Le misure draconiane del governo Modi riguardanti il Kashmir hanno provocato ripercussioni in tutta la regione. Il 5 agosto, con un decreto presidenziale è stato revocato dopo più di settant’anni lo statuto speciale allo stato di Jammu e Kashmir, conteso con il Pakistan. Anche l’autonomia costituzionale è stato improvvisamente revocata senza alcun passaggio democratico.
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L’autonomia costituzionale, indicata dagli Articoli 370 e 35A della Costituzione indiana, è stato abrogato dal decreto presidenziale senza alcuna discussione in seno al parlamento indiano. Inoltre, un nuovo disegno di legge è stato presentato e approvato in un solo giorno dal parlamento per quanto riguarda la separazione dello stato, dividendolo in due parti: Jammu-Kashmir e Ladakh. Secondo il nuovo accordo, queste due aree non hanno lo status di Stato separato all’interno della Federazione indiana, ma sono state relegate a “Territori dell’Unione”, il che significa che sono sotto il diretto controllo del governo centrale di Nuova Delhi.
Le misure imperialiste di Modi non solo hanno calpestato i diritti fondamentali di 13 milioni di persone che vivono in questo stato, ma hanno anche messo alla luce il vero carattere della tanto decantata democrazia indiana e della sua costituzione, e avrà ripercussioni nei confronti di tutti i popoli oppressi che vivono in India. Inoltre, ha anche messo a repentaglio la stabilità dell’intera regione e ha aperto la strada non solo a un’altra guerra imperialista con il Pakistan per il Kashmir, ma anche ulteriore repressione e bagni di sangue che verranno portati avanti dalle classi dominanti di India, Pakistan e di altri paesi dell’Asia meridionale e che andranno a colpire le nazionalità oppresse in tutta la regione. Ciò darà sicuramente luogo a enormi movimenti di massa delle nazionalità oppresse, in particolare di quelle del Kashmir, che supereranno le divisioni e che fornirebbe loro un’enorme solidarietà da parte della classe operaia sia dell’India che del Pakistan. Una risposta adeguata della classe operaia di questi paesi, che arrivi a uno sciopero generale, potrebbe alla fine portare al rovesciamento, non solo del regime di Modi in India e del regime repressivo di Imran Khan in Pakistan, ma sfiderà anche gli apparati statali draconiani che opprimono centinaia di milioni di persone in tutta l’Asia meridionale.
Lo stato indiano di Jammu-Kashmir era già l’area più pesantemente militarizzata sulla terra, con la presenza di mezzo milione di personale armato. Ma proprio per far rispettare queste misure draconiane, nei giorni precedenti a questa azione sono state schierate in gran numero nuove forze di sicurezza e l’intero stato era completamente bloccato. Tutti i turisti, i pellegrini indù e gli operai che venivano da fuori sono stati costretti a partire subito con un brevissimo preavviso. Successivamente, è stato imposto un coprifuoco rigoroso in tutto lo stato: tutte le linee telefoniche, compresi i telefoni fissi, sono state tagliate, Internet è stata bloccata, più di 300 leader politici sono stati arrestati e ogni tipo di manifestazione è stata proibita. Dopo una settimana, queste misure continuano ancora e l’intera popolazione sta affrontando una grave carenza di beni di prima necessità. I pazienti soffrono mentre il cibo sta iniziando a scarseggiare per la maggioranza della popolazione. Queste misure sono continuate anche durante le vacanze per la fine del Ramadan, lasciando migliaia di studenti e lavoratori del Kashmir che vivono fuori dallo stato, impossibilitati a tornare a casa o contattare le proprie famiglie.
Secondo alcuni resoconti, le proteste e le manifestazioni sono già iniziate nonostante il pesante blocco e le persone stanno uscendo per le strade contro queste misure draconiane, affrontando gas lacrimogeni, pistole a pallini e proiettili da parte delle forze di sicurezza. Il movimento di massa per la libertà, scoppiato tre anni fa, continua ancora con pieno vigore e lo stato indiano non è stato in grado di schiacciarlo nonostante abbia usato ogni tipo di pesante repressione, omicidi e manovre politiche. Ma questa nuova misura non solo porterà strati più ampi della società ad aderire al movimento, ma lo radicalizzerà a un livello superiore. Prima, il movimento era generalmente limitato alla Valle e non poteva diffondersi nelle aree a maggioranza indù di Jammu, né nelle aree a maggioranza buddista del Ladakh. Ma proteste si sono già innescate nel Ladakh, dove la popolazione mette in discussione queste misure repressive, nonostante il pesante blocco. Anche a Jammu il sentimento è contrario alla decisione che ha sottratto i diritti fondamentali delle persone che vivono lì. Anche i sostenitori del BJP di Modi a Jammu sono in uno stato di completo shock.
Fuori dallo stato, la popolazione del Kashmir stanno ricevendo un enorme sostegno da parte dei partiti della sinistra e degli studenti in tutta l’India. Ci sono state numerose proteste contro la decisione di Modi. I partiti comunisti hanno condannato con fermezza questa misura e hanno protestato in molte città. Ci sono state grandi proteste da parte degli studenti in molte università di tutto il paese, fortemente contrarie a questa misura, specialmente nel Punjab indiano. Anche il partito del Congresso ha condannato questo passaggio, ma con molta timidezza. Una forte condanna è arrivata anche da tutti i laici e i liberali che si oppongono a Modi, sebbene la loro contrarietà si basi sull’umiliazione inflitta alla Costituzione e sono preoccupati per il futuro dello stato indiano, le cui basi vengono scosse da questo passaggio. Per lo più, sono preoccupati per la difficile situazione di altre nazionalità e stati oppressi in cui stanno crescendo movimenti separatisti, principalmente nella parte orientale del paese. A loro modo di vedere, Modi schiaccerà questi movimenti nel prossimo periodo e applicherà il programma reazionario dell’ideologia nazionalista hindutva, promosso dall’organizzazione di quadri fascista dell’RSS, promotrice del BJP. I liberali vogliono che Modi sostenga lo spirito della costituzione laica dell’India e rispetti le leggi e i regolamenti sanciti nella Costituzione e protetti dalla magistratura indiana. La posizione dei partiti comunisti non è diversa e stanno anche cercando di difendere le tradizioni laiche dell’India e di salvare la Costituzione dalla completa demolizione.
Dopo aver preso questa decisione, Modi ha tenuto un discorso nel quale ha ripagato i liberali della stessa moneta. Nel suo discorso, ha attaccato l’incapacità dei liberali e dei governi precedenti di sviluppare il Kashmir, mantenendolo così arretrato. In una pura dimostrazione di beffa e inganno, Modi si è presentato come il salvatore dei diritti delle donne, dei diritti del lavoro, dei diritti delle minoranze e di altri diritti democratici in Jammu e Kashmir e ha annunciato un’era di sviluppo e prosperità per la regione. Ha sostenuti che avrebbe portato la moderna industria in Kashmir, cosa impossibile senza questi passaggi e che avrebbe posto fine alla difficile situazione delle persone che vivono lì. Parlando nelle vesti di un riformatore borghese, ha cercato di convincere l’intero paese che questo passo metterà fine al terrorismo e allo spargimento di sangue in Kashmir.
Tuttavia, la situazione reale è l’opposto. Modi, con questa decisione, ha scatenato un periodo di instabilità nell’intera regione dell’Asia meridionale che potrebbe portare a guerre, guerre civili, spargimenti di sangue, attacchi terroristici e molto altro. Questa decisione, che rappresenta una svolta storica per l’intera regione, non solo farà crescere la repressione statale, l’oppressione delle nazionalità e delle minoranze e gli attacchi alla classe lavoratrice da entrambe le parti del Kashmir, ma darà anche un grande slancio alla resistenza contro questi attacchi e porterà a movimenti di massa contro tutti i regimi oppressivi. Una situazione completamente nuova è emersa sulla scena, sia strategicamente che politicamente ed avrà implicazioni sia rivoluzionarie che controrivoluzionarie.
In effetti, questo passo estremo da parte della classe dominante indiana ha completamente messo in luce la loro impotenza nel risolvere la questione nazionale con altri mezzi. L’eroico movimento delle masse del Kashmir ha costretto questi governanti a rischiare di mettere a repentaglio l’intero apparato statale per schiacciare questa rivolta rivoluzionaria. Il movimento continua da tre decenni, con flussi e riflussi, sfidando i poteri più forti. Attraverso il sacrificio di migliaia di martiri ha sviluppato la sua influenza in lungo e in largo. Sia l’India che il Pakistan hanno cercato di schiacciare questo movimento ciascuno a modo loro e hanno cercato di usare il sangue dei martiri per perpetuare il loro dominio. L’India ha usato il peggior tipo di repressione e tortura nel corso degli anni per sottomettere il popolo del Kashmir alla schiavitù ma ha miseramente fallito più e più volte. Il recente movimento, iniziato tre anni fa, è continuato senza sosta nonostante la presenza di oltre 500.000 persone armate nel Kashmir e con minacce di guerra. Il Pakistan ha cercato di far deragliare questo movimento usando il fondamentalismo religioso e il terrorismo. Questi metodi hanno anche fornito allo stato indiano la scusa per una maggiore repressione e per isolare il Kashmir dal resto del paese etichettando tutti gli abitanti del Kashmir come terroristi. Negli anni ’90, questa strategia di entrambi gli stati ha avuto un discreto successo, ma il recente movimento ha respinto l’intervento dello Stato pakistano e sta combattendo il metodo del terrorismo individuale usato da poche decine di giovani locali radicalizzati.
Il recente movimento spontaneo, guidato principalmente da adolescenti, ha anche messo in mostra il marciume e il carattere obsoleto di tutti i partiti politici del Kashmir. Da partiti filo-indiani come la National Conference (NC), il Partito democratico popolare, il partito del Congresso e altri, fino ai partiti filo-pakistani come Jamat e Islami e Hurriyat Conference, tutti sono stati completamente smascherati da questo movimento e non sono stati in grado di farne parte. Lo stato indiano ha tentato più volte di controllare questo movimento per l’indipendenza attraverso questi partiti e deragliarlo attraverso negoziati farseschi con i cosiddetti leader del Kashmir, ma non ha avuto successo. Tutti questi partiti politici e i loro leader erano così lontani dalla realtà che non hanno mai potuto prevedere la decisione di Modi di abrogare l’articolo 370 della Costituzione. Farooq Abdullah, il leader di NC e l’attuale capo della dinastia Abdullah, che ha governato questo stato negli ultimi sette decenni, con tre generazioni che sono state Primo ministro dello stato, non aveva alcun sentore della decisione di Modi il giorno prima che fosse applicata. Lui e il suo partito hanno tradito il movimento più volte e hanno collaborato con la classe dominante indiana nell’annientamento del popolo di Jammu e Kashmir. Nelle recenti elezioni della Lok Sabha (il Parlamento), tenutesi a maggio di quest’anno, c’è stato un completo boicottaggio delle elezioni nella valle come forma di protesta contro la repressione. Ma Farooq Abdullah non solo non ha contestato le elezioni, ma ha vinto nel suo seggio ereditario nella capitale Srinagar, con una vergognosa affluenza inferiore al 10%. Non è diversa la situazione del Mehbooba Mufti del PDP, che era stato capo del governo dello stato solo un anno fa, in coalizione con il BJP di Modi e aveva rapporti molto fraterni con lui. Anche altri partiti politici nell’Assemblea di stato del Kashmir hanno perso seguito e non sono stati in grado di controllare la rivolta di massa.
La decisione di Modi ha portato questi partiti filo-indiani alla morte, ma è stato il meraviglioso movimento delle masse a renderli inutili per la borghesia indiana e per lo stato. Dopo questa decisione, lo stato indiano sarà ancora meno in grado di riguadagnare qualsiasi controllo sulle masse. Non solo il desiderio di Modi di reprimere questo movimento attraverso misure oppressive fallirà, ma anche le manovre per separarlo dal resto del paese non saranno fruttuose, poiché questo movimento è legato ora più che mai al destino della classe operaia indiana.
La maggior parte degli analisti prevede un tentativo di cambiare la demografia dello stato come passo successivo di Modi seguendo l’esempio degli insediamenti israeliani in Palestina e l’immigrazione cinese Han sponsorizzata dallo stato nello Xinjiang. Con la rimozione dell’Articolo 35A dalla Costituzione, qualsiasi cittadino indiano può acquistare e vendere proprietà in Jammu e Kashmir, cosa che prima non era consentita a causa dello status speciale di questo stato nella costituzione indiana. Ciò ha aperto tutta una serie di discussioni reazionarie in India, dove i leader del BJP parlano pubblicamente della prospettiva che persone provenienti da altri stati sposino “ragazze del Kashmir dalla pelle chiara”. Ciò ha indignato anche molti indiani e c’è un’enorme ondata di condanna per queste osservazioni. Ma l’intera situazione si svilupperà su vasta scala nel prossimo periodo, poiché qualsiasi tentativo da parte dello stato indiano di cambiare la demografia della regione con coloni provenienti da parti diverse del paese e altre misure reazionarie verrà accolto con una feroce resistenza da parte delle masse del Kashmir e da tutta la classe lavoratrice indiana. Ciò finirà per collegare questo movimento rivoluzionario del Kashmir con il movimento della classe operaia indiana contro Modi e avrà conseguenze rivoluzionarie per l’intera regione.
La retorica pakistana del “Libertà per il popolo del Kashmir” viene messa a nudo
La situazione in Pakistan è molto più fragile che in India. Il Pakistan definisce il Kashmir come la sua parte integrante e finge sempre di sostenere il movimento delle masse del Kashmir nella zona occupata dagli indiani, sebbene anche le parti sotto il controllo pakistano, incluso il Gilgit Baltistan, siano oppresse e abbiano diritti limitati. La classe dominante pakistana ha sempre usato questo problema per giustificare lo sfruttamento e la sottomissione delle masse di tutto il paese. L’unica giustificazione per l’enorme apparato militare pakistano e le enormi risorse investite in armi nucleari in un paese povero e sottosviluppato è radicata nella questione del Kashmir e dell’inimicizia con l’India. Ma ora la decisione di Modi li ha messi in una posizione molto difficile. La destra in Pakistan sta chiedendo di attaccare l’India e garantire la libertà del Kashmir in questo momento storico, ma la classe dominante sta facendo del suo meglio per evitare qualsiasi conflitto, smascherando la sua assoluta debolezza. In effetti, la pretesa di sostenere la “liberazione del Kashmir” è radicata nelle fondamenta dello stato pakistano sin dal suo inizio 73 anni fa. Il Pakistan ha combattuto tre guerre con l’India su questo tema (nel 1948, 1965 e 1999) e anche la recente scaramuccia aerea con l’India nel febbraio di quest’anno riguardava questa questione. I piani di studio nelle scuole sono progettati per diffondere l’idea che un giorno il Kashmir otterrà la libertà e diventerà parte del Pakistan. I media di stato e altre istituzioni conducono una propaganda costante attorno a questa idea e in effetti è una parte importante dell’impianto ideologico che tiene insieme l’esercito e l’apparato di sicurezza. Tuttavia, quando sembra finalmente arrivato il tempo della liberazione, ciò che la gente vede è completa inazione e indecisione. La situazione potrebbe cambiare nei prossimi giorni e mesi, ma questa prima risposta sta rivelando la debolezza della classe dominante.
Imran Khan, il primo ministro del Pakistan, ha chiaramente affermato che a causa della grave crisi economica nel paese, il Pakistan non può permettersi di andare in guerra con l’India in questo momento. Inoltre, gli sforzi del governo per ottenere l’appoggio altri paesi non hanno dato i frutti sperati. C’è un completo isolamento del Pakistan a livello internazionale, principalmente a causa della mancanza di interesse da parte dell’imperialismo USA. Il Pakistan ha sempre servito gli interessi degli Stati Uniti nella regione ed è stato il loro alleato chiave dalla cosiddetta indipendenza nel 1947. Durante la guerra fredda, l’India era nel campo rivale, alleato con l’Unione Sovietica. Il Pakistan divenne un candidato ideale per gli imperialisti statunitensi, anche per contrastare l’influenza della Cina di Mao. Nella guerra imperialista imposta all’Afghanistan dal 2001, il Pakistan è stato di nuovo abbastanza utile agli interessi della classe dirigente americana. Ma ora stanno pianificando di abbandonare l’Afghanistan e di consegnarlo sfacciatamente ai talebani, mentre anche l’India ha sviluppato rapporti molto stretti con l’America. Il mercato indiano è 10 volte più grande di quello del Pakistan, la cui economia si sta crollando rapidamente. In queste circostanze, il ruolo del Pakistan nella regione è stato relegato a una posizione molto minore di quella che aveva goduto in precedenza. In effetti, la decisione di Modi riguardo al Kashmir riflette anche il nuovo equilibrio di forze nella regione, con la borghesia indiana che esprime la sua arroganza e superiorità grazie alla crescita economica degli ultimi anni, facilitata dalle politiche anti-operaie di Modi. Ma questo nuovo equilibrio di forze è piuttosto fragile, proprio come la bolla di crescita nell’economia indiana, che ora si sta dirigendo verso una crisi. Gli eventi burrascosi imminenti in tutta la regione sul piano economico, politico e strategico distruggeranno questo equilibrio e daranno luogo a nuovi sviluppi imprevisti.
Il Pakistan ha cercato di nascondere la sua debolezza strategica attraverso una maggiore dipendenza dalla Cina, ma ciò ha solo complicato la sua situazione e prolungato la sua agonia. La crisi economica è ora molto più profonda di quanto non fosse prima di chiedere aiuto alla Cina, mentre il Pakistan sta anche affrontando l’ira degli americani per i suoi stretti rapporti con l’imperialismo cinese loro rivale. L’economia debole e la crisi dello stato oppressivo hanno dato origine a molti altri movimenti di nazionalità oppresse, mentre la guerra incombente tra America e Iran è anche dannosa per la stabilità dello stato pakistano. Il Pakistan ha fatto del suo meglio per evitare di schierarsi nel conflitto tra Arabia Saudita e Iran, ma alla fine ha dovuto arrendersi all’Arabia Saudita. Ma in questo momento importante, i sauditi, insieme ad altri paesi islamici, non hanno dato alcun sostegno al Pakistan e il suo ministro degli Esteri sta solo ora, per la prima volta, sfogando pubblicamente la sua rabbia nei confronti dei paesi islamici “fratelli”. A peggiorare le cose, la Cina ha anche espresso preoccupazione per i nuovi impegni presi dal Pakistan nei confronti del FMI, in cui i prestiti cinesi sono stati pesantemente esaminati e hanno chiesto che vengano riviste le scadenze. Gli investimenti cinesi si sono esauriti da quando il nuovo governo di Imran Khan è entrato in carica lo scorso anno, così come il sostegno cinese contro l’India in questo momento cruciale.
Tutto ciò ha creato una crisi politica in Pakistan, in cui nessun partito nello spettro politico esistente, dall’estrema destra alla sinistra, ha una comprensione di tutta la situazione e quindi non può offrire alcuna soluzione. Questo è il motivo per cui hanno perso tutto il loro appoggio a livello delle circoscrizioni elettorali e non possono offrire alle masse una via d’uscita da questo abisso. L’impotenza da parte dello stato e dei partiti politici nell’affrontare la questione nazionale è ora messa ancora più a nudo, proprio nel momento in cui l’oppressione nazionale è in crescita in tutta la regione.
Negli ultimi quattro decenni, il Pakistan ha effettivamente utilizzato il fondamentalismo religioso come uno strumento importante per raggiungere i suoi obiettivi in Afghanistan e in Kashmir. Ma a causa della svolta della politica americana, con l’invasione dell’Afghanistan e le recenti pressioni da parte di istituzioni internazionali come il GAFI (l’organizzazione intergovernativa contro il riciclaggio di denaro), che minacciano di mettere le istituzioni finanziarie pakistane in una black list, questo strumento è diventato un ostacolo. Lo stato indiano sta ancora usando questa minaccia come strumento di propaganda contro il Pakistan dicendo che esiste la possibilità di un attacco terroristico in Kashmir. In effetti, un simile attacco aiuterebbe lo stato indiano a reprimere ulteriormente il movimento nel Kashmir e a isolarlo dalla classe operaia nel resto del paese. Analogamente, in Pakistan un simile attacco contribuirebbe a placare la pressione della destra dall’intraprendere dure azioni contro Modi. D’altra parte, il Pakistan non può permettersi le conseguenze di promuovere un azione del genere. Come Imran Khan ha apertamente confessato ai media, una tale politica presenterebbe più svantaggi che vantaggi. Ciò non solo isolerebbe ulteriormente il Pakistan a livello internazionale, ma potrebbe far calare la spada di Damocle rappresentata dalla lista nera del GAFI. In caso di lista nera, il Pakistan dovrà affrontare sanzioni economiche da tutto il mondo, proprio come la Corea del Nord e l’Iran. Un attacco terroristico potrebbe anche portare a una guerra su vasta scala tra due vicini armati nucleari. A febbraio, un attacco suicida a Pulwama, nel Kashmir occupato dall’India, ha provocato un attacco aereo dell’India all’interno del Pakistan in cui sono state sganciate bombe. In risposta, il Pakistan ha abbattuto un aereo da combattimento indiano, arrestando il pilota, dopo che questo si era catapultato fuori dall’aereo. L’incidente ha portato i due paesi sull’orlo della guerra e l’escalation è continuata per mesi. Ora, ancora una volta, è cominciata un’escalation sul confine e un enorme dispiegamento dell’esercito è in corso da entrambi i lati. Un piccolo incidente può provocare una guerra, sebbene la classe dominante del Pakistan stia facendo di tutto per evitarla.
Il Pakistan ha fatto anche appello a Trump perché intervenga in questa situazione, ma finora è stato insolitamente e significativamente silenzioso, il che significa che sta supportando Modi. Nell’incontro con Imran Khan alla Casa Bianca il mese scorso, Trump si è offerto di mediare tra India e Pakistan sulla questione del Kashmir. Il Pakistan ha accolto entusiasticamente questa offerta, che però è stata respinta dall’India in quanto si trattava di una questione bilaterale tra India e Pakistan e non era necessario alcun coinvolgimento di terzi. Molti in Pakistan criticano Imran Khan per aver svenduto il Kashmir durante il suo incontro con Trump. Ora il Pakistan sta ora cercando di approfondire questo problema nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma nessuno in Pakistan ha alcuna speranza in questo.
La Cina ha criticato l’India, ma solo sulla questione del Ladakh con cui condivide un confine. Sia la Cina che l’India fanno parte di numerosi forum, come i BRICS, la Shanghai Cooperation Organization e altri e hanno scambi commerciali reciproco che si avvicina a 100 miliardi di dollari all’ano. In una guerra commerciale in corso con Trump, la Cina non ha interesse ad aumentare le tensioni con l’India. La Cina ha sempre evidenziato la necessità di risolvere la questione e qualsiasi escalation in un conflitto danneggerebbe gravemente i suoi interessi. Uno dei motivi alla base di questo, sono i suoi ingenti investimenti in Pakistan nel quadro del corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), che parte dalla zona contesa di Gilgit Baltistan. Questo lascia il Pakistan con molte meno opzioni, o meglio, con una sola opzione rimasta: quella di accettarla come fatto compiuto.
Ma questo non sarà accettabile per le masse in Pakistan e in un modo o nell’altro si rivolteranno contro l’impotenza dello stato. La situazione nel Kashmir occupato dai pakistani (ufficialmente chiamato AJK) e in particolare nel Gilgit Baltistan è molto più instabile e si sta sviluppando un nuovo movimento. Ci sono già state molte proteste in AJK e le masse stanno cercando un modo per esprimere la loro solidarietà con i fratelli dall’altra parte del confine in questi tempi difficili. Anche i partiti politici qui sono stati già smascherati e negli ultimi anni tutti i partiti filo-pakistani hanno perso il loro sostegno. Anche i fondamentalisti religiosi sono in grave crisi. Hanno perso molta della loro forza e senza il supporto degli apparati statali non sono in grado di muoversi neanche di un centimetro.
La nuova situazione ha anche causato grandi difficoltà per i partiti nazionalisti e i separatisti da entrambe le parti del Kashmir, che non hanno la minima idea di cosa fare in questa nuova situazione. I marxisti hanno sempre sostenuto che la questione del Kashmir non può essere risolta su base nazionale. Senza il sostegno della classe operaia dell’India e del Pakistan questa lotta per la libertà non può raggiungere il suo obiettivo. Questa situazione è ora molto più chiara e gli eventi hanno legato la causa del Kashmir al destino della classe operaia dell’intera regione. È venuta alla luce anche l’impotenza di istituzioni come le Nazioni Unite, l’UE, le organizzazioni per i diritti umani, ecc. Nessuna di queste istituzioni ha condannato Modi per questa azione e chiesto la libertà per il Kashmir. In un mondo dominato dal capitale, gli interessi di tutte queste istituzioni, così come gli interessi delle classi dominanti di tutti i paesi, sono dettati dall’equilibrio delle forze e dai loro interessi materiali. Le grida degli oppressi non hanno alcun valore per loro.
L’unità di classe è l’unica via da seguire
L’unica soluzione per la lotta per la libertà nel Kashmir è attraverso l’unità della classe operaia di tutta la regione, che può essere espressa mediante uno sciopero generale. Uno sciopero generale in tutte le regioni del Kashmir può essere l’inizio di un tale movimento. Sono già in corso discussioni in AJK per organizzare uno sciopero per esprimere solidarietà al movimento dall’altra parte del confine. Questa azione non sarà solo un forte messaggio di condanna per Modi, ma anche allo stato pakistano, che ha oppresso le masse del Kashmir per altrettanti anni. Le richieste di prevenire i trasferimenti forzati, di porre fine alla minaccia della colonizzazione e di ritirare i militari sono valide per tutte le parti del Kashmir, incluso il Gilgit Baltistan. Uno sciopero in AJK su queste rivendicazioni, insieme a rivendicazioni economiche contro l’aumento dei prezzi, la disoccupazione e i recenti licenziamenti dei leader sindacali del settore pubblico per la loro militanza, possono trarre enorme sostegno dalle masse e possono diventare un punto di partenza per il nuovo movimento. La solidarietà da parte del Gilgit Baltistan e quindi della classe operaia del Pakistan sarà un passo decisivo verso il raggiungimento dell’obiettivo della libertà.
I partiti comunisti indiani hanno sempre negato la lotta per la libertà delle masse del Kashmir e hanno cercato di confinarla nei limiti ristretti della costituzione indiana. In realtà, hanno tradito la posizione leninista sulla questione nazionale, che sostiene la lotta delle masse oppresse per la liberazione e la collega alla lotta della classe operaia. Ora è tempo di adottare questa posizione. Soprattutto i giovani rivoluzionari possono mobilitarsi attorno a questa rivendicazione e lottare per uno sciopero generale in India in solidarietà con le masse del Kashmir. Ciò non solo darà una risposta adeguata a Modi e ai suoi imbroglioni reazionari, ma aprirà anche la strada al successo delle future lotte contro il governo di Modi e le sue misure antioperaie.
Alla fine, l’unica forza sulla terra che può garantire ovunque la libertà delle masse oppresse è la classe operaia di tutto il mondo. Solo la solidarietà e il sostegno della classe operaia di tutto il mondo può portare questa lotta per la libertà al successo finale. Le masse del Kashmir devono fare appello a loro, piuttosto che essere umiliate più volte da istituzioni imperialiste come le Nazioni Unite o l’Unione Europea. In ultima analisi, le classi dominanti di tutto il mondo capitalista sosterranno ovunque la loro classe. Solo rovesciando il capitalismo attraverso una rivoluzione socialista in India e in Pakistan si può ottenere una vera liberazione: liberazione non solo dall’oppressione nazionale ma anche dallo sfruttamento capitalista.