Il mese scorso il presidente francese Emmanuel Macron, durante una riunione del governo, con fare grave ha annunciato che la guerra in Ucraina e il cambiamento climatico hanno segnato la fine di un’“era dell’abbondanza”. Un momento, monsieur: ma questa “era dell’abbondanza” quando sarebbe cominciata? Ce la siamo persa senza nemmeno accorgercene?
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In realtà quest’era è esistita solo per i ricchi. I miliardi persi nelle svendite al ribasso della scorsa settimana (la reazione del mercato ai numeri dell’inflazione negli USA più alti del previsto) potranno aver fatto brontolare i grandi miliardari come Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, ma gli restano molti altri miliardi da perdere. Per la maggior parte delle persone, la crisi del carovita è un disastro. Per molti è una questione di vita o di morte.
Come sempre esistono una realtà che vale per le élite facoltose, e un’altra realtà per tutti noi altri.
Tempi duri: per qualcuno
Il vero obiettivo delle parole di Macron consisteva nel preparare le masse francesi a tempi ancora più duri. Nonostante un tetto del 4% sui prezzi del carburante a partire da luglio, la crisi energetica saranno deleterie per le famiglie francesi. Tra le opzioni sul tavolo per affrontare il prossimo inverno c’è anche il ricorso ai blackout forzati. Questo, ha spiegato Macron, è il costo inevitabile del sostegno europeo all’Ucraina nella guerra per procura a direzione NATO contro la Russia: “il prezzo da pagare per la libertà”.
La verità è che una minoranza parassitaria è libera di fare soldi mentre i lavoratori pagano il conto. I dividendi distribuiti dalle principali aziende francesi hanno raggiunto il record di 44miliardi di euro nel secondo trimestre del 2022, un aumento del 33% rispetto all’anno scorso, per effetto dei profitti record registrati nel 2021, dopo la ripresa post-COVID.
Per di più, marchi francesi come LVMH, L’Oréal, Kering e Hermès sono in prima linea nelle proiezioni di crescita annua del 3,7% nel mercato globale dei beni di lusso per i prossimi cinque anni, da 349,1 miliardi del 2022 a 419 miliardi di dollari. Mentre i ricchi spendono e spandono in borse firmate made in France, i lavoratori francesi comuni devono lottare per arrivare a fine mese, con i loro redditi strozzati dall’inflazione e il tasso di disoccupazione sempre più vicino a un inquietante 7,4%. Il governo Macron, il governo dei ricchi, è totalmente fuori dalla realtà, tanto per cambiare.
La situazione è ben sintetizzata dalle parole di Anne Lauseig, 50 anni, assistente sanitaria di Bordeaux: “Tra noi c’è chi può a malapena permettersi la benzina per andare a lavoro. C’è chi va ai banchi alimentari o dorme in auto perché non può permettersi l’affitto. Io aspetto sempre che il frigo sia vuoto prima di comprare del cibo. Non sono sicura che il governo si renda conto della rabbia e del senso di ingiustizia covati dalla gente”.
Lo stesso sta avvenendo in tutto il resto del mondo. E non è la prima volta.
Durante la pandemia da COVID-19, il tormentone della classe dominante era “siamo tutti sulla stessa barca”. In realtà i lavoratori e le classi povere hanno dovuto sobbarcarsi il virus, la precarietà e i decessi, mentre i ricchi se ne stavano comodi nelle loro ville con l’aria condizionata. I capitalisti del settore farmaceutico e tecnologico hanno guadagnato una fortuna, mentre i lavoratori hanno campato sugli aiuti di Stato durante i lockdown obbligatori. Abbiamo anche dovuto assistere allo spettacolo surreale di tycoon come Elon Musk e Richard Branson impegnati a viaggiare nello spazio con i loro shuttle privati mentre miliardi di persone erano segregate in casa.
Oggi la cosiddetta crisi del carovita sta privando la gente comune dei beni di prima necessità, mentre i ricchi restano non solo protetti dalle cadute, ma in certi casi si stanno pure arricchendo più di prima.
Miliardari e reali
La Gran Bretagna sta attraversando una crisi di particolare gravità, con costi dell’energia ormai esorbitanti e uno dei livelli complessivi di inflazione più alti dell’Europa occidentale, attorno al 10%. Ma il peso non è ripartito in modo equo.
Le famiglie più povere spendono una proporzione maggiore del proprio reddito in energia e generi alimentari, i cui prezzi si stanno impennando, a fronte di una diminuzione dei bonus concessi dallo Stato. Chi guadagna di più “scende” automaticamente verso alternative più economiche, ma ai poveri resta ben poca scelta oltre a spegnere il riscaldamento o andare alle mense dei poveri se il costo dei beni di prima necessità eccede le loro possibilità di spesa. Nel complesso, il tasso d’inflazione per il decimo più povero delle famiglie britanniche è più alto di 1,5 punti percentuali rispetto al decimo più ricco: il divario più ampio registrato da 16 anni.
Nel frattempo il numero dei miliardari britannici è aumentato rispetto al 2012, e la loro ricchezza messa insieme è aumentata a dismisura più o meno nella stessa proporzione dell’inflazione generale (9,4%), raggiungendo 653 miliardi di sterline
E le buone notizie per i super-ricchi non finiscono qui! La neo-prima ministra Liz Truss ha fatto il suo ingresso in scena con un programma “pro-mercato e anti-aiuti” inteso ad attirare il settore più reazionario della base di sostegno del Partito Conservatore e accontentare i suoi benefattori dalle grandi imprese. Fanno parte di questo programma la cancellazione degli aumenti previsti all’imposta sulle imprese e l’eliminazione del tetto massimo sui bonus dei banchieri, introdotto dopo la recessione del 2008.
Il taglio in programma ai contributi alla previdenza sociale, presentato come un sospiro di sollievo per la popolazione in generale, dovrebbe far risparmiare 59 sterline all’anno a un lavoratore a tempo pieno a salario minimo, mentre per chi guadagna 100mila sterline il risparmio sarebbe di oltre mille di sterline. Truss ha definito “giusta” questa differenza… in quanto i ricchi pagherebbero più tasse (il che è falso).
Questa politica lungimirante sarà di ben poca consolazione per i lavoratori e i poveri, sottoposti al peggiore attacco complessivo contro il tenore di vita https://www.mirror.co.uk/news/politics/three-million-more-people-set-27878356" style="box-sizing: border-box; background-color: transparent; color: rgb(252, 141, 141); text-decoration: none; transition: all 0.2s ease 0s;">degli ultimi 100 anni. La crescita degli stipendi reali che si era avuta dal 2003 è stata spazzata via, e il numero delle famiglie in povertà assoluta potrebbe aumentare da 11 a 14 milioni.
Intendiamoci: la vita delle persone sta già venendo distrutta. Un rapporto da un ufficio di Bolton del Citizens’ Advice Bureau (Centro d’ascolto per i cittadini – CAB) riferisce di residenti in preda al panico che cercano chi possa assisterli per capire come gestire i costi in aumento. “Mangio un giorno sì e uno no”, ha detto una donna, che salta i pasti per dare da mangiare al suo figlio quattordicenne. Un’altra, che sopravvive grazie ai sussidi statali dopo che un ictus ha lasciato il marito a casa dal lavoro, ha esclamato agitando alcune bollette scadute: “Mio figlio si arrabbia quando vede il mio debito. Vuole essere come i suoi amici… siamo tutti in difficoltà”.
Gli impiegati comunali, esasperati, hanno ben pochi consigli da offrire. Gemma Walsh, direttrice del CAB, ha detto che vede persone entrare nel suo ufficio circondate dai propri effetti personali dopo aver perso la casa. “Mi trovo costretta a dirgli che [il consiglio] non potrà aiutarli… che devono cercarsi una tenda. Gli diciamo di restare qui dopo la chiusura perché fa caldo ma loro se ne vanno”.
Non potrà che andare sempre peggio. Alla classe lavoratrice britannica si prospetta un Natale davvero poco festoso: il numero di chi fa domanda per un sussidio, frequenta i banchi alimentari o vive in case al freddo ha raggiunto cifre da record.
La diseguaglianza sta raggiungendo livelli mostruosi. Il Financial Times ha recentemente scritto che i britannici con i redditi più alti sono i quinti più ricchi al mondo, e fanno comodamente parte dell’élite globale. I più poveri, invece, sono al quindicesimo posto, con un tenore di vita peggiore per il 20% rispetto alle famiglie a basso reddito in Slovenia, paese con un PIL 50 volte più basso rispetto a quello del Regno Unito.
Anziché offrire delle soluzioni, la classe dominante e i dirigenti di destra del Partito Laburista si sono uniti al rivoltante circo del “lutto nazionale” per la regina Elisabetta II, recentemente scomparsa: una donna che ha trascorso tutta la sua vita nell’opulenza, a spese dei fondi pubblici. Viene da chiedersi quante donne anziane appartenenti alla classe lavoratrice dovranno morire in appartamenti freddi e fatiscenti quest’inverno senza alcuna pompa magna.
Il sistema capitalista e la sua stampa prezzolata hanno versato fiumi d’inchiostro per presentare la regina Elisabetta come una sovrana “terra terra”, amata dalla gente comune. Ma la vita del volgo dovrà essere sospesa durante i funerali, onde assicurarsi che noi tutti avremo modo di porgerle il dovuto tributo. Volevate sposarvi? Che sfortuna! Dovevate seppellire vostra nonna? Mi dispiace! Visita in ospedale? Che peccato! Persino alcuni banchi alimentari hanno detto che dovranno chiudere i battenti mentre a Sua Maestà viene conferita degna sepoltura.
Il costo del funerale di Stato per la regina, quantificato su 5-10 milioni di sterline, sarà naturalmente pagato con denaro pubblico, anche se potrebbe benissimo essere corrisposto dal patrimonio della famiglia reale, che ammonta a 28 miliardi di sterline, e non solo! A re Carlo III, appena incoronato, è stata riconosciuta una tassa di successione pari allo 0% per la sua eredità di 500 milioni di sterline, risparmiandogli altri 200 milioni con i quali avrebbe potuto benissimo coprire le spese per il funerale di sua madre, oltre ad aprire un bel po’ di nuove scuole ed ospedali. Nonostante la fortuna che ha ereditato, uno dei primi atti di Sua Maestà è stato notificare a 100 membri del suo staff personale il loro licenziamento.
Questa abitudine disgustosa di usare due pesi e due misure, in aggiunta alle sprezzanti esibizioni del privilegio, hanno degli effetti. Questi ultimi si possono vedere, per esempio, nell’ondata di indignazione sui social media, in netto contrasto con il clima di “unità nazionale” alimentato dalla stampa mainstream e dalla coda chilometrica per fare visita alla bara della regina.
Un utente di Twitter ha ben espresso il clima che sta crescendo in un settore del pubblic]: “Nel bel mezzo di una crisi del carovita questi stanno spendendo milioni dei nostri soldi per il funerale della regina, quando suo figlio erediterà milioni senza pagare nessuna tassa di successione. Fa schifo”.
Fare profitti
Sull’altra sponda dell’Atlantico, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sta festeggiando il suo pacchetto di spesa “anti-inflazione”, con l’obiettivo di alleggerire la pressione sui lavoratori americani. Finora però queste misure si stanno dimostrando fallimentari: l’inflazione, all’8,3%, è oltre le previsioni, e si sta mangiando i salari.
Mentre la classe dominante si lamenta che aumentare i salari per compensare l’inflazione creerà una “spirale prezzi-salari” che finirà per aggravarla, i profitti aziendali negli USA sono cresciuti del 9,1% nel secondo trimestre del 2022, raggiungendo il record di 2,6 migliaia di miliardi di dollari . Quella che vediamo in realtà è una spirale “profitti-povertà”, nella quale una piccola minoranza incamera vaste ricchezze, mentre milioni di famiglie si trovano alle prese con condizioni sempre più intollerabili nel Paese più ricco sulla faccia della Terra: al punto che un bambino americano su sei soffre di malnutrizione.
Il governo degli USA ha recentemente approvato un’altra tranche di 2,2 miliardi di dollari per continuare la sua guerra di procura contro la Russia in Ucraina. Nel frattempo centinaia di migliaia di persone (in misura sproporzionata membri della classe lavoratrice e neri) a Jackson, Mississippi si trovano attualmente costretti a mettersi in fila per ore ai centri di distribuzione dell’acqua, dopo essersi ritrovati l’acqua di rubinetto marrone e non potabile a seguito di un’alluvione presso un centro di trattamento idrico. Alcuni residenti non avevano nemmeno la pressione dell’acqua necessaria per lo sciacquone.
Jackson non è l’eccezione alla regola. Sui social media abbondano le immagini di grandi città come Detroit, Cleveland e Philadelphia che letteralmente marciscono nella povertà, con infrastrutture a pezzi e senzatetto. Intanto però continuano ad accumularsi i profitti aziendali, e la classe dominante statunitense sembra sempre trovare i soldi per finanziare le sue avventure imperialiste all’estero.
Se le cose vanno male nei Paesi capitalisti avanzati, vanno ancora peggio nelle nazioni più povere, messe in ginocchio dalla pandemia da COVID-19, dalle scarsità di carburante e generi alimentari, e dai crescenti costi del debito in dollari. Tutto ciò anticipa una catastrofe sociale per miliardi di persone. Un rapporto sulla sicurezza alimentare del 2022, per esempio, ha rilevato che il costo di una dieta sana in India, circa 3 dollari al giorno, è inabbordabile per più del 70% della popolazione, cioè 973 milioni di persone. Ma le masse affamate possono andare fiere del fatto che, per la prima volta nella storia, tra le tre persone più ricche della Terra si trova un indiano! Gautam Adanj ha superato il magnate dei beni di lusso Bernard Arnault, aggiungendo al proprio patrimonio ulteriori 60,9 miliardi di dollari [l], portandosi appena dietro a Jeff Bezos ed Elon Musk a 137miliardi di dollari.
E qual è la fonte della ricchezza di Adani? Il suo conglomerato, il gruppo Adani, si è impossessato di una serie di contratti infrastrutturali, energetici e relativi ai media, con l’aiuto delle politiche reazionarie di privatizzazioni del primo ministro Narendra Modi. Grazie a questo le azioni di Adani sono raddoppiate nel 2022. Quest’ultimo sta ora cercando di fagocitare fette dell’industria alimentare indiana: un investimento assai appetitoso, vista la suddetta impennata dei prezzi dei generi alimentari che sta affamando i suoi compatrioti.
Povertà ad un polo, abbondanza all’altro
Marx ha spiegato che il capitalismo genera un’accumulazione di immense ricchezze ad un polo, e di insostenibile povertà all’altro. L’era dell’abbondanza non è mai finita per la classe dominante, mentre per la classe lavoratrice si prospetta un immiserimento sempre più netto con l’approfondirsi della crisi del capitalismo.
C’è abbastanza ricchezza nella società per risolvere tutti i problemi che affliggono la classe lavoratrice. Il problema è che il grosso di questa ricchezza è nelle grinfie dei profittatori privati, sempre più arroganti, degenerati e privi di contatto con la realtà. Dopo i terribili sacrifici fatti negli ultimi anni, le masse stanno cominciando a rendersene conto.
Non ci sarà nessuna abbondanza per la maggioranza della popolazione finché questo sistema non viene rovesciato e sostituito con il socialismo. Nelle prossime settimane dimostreremo che in tutte le sfere della vita – dall’energia alle abitazioni, dalla fame al tenore di vita – non siamo sulla stessa barca. Al contrario: ci siamo noi e ci sono loro.