Proprio come anticipato da tutti i sondaggi degli scorsi tre mesi, Gustavo Petro è arrivato in testa nel primo turno delle elezioni presidenziali colombiane, ottenendo la cifra sorprendente di 8,5 milioni di voti (40%). Purtroppo, nonostante quanto Pedro stesso aveva previsto, non è riuscito a vincere con una maggioranza del 50%, o più ampia, già al primo turno. E nonostante le previsioni di molti, Rodolfo Hernández, il demagogo di destra che ha fatto campagna elettorale soprattutto attraverso i social network, è riuscito a sorpassare Federico “Fico” Gutierrez, il candidato del sistema capitalista sostenuto dai padroni e dalla destra.
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Essendo candidati che si considerano “a sinistra”, il risultato ottenuto da Petro e Francia Marquez è storico. Anche se Gustavo Petro ha cercato di moderare il proprio programma e ha incorporato elementi borghesi di tutte le risme nella sua coalizione, la verità è che per milioni di operai, contadini e giovani, votare per Petro rappresenta un desiderio profondo di cambiamento radicale e un aperto rifiuto dell’oligarchia capitalista e dei suoi capi a Washington. Il profondo screditamento dell’uribismo [la destra neoliberista che prende il nome dall’ex presidente Uribe, ndt] che esce da questi risultati è stato cementato durante l’eroico Paro Nacional (sciopero nazionale) dell’anno scorso.
Tre lunghe settimane attendono ora chi si batte per il cambiamento in Colombia. Il ritorno di Hernández ha cambiato l’equazione e introdotto nuove variabili. Per cominciare, Hernández è l’unico candidato che può insidiare Petro nei sondaggi per il secondo turno. Con fare demagogico si è presentato come una figura antisistema al pari di Petro, sorvolando sui propri rapporti con la destra e la cerchia interna di Álvaro Uribe Velez, l’ex presidente colombiano legato alle squadre della morte di destra e ai cartelli della droga, oggi a capo del Centro Democrático, partito del presidente in carica Iván Duque). Tutto ciò è foriero di incertezza in una campagna che i dirigenti del Pacto Histórico (la coalizione elettorale di Petro) presentavano come una marcia verso un’inevitabile vittoria.
La caduta di Fico Gutierrez e l’ascesa di Hernández
L’esplosione dei consensi per l’“ingegner” Hernández non esce dal nulla. Dopotutto, Hernández ha avviato la sua campagna elettorale sui social network (soprattutto TikTok), dove a lungo è stato il candidato presidenziale più seguito (anche se ora Petro lo ha superato). Questa ascesa è stata però seguita da un declino a marzo, per via del suo disinteresse a partecipare alle primarie svoltesi in quel mese (che gli avrebbero imposto di entrare in una coalizione con altri partiti) e della sua incapacità di proporre una lista per le elezioni legislative. Per gli analisti erano i segnali che Hernández era in difficoltà.
Ma la sua campagna è stata rinvigorita da un sondaggio che lo ha visto testa a testa con Petro in un possibile secondo turno. Il sondaggio ha effettivamente messo fine alla campagna di Federico “Fico” Gutierrez, il quale non aveva dato sufficienti garanzie di poter battere Petro, e che dipendeva in larga misura dal sostegno sfrontato che gli arrivava dai media e dall’oligarchia (è stato il candidato che ha occupato più spazio televisivo, inoltre ha superato il limite legale per i manifesti elettorali senza che questo avesse alcuna reale conseguenza sulla sua campagna). Un settore della classe dominante ha deciso che l’unico modo per battere Petro al secondo turno sarebbe stato appoggiare Hernández al posto di Fico.
Il fallimento di Gutierrez, insieme al calo del Centro Democrático alle elezioni legislative, sono effettivamente l’ennesima campana a morto per l’uribismo. La dice piuttosto lunga che Gutierrez non abbia mai ricevuto nessun endorsement diretto da parte di Uribe, e che abbia fatto di tutto per non essere visto come un candidato che avrebbe continuato lo stile di governo di Duque. La sua posizione – quella cioè di non essere il candidato della continuità, ma che avrebbe dato continuazione a ciò che funzionava – è stata però sufficiente ad alienare una popolazione alla ricerca di cambiamento e che negli ultimi quattro anni è scesa ripetutamente in strada per ottenerlo.
È importante capire da dove arrivi la popolarità di Hernández. Questi si è presentato come il candidato “anti-corruzione”. Di qualsiasi questione si parli, la lega alla lotta contro la corruzione. Tra le sue proposte ci sono conferenze stampa regolari dove umiliare i politici corrotti facendone i nomi, e ritirare loro i fondi statali come forma di sanzione. In un periodo in cui le istituzioni politiche hanno perso credibilità, questa è una ricetta per il successo politico. Basta pensare a Donald Trump negli Stati Uniti per rendersene conto. L’ascesa di Trump alla Casa Bianca ha avuto come propulsore il suo atteggiamento bellicoso nei confronti dell’élite, a prescindere dalla sua personalità disgustosa e dal suo bigottismo pronunciato. In entrambi i casi è chiaro che questi personaggi, in ultima analisi, sono al servizio degli interessi della classe dominante.
A dispetto delle sue invettive contro le élite, Hernández non può rappresentare altro che gli interessi delle stesse élite capitaliste. La sua campagna si è adoperata per non mobilitare le masse, affidandosi invece alla sua presenza sui social network. Ne è un esempio lampante il fatto che Hernández non abbia mai chiarito la sua posizione riguardo il caso di Karen Abudinen (la ministra della Tecnologia e delle Comunicazioni, che ha rubato 70 miliardi di pesos, l’equivalente di 18 milioni di dollari). La sua posizione sul Paro Nacional è consistita nel collegarlo alla corruzione, anziché parlare di soluzioni alla povertà, alla fame e alla disoccupazione.
Ma dietro questi discorsi contro la corruzione si cela un ex sindaco di Bucaramanga amico personale di Tomás Uribe , figlio di Álvaro. Per non parlare del fatto che è l’unico candidato sotto processo per corruzione. Nonostante le sue proposte e l’immagine di fiero nemico della corruzione che si è dato, è chiaro che Hernández è profondamente legato a quella stessa classe dominante che denuncia. Basta pensare al sostegno ricevuto da personaggi come María Fernanda Cabal del Centro Democrático di Uribe per capire da che parte sta veramente Rodolfo Hernández.
Tutto ciò riflette il fatto che la corruzione non si riduce semplicemente alle caratteristiche di chi è a capo dello Stato. La corruzione è un prodotto più generale del sistema capitalista. I Pandora Papers hanno rivelato quanto profondamente la corruzione intacchi il capitalismo internazionale. C’è un motivo se negli ultimi anni la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il Canada hanno avuto scandali di corruzione ai massimi vertici dei loro governi. L’unica soluzione è rompere con il sistema che crea le condizioni per la corruzione: il capitalismo.
Un secondo turno combattuto
A quanto pare il secondo turno sarà una vera sfida per il Pacto Histórico, ma l’esito non è già assicurato. Petro ha vinto il primo turno con il 40%, ben al di sopra dei suoi rivali. Il grande compito dei dirigenti del Pacto Histórico sarà impedire a Hernández di recuperare i 10 punti di differenza fra loro. Il che potrebbe rivelarsi complicato perché Hernández si presenta come un’opzione per il cambiamento, e può al tempo stesso contare sui voti di Fico in quanto l’unico candidato che può fermare Petro e impedirgli di diventare presidente. Fico ed Hernández sommano insieme 11 milioni di voti, rispetto agli 8,5 milioni di Petro.
Molti diranno che il compito di Petro nelle prossime tre settimane sarà di annacquare il programma per conquistare il voto dei centristi, proprio come fece con esiti disastrosi nel secondo turno del 2018, quando perse contro Iván Duque. Sarebbe una capitolazione. Sergio Fajardo (candidato centrista) non è riuscito nemmeno a superare il 5%. Con meno di un milione di voti, Fajardo non aggiunge nulla rispetto ai 17 milioni di astenuti. Inoltre, uno spostamento verso destra da parte di Petro non farebbe che erodere la sua base, offrendo il pretesto perfetto a Hernández per attaccarlo come esponente dell’establishment. Parte della direzione del Pacto Histórico tende già in quella direzione. Non è d’aiuto che Petro si sia già alleato con ex figure chiave dei partiti di Uribe e Juan Manuel Santos (il successore di Uribe alla presidenza, che fondamentalmente applicò le stesse politiche capitaliste, nonostante la rottura fra i due).
Per il Pacto Histórico non è impossibile vincere il secondo turno, e la perdita di credibilità dell’uribismo potrebbe essere di enorme aiuto per la capacità della coalizione di governare nei primi mesi dopo le elezioni. Ma il Pacto Histórico vincerà solo se riconosce che la sua forza più grande non consiste nell’incorporare elementi dello status quo all’interno della sua direzione, ma nella mobilitazione dei milioni di operai, contadini e giovani colombiani disposti a lottare per il cambiamento, compresi quelli che si sono astenuti dal voto al primo turno. È necessario tornare alla lezione principale del Paro Nacional: i lavoratori colombiani possono contare solo sulla loro forza!
Vota per Petro, lotta per il socialismo
Nel corso di queste tre settimane il compito dei marxisti consisterà nel chiarire che il nostro sostegno a Petro non va all’uomo in sé, ma è un sostegno alle masse che si sono radunate sotto la bandiera del Pacto Histórico al fine di lottare per mettere fine all’arretratezza economica, per una vita dignitosa. È imperativo trasmettere loro una prospettiva a lungo termine e aiutarle a capire che, qualunque sarà il risultato del 19 giugno, la lotta va avanti. Gli elementi migliori sono alla ricerca di un’organizzazione che possa realizzare il programma di Petro e riconoscono che il cambiamento non arriverà per via elettorale.
Anche con una presidenza Petro, e nonostante il fatto che la sua coalizione detiene il maggior numero di senatori e il secondo numero più alto di rappresentanti, il Pacto Histórico non riuscirà a far passare nessuna delle leggi che vorrebbe, perché non potrà contare su una maggioranza nel congresso. Sarà solo sulla base di mobilitazioni di massa con tattiche militanti (scioperi, blocchi, proteste su larga scala, organizzazione sindacale) che il programma moderato di riforme di Petro può essere portato avanti.
Le cause delle esplosioni sociali degli ultimi cinque anni (disuguaglianza, povertà e fame) non sono state risolte. È impossibile predire quando arriverà la prossima, ma è chiaro che Rodolfo Hernández non ha una vera soluzione a questi problemi. A voler essere onesti, nemmeno Petro, di per sé, ne ha una. Ma una vittoria di Petro alimenterebbe l’organizzazione di un intero settore di giovani e lavoratori alle prese con la repressione in un Paese dove più di 79 attivisti sociali sono stati assassinati solo nel 2022.
Non possiamo presentare Petro e il suo programma come panacea di tutti i nostri problemi. Nei limiti del capitalismo in crisi, persino le riforme moderate di Petro si scontrano con gli interessi della classe dominante. È in questa lotta per le riforme che i contadini, i giovani e la classe operaia impareranno con esattezza dove stia la loro forza, e che non possono fidarsi di un’organizzazione gestita da chi vuole difendere questo sistema. Il pieno riconoscimento di questo fatto comporterebbe la formazione di un partito operaio, di cui c’è un gran bisogno: un partito sotto la gestione dei lavoratori, indipendente rispetto alla classe dominante e in aperto scontro con i partiti di quest’ultima, in una lotta per il potere.
Questo è il vero nesso fra i nostri due slogan: solo se conquistiamo a queste idee gli elementi migliori del Pacto Histórico potremo creare una tendenza rivoluzionaria per un partito operaio, fondendo insieme la lotta per la pace, la terra, il pane, la sanità, l’alloggio e l’istruzione alla lotta per mettere fine al sistema che ci nega tutto questo, e impone sottosviluppo e violenza sulle nostre vite.