle urne per eleggere un nuovo governo.
E le masse dovranno restare in strada per sei mesi per assicurarsi che questo governo ad interim mantenga le sue promesse? Solamente porre la domanda significa mostrare l’assurdità di questa proposta.
Peggio ancora, il BASL spiega che un tale governo dovrebbe anche essere incaricato di chiedere aiuto al FMI e ad altri creditori imperialisti. La confusione sul significato di un salvataggio da parte del FMI è attualmente molto diffusa nel movimento, soprattutto per la mancanza di una chiara direzione socialista in grado di spiegare il vero carattere dell’imperialismo.
Il programma del BASL chiede addirittura un maggiore coinvolgimento delle camere di commercio nel processo parlamentare, cioè dei rappresentanti diretti della stessa classe capitalista che ha portato lo Sri Lanka in una situazione così catastrofica!
Per un’organizzazione che gode di prestigio nel movimento presentare un simile programma è manna dal cielo per la classe dominante.
Quali prospettive?
Dopo gli scontri del 9 maggio, gli elementi più moderati sono stati lasciati in uno stato di shock. Hanno continuato a nutrire l’utopica speranza che il movimento possa avere successo in modo del tutto pacifico attraverso canali puramente legali.
Nel frattempo, secondo le ultime informazioni, Gota ha tentato di attuare le proposte del BASL, nominando Ranil Wickremesinghe – l’unico deputato dell’UNP, un partito di destra – come Primo Ministro.
Ma non è affatto chiaro se queste misure riusciranno a disinnescare il movimento.
In primo luogo, l’obiettivo principale del movimento non è ancora stato raggiunto: Gota rimane al potere! In secondo luogo, non è detto che i partiti in parlamento riescano a trovare un accordo! Secondo le ultime informazioni, sia l’SJB (Samagi Jana Balawegaya, “potere del popolo unito”, formazione di destra all’opposizione) che il JVP (Janatha Vimukthi Peramuna, Fronte di liberazione del popolo, partito di ispirazione maoista) hanno dichiarato che non entreranno a far parte di questo governo. Non si tratterà di un passo verso l'”unità nazionale”, ma di un governo di crisi continua.
Infine, l’opposizione è odiata quanto il partito al potere. È improbabile che le masse vengano placate da un simile rimpasto al vertice, anche se l’opposizione può essere coinvolta. Lunedì, è da notare che il leader dell’SJB Sajith Premadasa è stato cacciato sotto una raffica di calci e insulti quando ha cercato di visitare il “Gota Go Gama”.
È chiaro che il BASL, nonostante la sua autorità, non parla a nome dell’intero movimento e avrà estrema difficoltà a fare accettare un simile compromesso. Tra gli avvocati più radicali hanno iniziato a levarsi voci di dissenso contro il tentativo di svendita. L’Associazione dei giovani avvocati, ad esempio, ha chiesto al BASL di includere almeno le dimissioni di Gota tra le sue richieste e di rifiutare il salvataggio del FMI.
Ma sia che il movimento continui ad avanzare, sia che si entri in un temporaneo riflusso a causa della confusione seminata da alcuni leader della classe media spaventati, è chiaro che è stato raggiunto un punto di svolta. La prima prova seria del movimento ha messo a nudo le sue debolezze: la mancanza di programma e di organizzazione e l’inadeguatezza dei suoi “leader” autoproclamati.
E se un nuovo governo dovesse aprire la strada a un salvataggio da parte del FMI, le masse riceveranno un’altra amara lezione sulla reale natura della medicina degli imperialisti.
È tempo che gli elementi più coscienti e rivoluzionari del movimento imparino la lezione e si preparino alla prossima grande prova. La lezione è principalmente questa: il compito più urgente è la formazione di un partito rivoluzionario con un chiaro programma socialista. Nella situazione attuale, tale partito crescerebbe rapidamente man mano che le sue previsioni venissero confermate dagli eventi e man mano che le masse imparassero da sole l’impossibilità di risolvere i loro problemi su base capitalista. A sua volta, un partito rivoluzionario spazzerebbe via la confusione che attualmente regna nel movimento e aprirebbe la strada alla lotta per il potere della classe operaia dello Sri Lanka.