In quindici giorni, lo sciopero dei lavoratori delle raffinerie ha alzato notevolmente la temperatura sociale. Ancora una volta, i lavoratori in sciopero ci ricordano che in questo paese non gira un ingranaggio senza il gentile permesso della classe operaia. Al contrario, se gli amministratori delegati e i principali azionisti della Total e della Exxon sparissero per 15 giorni (o anche di più), la cosa passerebbe completamente inosservata.
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Nonostante le difficoltà causate dalla carenza di carburante, questo sciopero gode di un forte sostegno popolare. E per una buona ragione: l’inflazione sta colpendo duramente milioni di lavoratori, disoccupati, studenti e pensionati. Questi hanno anche preso atto degli enormi profitti realizzati dalle multinazionali del petrolio: la Total ha intascato 10 miliardi solo nella prima metà del 2022. Patrick Pouyanné, l’amministratore delegato, si è addirittura fatto notare per essersi concesso un aumento del 52%. Questo “comune mortale” non riceverà più solo 3,9 milioni di euro all’anno, ma ben 5,9 milioni di euro all’anno, pari a quasi 500.000 euro al mese (l’equivalente di 30 anni di stipendio per un lavoratore con il salario minimo). Così come gli astrofisici calcolano le distanze in anni luce, ora possiamo calcolare gli stipendi mensili dei guru del CAC40 (l’indice della Borsa di Parigi, ndt) in anni di SMIC (salario minimo intercategoriale, attualmente fissato a 11,07 euro lordi all’ora, ndt).
Naturalmente, tutto ciò non disturba i politici e i giornalisti reazionari che urlano contro la CGT e chiamano “privilegiati” i lavoratori in sciopero che non chiedono un aumento del 52% del loro salario, ma solo del 10%. Considerando l’inflazione in costante aumento, si tratta di una richiesta molto ragionevole, e pienamente condivisibile dalla maggioranza dei lavoratori, che ha sempre più difficoltà ad arrivare a fine mese.
Sfruttando l’arma della precettazione, il governo corre il rischio di provocare scioperi di solidarietà non solo nel settore petrolifero, ma anche in molti altri. In realtà, questo attacco al diritto di sciopero riguarda l’intero movimento sindacale, pertanto una risposta va data. Questo è un altro buon motivo per mobilitare tutti gli altri lavoratori, al di là del settore petrolifero.
Alla testa del movimento, la FNIC-CGT[1] fin dall’inizio ha lanciato un appello per l’estensione massima della mobilitazione al maggior numero di settori possibile, per un aumento generalizzato dei salari e l’introduzione della scala mobile. In un primo momento, questi appelli non hanno avuto alcuna risposta da parte della direzione confederale della CGT. Ma ieri, finalmente, la CGT si è svegliata e ha annunciato uno “sciopero nazionale intercategoriale per i salari e contro le precettazioni” per il prossimo 18 ottobre.
Meglio tardi che mai. Tuttavia, affinché questa mobilitazione nazionale diventi molto più imponente di quella del 29 settembre [2], la direzione confederale della CGT non deve accontentarsi di fissare una data. Nei prossimi cinque giorni deve fare tutti gli sforzi necessari per coinvolgere il maggior numero possibile di aziende e servizi pubblici nella costruzione dello sciopero, a partire dai siti industriali, dalle aziende e dai settori meglio organizzati, sindacalizzati e più disposti ad agire nel breve periodo. Dobbiamo dare una prospettiva chiara e combattiva, cioè all’altezza dello scontro sociale in atto. Il 18 ottobre deve essere annunciato e preparato come una tappa nello sviluppo di un movimento che porti allo sciopero generale “reconductible” [3] solo così la maggioranza dei settori lavorativi potrà unirsi alla lotta. Le richieste salariali per il 18 ottobre devono essere più concrete e precise. Quelle proposte dalla FNIC-CGT possono essere estese a tutti i lavoratori: un aumento salariale del 10% minimo – e l’indicizzazione dei salari all’inflazione!
Inoltre, di fronte alle speculazioni delle multinazionali dell’energia, dobbiamo lottare per la loro nazionalizzazione, sotto il controllo democratico dei lavoratori e senza indennizzo per i grandi azionisti. Per quanto tempo tollereremo il fatto che Patrick Pouyanné possa intascarsi 30 anni di salario minimo, mentre la massa della popolazione vede un’esplosione delle bollette di gas, del costo dell’elettricità e della benzina? L’energia deve essere tolta dalle mani del settore privato. E per farlo, è necessario togliere il potere a Macron e alla sua cricca che stanno gestendo il Paese – o meglio, organizzando il suo saccheggio – per conto di giganteschi parassiti come Patrick Pouyanné.
Lo sciopero delle raffinerie, la manifestazione del 16 ottobre[4] e la giornata del 18 ottobre possono segnare una svolta nella situazione politica e sociale. Con la sua solita arroganza, Macron il 12 Ottobre ha criticato le “poche persone” che stanno paralizzando le raffinerie. Il 16 ottobre, il 18 ottobre e oltre, dobbiamo lanciare un vasto movimento per porre fine ai “pochi” che controllano l’economia di questo Paese e si rimpinzano di profitti, mentre il popolo sprofonda nelle privazioni e nell’insicurezza.
13 ottobre 2022