La scorsa settimana, il governo cinese ha drasticamente ridotto i diritti democratici dei cittadini di Hong Kong imponendo sul territorio una nuova “Legge sulla sicurezza nazionale”. In un modo o nell’altro, il regime cerca disperatamente di porre fine al modello “Un Paese, due Sistemi” e ottenere su Hong Kong e sulla sua popolazione lo stesso controllo che Pechino esercita sul paese nel suo insieme.
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Il movimento a Hong Kong non è tollerabile per la Cina, non solo perché fornisce uno sbocco e un potenziale catalizzatore per le lotte nella Cina continentale contro Pechino, ma anche perché è diventato una punto d’appoggio per l’imperialismo statunitense, un’arma nelle sue macchinazioni contro la Cina, che muovendosi per colmare questa debolezza, ha ovviamente dato agli Stati Uniti e al Regno Unito una scusa per attaccarla ancora una volta. Mercoledì 1 luglio gli Stati Uniti hanno approvato un disegno di legge che attacca la Cina e impone sanzioni a determinati funzionari del Partito comunista cinese (PCC) e alle banche che intrattengono rapporti commerciali con società o individui che gli Stati Uniti ritengono colpevoli.
Nancy Pelosi ha dichiarato compiaciuta che “Tutte le persone amanti della libertà devono condannare questa legge orribile [su Hong Kong]” imposta dalla Cina. Boris Johnson e Dominic Raab hanno detto la stessa cosa e hanno improvvisamente scoperto i vantaggi dell’immigrazione e della concessione dell’asilo politico, aprendo i confini del Regno Unito a 3 milioni di abitanti di Hong Kong.
Vediamo di essere assolutamente chiari: gli Stati Uniti e il Regno Unito non hanno assolutamente alcun diritto di tenere lezioni su democrazia e libertà. La storia di questi due potenze imperialiste è la più sanguinosa del mondo. I commenti che giungono dal Regno Unito sono particolarmente ipocriti, dal momento che Londra ha governato il territorio come una colonia senza diritti democratici per decenni. Ad esempio, il “decreto sui reati penali” era una legge approvata dagli inglesi nel 1971, che consentiva la detenzione di chiunque compisse qualsiasi azione contro il governo, senza necessità di fornire alcuna prova.
La nuova Legge sulla sicurezza nazionale è un tentativo chiaro di eliminare il diritto dei cittadini Hong Kong, o di coloro che vivono lì, di organizzarsi in qualsiasi modo contro lo stato cinese, o potere tutelare da quest’ultimo. Il fatto che abbia dovuto essere approvato dal Congresso Nazionale del Popolo a Pechino, o meglio dal suo Comitato permanente, e poi imposto a Hong Kong durante una pandemia, dimostra eloquentemente la realtà. In effetti, la maggior parte dei legislatori di Hong Kong deve ancora vedere il testo, incluso, incredibilmente, il ‘”capo dell’esecutivo” Carrie Lam.
La nuova legge vieta la “sedizione”, la “collusione con forze straniere” e la “sovversione del governo”, ora punibili fino all’ergastolo. Le persone accusate di questi reati saranno processate nella Cina continentale. Pechino ha la tanto agognata possibilità di estradare da Hong Kong chiunque desideri, solo in una forma molto più forte di quanto originariamente previsto dalla legge di estradizione del 2019 che ha scatenato il movimento lo scorso anno. Ad esempio, nell’ambito di questi ampi poteri, una nuova agenzia della Cina continentale sarà installata a Hong Kong, con personale cinese:
“L’ufficio valuterà gli sviluppi della sicurezza nazionale della città e formulerà proposte sulle principali strategie e politiche. Ha anche il compito di raccogliere e analizzare le informazioni dell’intelligence, nonché di gestire i casi riguardanti la sicurezza nazionale … [Il suo] personale dovrà osservare le leggi locali ma non sarà sotto la giurisdizione di Hong Kong mentre svolgerà i propri compiti.” (South China Morning Post, 2/7/2020)
Lezioni dure e dolorose
Negli articoli in cui analizzavamo il movimento di massa del 2019, avevamo messo in guardia sul fatto che, se il movimento non avesse avanzato richieste chiare e con un contenuto di classe, e non avesse fatto appello ai lavoratori della Cina continentale, sarebbe stato condannato alla sconfitta. Un movimento può mantenere le masse in piazza solo per un certo periodo di tempo se non ha alcuna strategia, prospettiva o organizzazione chiare. Naturalmente, nessuno avrebbe potuto prevedere la pandemia COVID-19 e il successivo lockdown, che Pechino ha usato per accelerare la legge e la conseguente repressione, ma pandemia o no, il movimento alla fine sarebbe finito.
In questi articoli, avevamo sottolineato che quando il movimento si fosse effettivamente entrato in riflusso, Pechino avrebbe utilizzato questa opportunità per procedere agli arresti di attivisti chiave e terrorizzare la popolazione per sottometterla. Questo è esattamente quello che stanno facendo ora. A seguito dell’approvazione della legge, hanno avuto luogo alcune proteste, molto più piccole rispetto a quelle della scorsa estate. Essendo piccole, sono state facili da reprimere; 370 manifestanti sono stati arrestati, 10 dei quali per violazione della nuova legge che è già in vigore. Gli attivisti più importanti del movimento dello scorso anno (ovviamente non c’erano leader ufficiali), Joshua Wong, Nathan Law, Agnes Chow e Jeffrey Ngo, hanno annunciato non saranno più attivi in politica e che il partito che hanno fondato nel 2014 dal “movimento degli ombrelli” si scioglierà.
Questo è molto indicativo. La nuova legge rappresenta un grave attacco ai diritti dei cittadini di Hong Kong, che vengono seriamente limitati. Le migliaia di giovani che hanno lottato valorosamente, nonostante i loro dirigenti liberali e pro-capitalisti, sono ora in grave pericolo.
Sfortunatamente, il modo scellerato in cui i questo leader hanno portato avanti il movimento, rifiutando di organizzarlo correttamente, rifiutando di collegarlo alla classe operaia e alle esigenze sociali, non volendo utilizzare l’arma dello sciopero e facendo invece appelli reazionari a Donald Trump: tutti questi errori hanno condannato il movimento e hanno lasciato i giovani estremamente vulnerabili di fronte alla repressione.
La nuova legge rende anche i lavoratori della Cina continentale più vulnerabili. Per decenni, i leader sindacali sono fuggiti ad Hong Kong per sfuggire alle persecuzioni e la città è diventata il centro dove si organizzava la solidarietà con i lavoratori in sciopero nella Cina continentale. La nuova legge rende facile per Pechino affermare che questi attivisti stanno finanziando il terrorismo o la sovversione, ed estradarle per subire un processo o farle scomparire.
Una delle lezioni chiave del movimento degli ultimi 12 mesi è che i governi imperialisti in Occidente non sono amici ma piuttosto nemici nella lotta per i diritti democratici a Hong Kong.
Trump e Boris Johnson possono sbraitare quanto vogliono, e in effetti tutto ciò sarà utile per promuovere la loro guerra commerciale con la Cina. Ma non è possibile che qualcosa possa cambiare per i lavoratori di Hong Kong (e non è nemmeno la loro intenzione). La diplomazia
borghese non è mai interessata alla libertà e ai valori universali, ma ai propri interessi duri e crudi. Il peso economico della Cina è tale da trascinare altri paesi e i loro interessi nella sua orbita. Ecco perché i leader dei paesi musulmani non dicono nulla della brutale oppressione dei musulmani uiguri dello Xinjiang. L’amore di questi politici per il denaro supera ogni volta la pietà. Lungi dal fornire un rifugio sicuro agli abitanti Hong Kong, molti paesi che li ospitano permetteranno che siano estradati in Cina per continuare a fare buoni affari con essa.
I lavoratori e i giovani di Hong Kong hanno imparato una lezione molto dolorosa e dura. Devono trarre la conclusione che l’unica via per la libertà attraversa la Cina. Vale a dire, l’unica forza che può aiutarli a sconfiggere il regime autoritario capitalista a Pechino è la classe lavoratrice continentale. !
Avanti fino alla rivoluzione cinese!