La manifestazione di giovedì 23 marzo in Francia ha portato la lotta contro Macron a un livello superiore. Nei due mesi scorsi, il movimento (provocato da un nuovo attacco alle pensioni) è andato crescendo. Gli esponenti del governo speravano che tutto sarebbe rientrato nella normalità entro il fine settimana, contando sul fatto che il movimento sarebbe scemato dopo la manifestazione di giovedì. Si sbagliavano. Ieri, 3,5 milioni di lavoratori e di giovani hanno riempito le strade della maggior parte delle città francesi, mentre gli scioperi e le proteste prendevano un tono decisamente più combattivo.
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Alcuni, tra cui Jean Luc Mélenchon della France Insoumise, hanno descritto il 23 marzo come la più grande mobilitazione sociale dal maggio ‘68. A Parigi, 800mila persone hanno manifestato. Con numeri sempre da record si è scesi in strada a Marsiglia (280mila), a Tolosa (150mila), a Bordeaux (110mila), a Nantes (80mila), a Lione (55mila) e a Grenoble (55mila). Nelle città più piccole, il movimento ha continuato a prendere slancio, con 5mila persone in strada a Draguignan, 6mila a Moulins e a Arles, 8mila a Castres, 9mila a Montluçon, 15mila a Périgueux e 17mila a Brive. A Guéret (nel dipartimento di Creuse), hanno sfilato 6,700 persone, un record per una città di appena 13mila abitanti.
Di fatto, le strade erano in un tale fermento che la visita attesa di re Carlo III di Inghilterra ha dovuto essere rimandata, con i funzionari che citavano ragioni di sicurezza dato il livello di “violenza” nelle strade. Forse Carlo ha imparato dalla storia che le masse adirate di francesi non vedono di buon occhio la presenza dei monarchi!
Nonostante la copertura mediatica limitata della lotta al di là dei confini francesi, la battaglia contro Macron sta avendo effetti internazionali. Il governo conservatore britannico a quanto sembra ha messo nel cassetto una piano di riforma pensionistica. Secondo il Financial Times: “Erano entusiasti alzare l’età pensionabile. Ma hanno avuto paura”. Questa mattina “Lottiamo come i Francesi” è diventato un trend su Twitter nel Regno Unito, a dimostrazione del fatto che la classe operaia britannica sta guardando all’audacia dei lavoratori e dei giovani francesi come a un esempio per le lotte future.
Una radicalizzazione crescente
La scorsa settimana, il governo di Macron ha riesumato il famigerato articolo 49.3 della Costituzione Francese, che gli permette di scavalcare il parlamento per fare passare la sua riforma pensionistica, che viene osteggiata dalla grande maggioranza della popolazione. Questo ha scatenato un livello di rabbia senza precedenti nel paese, che ha portato a proteste spontanee ogni notte, da allora. Un recente sondaggio ha rivelato che l’82% dei francesi hanno un’opinione negativa riguardo all’utilizzo dell’articolo 49.3 e che il 65% vorrebbe che le manifestazioni continuassero, anche se la legge è stata approvata.
In un tentativo di intimidire i manifestanti, la violenza poliziesca nelle strade è aumentata brutalmente e le manifestazioni di piazza sono state messe fuori legge nelle città principali. Più di 800 persone sono state arrestate durante la scorsa settimana, molte delle quali sono state detenute in maniera totalmente arbitraria – persino dei turisti in giro per Parigi sono finiti sotto la custodia della polizia. Invece che demoralizzare i manifestanti, ciò ha provocato una rabbia ancora maggiore.
La manifestazione nazionale di ieri non è stata ragguardevole solo per i suoi numeri, ma ha anche visto un avanzamento qualitativo nella radicalità. “L’acqua bolle a 100 gradi, ma la gente [bolle] a 49.3”, recitava un cartello. Si gioca con le parole: “Tu ci metti a 64, noi ti [mettiamo] a Maggio 68”, veniva diffuso come slogan da molti lavoratori e giovani. Le masse sono più determinate che mai a lottare contro questo regime marcio – fino alla fine. “Continueremo finché in governo non cede”, ha detto un operaio metalmeccanico di Dunkirk. Le strade cantavano in coro : “Vaffanculo Macron!”, mentre il suo tasso di approvazione è crollato al 28%, al livello più basso dal picco del movimento dei gilets jaunes.
Al fianco delle manifestazioni nelle strade, anche gli scioperi si sono intensificati giovedì. L’accesso all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi è stato impedito dal picchetto dei lavoratori. Solo il 50% dei treni a alta velocità del paese sono partiti. I portuali hanno chiuso il porto di Le Havre. L’11% dei lavoratori della sanità, un numero da record, è sceso in sciopero. Il 27% dei lavoratori del settore energetico erano in sciopero. Monumenti famosi, come la Torre Eiffel e la Reggia di Versailles sono stati chiusi. Anche i controllori del traffico aereo, gli autotrasportatori, e molti altri erano in sciopero ieri.
I netturbini sono in sciopero a oltranza dal 7 marzo. A livello nazionale, circa il 12% delle stazioni in Francia sono rimaste senza petrolio o diesel e il 6% sono rimaste a secco. Questo è dovuto allo sciopero a oltranza che si sta producendo nelle raffinerie e nei depositi di carburante dall’inizio del mese. Nel tentativo di rompere gli scioperi, il governo sta riesumando le precettazioni (con’ordinanza di rientro al lavoro da parte dello stato, i lavoratori possono ricevere una multa di 10mila euro o rischiare 6 mesi di prigione se non obbediscono). Ma i lavoratori l’hanno respinte al mittente.
L’immondizia si sta accumulando nelle strade della capitale da settimane e il governo ha chiesto alle autorità locali di costringere i netturbini a tornare al lavoro. Ma i tentativi di precettazione sono stati respinti con i metodi della lotta di classe: con picchetti di massa e con l’azione solidale di altri settori della forza lavoro.
Martedì, i funzionari hanno mandato i CRS, la polizia antisommossa, a precettare i lavoratori del deposito di carburante di Fos-sur-Mer. Nonostante l’impiego di gas lacrimogeni e dell’intimidazione fisica, la polizia è incappata nella resistenza dei lavoratori del sindacato, che sono riusciti a respingere temporaneamente la polizia. Sono stati aiutati dai lavoratori dell’elettricità e del gas in sciopero, che hanno piazzato i propri furgoni fuori dal deposito per creare una barricata. Oliver Mateu, il dirigente del sindacato CGT del dipartimento di Bouches-du-Rhone (e una figura centrale della sinistra della confederazione sindacale), è intervenuto sul posto dichiarando:
“Non permetteremo loro di spezzare questo sciopero, non permetteremo loro di imporci questa riforma con l’uso della forza e della violenza. Riceveranno la risposta dei lavoratori di questo paese che sono determinati a andare fino in fondo per riprendersi quello che ci spetta”.
La raffineria di Geonfreville, vicino a Le Havre, in Normandia, è diventata lo scenario di una lotta accanita tra i lavoratori e la polizia. Questo è un sito cruciale che fornisce carburante ai principali aeroporti della capitale, rendendolo un obiettivo prioritario per il governo. Nonostante le forze dello stato siano riuscite temporaneamente a interrompere lo sciopero, usando la repressione brutale, i lavoratori della CGT hanno annunciato oggi di aver ripreso il proprio picchetto. La loro dichiarazione conclude con un tono di sfida:
“Intensifichiamo la mobilitazione!… Diamo inizio a scioperi a oltranza per mettere in ginocchio l’economia e imporre il modello di società [dei lavoratori], libero dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Le prepotenze non funzionano più…. Il popolo è qui e non faremo un passo indietro!”
Questa mattina, Mateu ha twittato: “Vinceremo, ci fermeremo solo quando saranno i lavoratori a decidere e per adesso essi vogliono vincere. Così c’è solo una soluzione, lo sciopero”. Questo linguaggio radicale e intriso di coscienza di classe e questo spirito combattivo stanno trovano un’eco in settori più ampi della classe operaia. All’interno dei sindacati, questo si può percepire guardando la frazione di sinistra Unité CGT, che sta diventando più esplicita e riconosciuta.
Repressione e resistenza
In generale, lo stato d’animo e i metodi nelle manifestazioni e nei picchetti stanno diventando più audaci e radicalizzati rispetto alle “giornate d’azione” del passato, che spesso venivano percepite più come adunate che come scioperi nazionali. La gente sta impiegando la propria creatività per resiste ai tentativi di schiacciare il movimento. Per esempio, a Le Havre, i lavoratori hanno utilizzato dei muletti per impilare veicoli in fiamme e creare delle barricate contro la polizia.
Ci sono anche esempi sempre più numerosi di azioni coordinate. Ad esempio, a Lorient, i portuali organizzati nella CGT si sono coordinati con i lavoratori del settore energetico per tagliare la corrente al porto, bloccando un’autocisterna che trasportava 30mila tonnellate di carburante da Rave con lo scopo di spezzare gli scioperi nei settori del petrolio, del petrolchimico e dei trasporti.
Molto è stato detto sulla stampa borghese a proposito dei metodi “violenti” degli scioperanti, con la con la divulgazione morbosa di automobili e edifici in fiamme (incluso il municipio di Bordeaux), di vetrine infrante e di sassaiole contro la polizia. Macron ha anche condannato la “violenza della folla”, mentre il Ministro degli Interni Gerald Darmanin ha parlato di “delinquenti, spesso di estrema sinistra, che vogliono fare crollare lo Stato e uccidere i poliziotti”.
Possiamo solo sorridere di fronte a questa cinica ipocrisia da parte di queste signore e signori, che mandano continuamente polizia e gendarmi a pestare i lavorati in sciopero e la gioventù in lotta. Quanti manifestanti gilets jaunes hanno perso le dita o gli occhi a causa delle armi “antisommossa”? E oggi, i social media straripano di immagini di poliziotti in tenuta da guerra che picchiano selvaggiamente manifestanti, anche adolescenti. Un video virale mostra un giornalista con una pistola puntata sul suo volto da parte di un poliziotto, costretto a andare via nonostante gridasse costantemente “Giornalista! Giornalista!”.
Agli occhi di milioni di francesi, la repressione brutale dello Stato francese, insieme con il disprezzo di Macron per ogni simulacro di democrazia, rende i metodi più combattivi contro l’attacco alle pensioni totalmente giustificati. Per non menzionare il fatto che i gilets jaunes riuscirono a ottenere qualche concessione precisamente con questi metodi, respingendo l’aumento della tassa sul carburante che contribuì all’esplosione di quel movimento. In altre parole, sempre più persone sono pronte a sfidare lo “Stato di diritto”, lanciando una sfida diretta alla legittimità stessa dello Stato. La polizia sta anche facendo fatica a contenere la crescita del movimento con la sola repressione e in alcuni casi è stata persino sopraffatta.
Inoltre, le masse stanno chiaramente prendendo di mira non solo la riforma pensionistica, ma l’odiato governo al servizio dei ricchi di Macron nella sua interezza. Un manifestante intervistato ha detto: “Stiamo protestando da gennaio e originariamente era contro la riforma delle pensioni. Adesso si è trasformato in rabbia per la nostra democrazia”. Questa è una situazione estremamente pericolosa per il regime. Anche se dovesse fare un passo indietro, non è scontato che questo fermerebbe le proteste. La gente vuole che Macron se ne vada.
La crescente radicalizzazione nelle strade contrasta nettamente con la direzione nazionale del sindacato. Invece che strutturare questo malcontento crescente della gioventù e dei lavoratori, l’“intersindacale” sta confinando la lotta all’opposizione alla riforma pensionistica. Mentre si rifiutano di spingere in avanti il movimento convocando scioperi a oltranza, hanno annunciato, ancora una volta, una decima “giornata di azione” per il 28 marzo.
Tuttavia, i dirigenti sindacali sono meno fiduciosi di poter riuscire a impedire che il movimento strabordi. Laurent Berger, la segretaria della confederazione sindacale più moderata CFDT, ha avvertito che il governo rischia di scatenare un movimento come quello dei gilets jaunes. Fabrice Coudour della CGT ha detto che “potrebbero esserci azioni più dure andando avanti, più gravi e di portata maggiore [che potrebbero] uscire dalla nostra capacità decisionale collettiva”.
I dirigenti sindacali, che si sono formati nell’abitudine a mantenere la rabbia dei lavoratori su un binario sicuro, attraverso l’utilizzo di “giornate di azione” controllate come una leva per contrattare dietro le quinte con il governo, stanno avvertendo Macron che la sua intransigenza metterà fine a questa “cooperazione sociale”.
Panico ai vertici
Il governo, che spera disperatamente di assistere al riflusso del movimento, sta iniziando a entrare nel panico. Segni di divisioni profonde all’interno della classe dominante stanno cominciando a venire in superficie.
Il partito di destra dei Repubblicani, sul quale fa affidamento Macron, sta cominciando a implodere. Nel partito, sono emersi dibattiti sulla possibilità di escludere 19 membri del partito che hanno votato la mozione di sfiducia di lunedì, che è stata rigettata dal parlamento con un margine risicato di nove voti. Anche alcuni parlamentari del gruppo stesso di Macron in Parlamento (Renaissance) hanno dato segni di agitazione, come uno di essi che, mantenendo l’anonimato, ha detto a Le Parisien: “Siamo seduti su una polveriera e abbiamo appena acceso la miccia”.
Molti rappresentanti della borghesia sulla stampa e in TV stanno cominciando prendere posizione contro il governo, facendo appello al negoziato con i sindacati e a una soluzione per calmare il movimento. Geoffroy Roux de Bezieux, presidente del MEDEF, l’organizzazione padronale francese, ha invitato Macron a aprire il dialogo e ha detto che le riforme future devono “basarsi su metodi differenti”.
Ma lungi da qualsiasi accenno di riconciliazione, le dichiarazioni pubbliche di Macron hanno solo gettato ulteriore benzina sul fuoco. Egli ha insistito ripetutamente sulla prosecuzione del suo attacco alle pensioni, a qualsiasi costo, e ha detto che “non rimpiange nulla”. Mercoledì, durante la sua prima intervista sulla TV nazionale dall’inizio del movimento, ha paragonato il movimento contro le sue “riforme” delle pensioni all’assalto a Capitol Hill nel 2021 da parte dei sostenitori reazionari di Trump negli Stati Uniti.
Il disprezzo per le masse dei francesi ha solo prodotto l’intensificazione della lotta. In realtà, Macron è in una posizione molto debole e il suo governo si trova in una impasse. Da un lato, ha condotto due mesi di scontro a tutto campo contro i sindacati, rifiutando di negoziare e di fare concessioni. Arretrare adesso sarebbe una vittoria per il movimento e accrescerebbe la fiducia delle masse a lottare contro ulteriori attacchi, che sono resi necessari dalla crisi del capitalismo francese. “I rischi economici e finanziari [di una resa] sono troppo grandi”, ha detto ai ministri lo scorso giovedì.
Dall’altro lato, l’atteggiamento sprezzante di Macron e la sua gestione del governo stanno rivelando la natura anti-democratica del regime, smuovendo la rabbia contro il sistema intero. Come se non bastasse, sta rischiando una crisi costituzionale in piena regola, dopo essere scampato il voto di sfiducia per un pelo. Avrà difficoltà a continuare a far passare le sue politiche. In realtà, il governo ha poche carte da giocare e ogni mossa si rivelerà sbagliata. Non si può permettere di arretrare, ma non può neanche permettersi di avanzare.
Come scrive il Financial Times, “molto dipenderà da fattori fuori dal controllo di Macron, ad esempio se le proteste e gli scioperi che si stanno gonfiando da gennaio si andranno a intensificare”. Questo è un punto centrale. Macron può sopravvivere a qualsiasi protesta di piazza: non importa quanto grande e radicale. I sindacati hanno un potere enorme, perché con un proprio comando potrebbero fare fermare l’economia e la società francese. Macron non sarebbe capace di resistere un’arma simile una volta che venisse impiegata. La domanda è: i sindacati la useranno?
I giovani scendono in campo
Finora, il movimento studentesco e giovanile si è tenuto ai margini. Questo è logico: la questione delle pensioni è molto distante dalla prospettiva di un giovane. All’inizio, le assemblee generali nelle università e nelle scuole erano meno frequenti e più piccole rispetto ai movimenti del passato. Ma questo ha cominciato a cambiare, nel momento in cui il movimento sviluppa un carattere generale di opposizione a Macron.
Fintantoché la direzione sindacale rimaneva attaccata ai vecchi metodi fallimentari, focalizzandosi in maniera isolata sulla riforma delle pensioni, e la gioventù non si era gettata nella mischia, l’establishment rimaneva relativamente al sicuro. Lunedì, un commentatore borghese ha dichiarato in televisione che “quando i giovani sono nelle strade, il regime non riesce più a avere la meglio”.
Lungi dall’essere disinteressati, i giovani francesi stanno osservando gli ultimi eventi con grande interesse. Infatti, prima del voto di sfiducia, decine di migliaia di giovani stavano seguendo lo streaming live su Twitch del canale del parlamento, che era in cima alle classifiche degli ascolti a livello nazionale. Il parlamento bypassato, il fallimento della mozione di sfiducia, le provocazioni di Macron e l’aumento della violenza poliziesca nelle strade alla fine hanno spinto la gioventù all’azione.
I giovani sono accorsi in forze ai cortei di giovedì e grandi assemblee generali hanno preso vita in molti luoghi. Gli studenti delle scuole si sono mobilitati in più di 400 istituti superiori. Hanno avuto inizio occupazioni in più di 80 università in tutto il paese, inclusa l’università tradizionalmente di destra di Paris-Panthéon Assas, che è stata bloccata per la prima volta nella storia. Secondo i sindacati degli studenti, 500mila studenti e lavoratori hanno manifestato a livello nazionale ieri. Un grosso striscione con la scritta “La Sorbona in Lotta” è stato tenuto bene in vista alla principale manifestazione di Parigi.
Anche prima, cominciavamo a vedere tentativi di azione congiunta tra studenti e lavoratori. A Parigi, ad esempio, un’assemblea generale studentesca aveva convocato un corteo che è passato per una raffineria in sciopero e per un impianto per i rifiuti in sciopero. Questo è un aspetto importante della situazione. Nell’ultimo movimento di scioperi vittorioso nel 2006 contro il tentativo del governo Chirac di attaccare i diritti dei lavoratori con il reazionario “contratto di primo impiego” (CPE, Contrat de Premier Emploi), è stato esattamente questo tipo di azione congiunta tra studenti e lavoratori a risultare decisiva. Se tentativi embrionali da parte degli studenti di collegarsi coscientemente agli scioperi dovessero svilupparsi ulteriormente, le cose velocemente si metterebbero male per il regime.
Tuttavia, una cosa è chiara: le giornate d’azione non possono durare per sempre. A un certo punto, avranno un effetto smobilitante, portando al riflusso del movimento. C’è l’esigenza cruciale di estendere gli scioperi a oltranza a tutti i settori già in lotta e di raggiungere nuovi settori per avanzare rivendicazioni più ampie e più radicali.
I dirigenti di sinistra di Unité CGT hanno correttamente compreso questa cosa e stanno indicando la strada attraverso scioperi a oltranza in settori chiave dell’economia. Tuttavia, questi settori sono ancora in minoranza e c’è il rischio dell’isolamento. Come osserva correttamente il Financial Times: “solo la strada può fermare [il presidente], bloccandp il paese con proteste e scioperi. La strada e il presidente raramente raggiungono un compromesso. Uno vince, l’altro perde”.
In altre parole, il movimento può avere la meglio solo conducendo una lotta determinata contro il regime nel suo complesso. È evidente dalla recente dichiarazione di Unité CGT (pubblicata per intero qui di seguito) che i settori più avanzati della classe operaia stanno cominciano a tirare le conclusioni corrette. Essi devono essere la punta di lancia di una lotta che darà finalmente il colpo di grazia a Macron!
23 Marzo: il popolo risponde a Macron, la collera aumenta notevolmente
Meno di 24 ore dopo il “tornate a casa, andate a lavorare” di Macron, il popolo ha risposto, con lo sciopero e nelle strade. “La sua riforma se la mangerà” e ci riprenderemo tutto!
Le manifestazioni ripartono ancora più grandi in tutto il paese, dalle “piccole città”, alle grandi metropoli, da Ancenis a Tolosa, passando per Parigi, Calais, Le Havre, Rouen, Valence, Lione, Maesiglia, Arles, Saint-Etienne, Rennes, Nantes, Sant Nazaire, Narbona, Mantauban…
Milioni e milioni di francesi hanno risposto con lo sciopero e nelle strade al disprezzo della Repubblica.
Le operazioni “città morte” si moltiplicato. Fatto significativo, ovunque, una forma di entusiasta spontaneità si fa spazio. Qui si invade tale zona, là si occupa la circonvallazione. Non si arretra e la creatività si sviluppa. E qui, non parliamo dei roghi dei cassonetti a Parigi, ma di un’ondata di collera che si sprigiona di fronte all’ingiustizia. In breve, il “ci riprendiamo tutto” in atto.
D’altra parte, ancora una volta, le forze di polizia si ritrovano in realtà esse stesse sotto pressione: di fronte a loro, i manifestanti sono ovunque in Francia, dal borgo più piccolo alla regione parigina. Quanto a lungo terranno? Cominciano già a scricchiolare. Macron aspetta che ci sia un morto tra i manifestanti? Le nostre azioni sono legittime e noi ci riapproprieremo del nostro paese.
Gli scontri a Fos-sur-Mer, e gli scontri a distanza di due giorni sul sito del deposito di petrolio testimoniano a tal proposito ciò che una CGT di lotta può e deve fare: innalzare i rapporti di forza al livello necessario, per impedire nello specifico la negazione del diritto di sciopero e impedire le precettazioni.
Un nuovo presidio è stato così organizzato con centinaia di sindacalisti della CGT di fronte a un dispositivo poliziesco orwelliano, mentre dall’altra parte della Francia gli operai della raffineria di Normandia convocano ieri sera con la CGT, per oggi e domani, presidi quotidiani davanti alla raffineria.
La giornata del 23 marzo marca a tal proposito un innalzamento dei rapporti di forza e un indurimento delle azioni. A Le Havre, a Calais, a Rennes, a Paris, a Brest, a Rouen, a Saint Nazaire, etc… ovunque il popolo vuole la fine del regime.
Questa nuova giornata di sciopero nazionale inter-categoriale mostra quanto sia forte della determinazione. Scavalchiamo la strategia dell’intersindacale: bisogna adesso dare vita ovunque agli scioperi a oltranza in tutti i settori, anche con modalità differenti per ottenere la vittoria.
CONTINUIAMO LA LOTTA
BLOCCHIAMO IL PAESE FINO ALLA VITTORIA
VINCEREMO
Unité CGT