Abbiamo ricevuto questa corrispondenza sulla crescente repressione all’interno della Russia, mentre l'”operazione speciale” (cioè la guerra in Ucraina) si trascina. Anche la minima critica all’invasione viene silenziata, pena l’arresto e il carcere. Testate giornalistiche indipendenti e piattaforme di social media vengono chiuse, e chiunque esprima disapprovazione per la guerra viene etichettato come un “traditore della nazione”. Queste misure sono un segno della debolezza del presidente Vladimir Putin, non della sua forza, e faranno solo accumulare risentimento fra le masse.
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In un mese dall’inizio della guerra in Ucraina, più di 15.000 manifestanti sono stati arrestati in Russia. ‘Guerra’? Fareste meglio a dimenticare questa parola se siete in Russia, altrimenti rischiate una multa o l’arresto per averla menzionata pubblicamente. Se si osa violare la legge su questa materia più di una volta – per esempio, uscendo in strada con un cartellone che invoca la pace – si dovrà accuse penali. Anche se il cartellone è un pezzo di carta completamente bianco, si andrà incontro un determinata punizione.
Anche i passanti che casualmente si recano nei centri delle città il giorno delle proteste per spendere i loro rubli in rapida svalutazione corrono il rischio di essere arrestati. Non molto tempo fa, tutte le restrizioni anti-COVID-19 sono miracolosamente cessate, ad eccezione di una: il divieto di manifestazioni politiche di massa. A molti viene persino detto di togliersi le maschere protettive – improvvisamente dietro di esse si nascondono “traditori della nazione”!
In uno dei suoi discorsi nel corso dell'”operazione speciale”, Putin ha parlato del pericolo di questi “traditori della nazione”, che sono “mentalmente … non con la Russia”. E in effetti, un gran numero di persone – oppositori, ma anche membri dell’intellighenzia che sentono di essere in pericolo rimanendo o che non vogliono più essere associati alla vergogna in corso – stanno abbandonando in fretta la loro vita in Russia. Le persone più ricche tra loro partono per l’Europa, mentre la maggior parte degli altri partono per la Georgia e l’Armenia. Giornalisti, esperti informatici, piccoli imprenditori, ecc. – Circa 50.000 persone hanno lasciato la Russia diretti in questi soli due paesi.
Nella piccola Armenia, con una popolazione totale di soli 3 milioni di abitanti, gli emigranti dalla Russia costituiscono già l’1% della popolazione! Ma anche lasciare il paese ora può essere difficile. Dalla frontiera arrivano parecchie notizie della polizia di frontiera che sottopongono chi parte a interrogatori insistenti. Cercano nelle loro corrispondenze personali e nei messaggi istantanei, e se trovano qualcosa che indichi qualche forma di opposizione, viene loro impedito di partire.
Vengono introdotte misure restrittive nei confronti di coloro che hanno la doppia cittadinanza o permessi di soggiorno in “paesi ostili”. A questi ultimi è vietato, per esempio, comprare o vendere liberamente beni immobili. E coloro con passaporto ucraino che si trovano in Russia per lavoro o studio sono sottoposti alla persecuzione della polizia. È normale che le porte degli oppositori della guerra vengano imbrattate con scritte ingiuriose (“qui vive un traditore”, ecc.). In alcuni casi, ci sono stati pestaggi, intimidazioni e maltrattamenti dei detenuti da parte della polizia.
Probabilmente non c’è una sola zona in Russia libera dalla politica di intimidazione, o dove gli studenti, gli impiegati del settore pubblico, gli scienziati ecc. non si trovano di fronte a richieste pressanti di esprimere il loro sostegno all'”operazione speciale” in una forma o nell’altra. Mentre i vertici della Chiesa ortodossa russa sostengono pienamente la guerra, nei casi in cui alcuni preti ortodossi hanno timidamente condannato nei loro sermoni lo spargimento di sangue in corso, sono stati condannati come nemici dello stato.
La stretta più grande, tuttavia, si è concentrata sui media indipendenti. Famose stazioni radio (Eco di Mosca) e canali internet (Rain) sono stati chiusi. Portali di notizie (Medusa) sono bloccati, altri sono stati costretti a chiudere di propria iniziativa (Znac.com) o a imporre una rigida autocensura (Novaya Gazeta) e persino a cancellare i loro materiali. La ragione ufficiale che viene data è la cosiddetta “legge sulle fake news”, secondo la quale è vietato affermare versioni di eventi attuali che differiscono dai dati ufficiali del Ministero della Difesa della Federazione Russa. Al momento in cui scriviamo, sono già stati avviati sette casi penali, principalmente a causa di messaggi sui social media.
Ma anche all’interno dei media filogovernativi ci sono segni di malcontento. Una giornalista del canale Russia 1 è diventata famosa quando è apparsa in diretta con un cartello contro la guerra. Naturalmente, è stata anche etichettata come “traditrice” dal suo ormai ex capo (secondo lui, ha contattato l’ambasciata britannica alla vigilia della sua azione e ha ricevuto denaro da loro).
I traditori della nazione, tuttavia, non appaiono solo sui media dell’opposizione, ma anche, apparentemente, sui social network stranieri. La risposta alle sanzioni internazionali su larga scala da parte del governo russo è stata la sanzione del suo stesso popolo. Il blocco di Instagram e Facebook, con decine di milioni di utenti, ha privato i russi non solo della possibilità di condividere foto e pensieri importanti, ma anche di fonti di reddito per molti lavoratori autonomi e per le piccole imprese (soprattutto nelle regioni meridionali, dove la disoccupazione è alta). Tali azioni causeranno sicuramente indignazione tra i settori precedentemente apolitici. Sul social network russo, Vkontakte, un certo numero di comunità sono state bloccate, comprese quelle di sinistra, per aver condannato l’aggressione militare russa in corso.
Era una pratica comune per gli attivisti sindacali fare propaganda all’ingresso delle fabbriche, ma ora è diventato pericoloso. Anche la semplice distribuzione di volantini con l’invito ad aderire a un sindacato può portare alla detenzione e al pestaggio presso il dipartimento di polizia.
La crescente repressione dell’opposizione da parte di Putin non è un segno di forza, ma di debolezza. Sono apparsi siti web che sono dedicati a elencare i “traditori della nazione”, tra i quali figurano anche figure di sinistra. Il governo esorta apertamente la popolazione a denunciare alla polizia coloro che esprimono disapprovazione per l'”operazione speciale”. Questo è un fenomeno disgustoso per il popolo russo, che ricorda le pratiche di denuncia e di arresto del periodo stalinista.
Ma nonostante le repressioni e la propaganda ossessiva dei media, non c’è un’isteria patriottica come quella che travolse la Russia durante la prima guerra mondiale, o anche il tipo di euforia che abbiamo visto dopo l’annessione della Crimea nel 2014. Secondo i sondaggi, il 70% dei giovani in Russia non approva l'”operazione speciale” – è una percentuale molto grande.
Per creare l’illusione del sostegno, le autorità stanno usando metodi rozzi e burocratici che hanno il solo effetto di respingere la gente. Prima o poi, la bolla informativa – in cui le valorose truppe russe stanno liberando l’Ucraina dai nazisti, emulando l’impresa dei loro bisnonni – si dissolverà. Allora le masse dovranno guardare con occhi sobri una nuova realtà: povertà, mancanza di diritti, menzogne, isolamento e disprezzo del mondo intero. E questi problemi richiederanno una soluzione.
Il regime di Putin, che ne è direttamente responsabile, è capace di riempire le prigioni di “traditori della nazione”. Ma è capace di risolvere le scottanti questioni economiche e politiche da cui dipende l’esistenza stessa della Russia? Su questo ci sono seri dubbi, a dir poco.