Quelli appena trascorsi sono stati giorni difficili per la città di Venezia e per i suoi abitanti, data la straordinaria violenza con cui le maree del 12 novembre e quelle successive hanno piegato la città. Questo è il segno che i cambiamenti climatici causati dallo sfruttamento incontrollato delle risorse ambientali e dall’inquinamento scellerato da parte delle grandi industrie ha compromesso il già fragile ecosistema della laguna veneta.
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Mentre la città ha reagito con forza per tentare di tornare alla normalità, scendendo per le strade a ripulire o semplicemente aiutando nelle librerie, negli archivi, nelle storiche biblioteche d’importanza capitale per la cultura mondiale, assistiamo dall’altra parte allo scellerato gioco dello scaricabarile tipico di una classe dirigente che non riesce ad andare avanti senza capri espiatori.
Il progetto del Mose, già costato 5,3 miliardi, è sostanzialmente impotente di fronte ad eventi di portata straordinaria come quelli che si sono verificati in questi giorni, dato che, oltre ad esser stato irreparabilmente indebolito da anni di inattività, riesce a fronteggiare maree alte fino a soli 130cm.
L’unica marea che il Mose è riuscito ad inghiottire nel corso degli anni è stata quella dei finanziamenti, che, a partire dalla legge speciale del 1973 emanata per “salvare Venezia”, ha inghiottito per il progetto, la realizzazione (oggi ferma all’86%) e la manutenzione dell’opera diversi miliardi di Euro.
Ritardi su ritardi si sono accumulati per completarla, fino ad arrivare alla situazione attuale che la rende sostanzialmente inutile, dato che le maree, a causa di quei fenomeni meteo sempre più estremi, diventano sempre più alte.
Le eccezionali ondate di acqua alta vengono, oltre che dagli sconvolgimenti climatici, anche dalle modifiche degli anni Sessanta e Settanta funzionali a stravolgere irreparabilmente il delicato assetto lagunare; cambiamenti questi mirati a sviluppare un’ industrializzazione poco razionale, che oramai si riduce a produrre, invece che ricchezza diffusa, solamente degrado e inquinamento. Un processo questo che ha portato benefici solo ai grandi capitali, lasciando dietro di sé, oltre alle macerie sociali figlie delle innumerevoli crisi aziendali, danni alla salute degli abitanti e dei lavoratori di questa zona e devastazioni all’ambiente circostante. Porto Marghera è un esempio lampante, ma se ne potrebbero citare altri come il bacino di Chioggia o il Tronchetto ad Ovest di Venezia, di come i grandi capitali ignorino la vita delle persone e il futuro di una città, pur di accumulare ricchezze.
E se la questione dei bacini e dei porti può sembrare anacronistica e figlia di un’altra epoca, ecco che ogni giorno nel canale arrivano navi da crociera che non fanno altro che alimentare il turismo selvaggio che porta guadagni solo a pochi in città e lascia i molti a combattere per le briciole. È assodato che le navi da crociera sono anche un altro fattore determinante per le eccezionali – anche se forse non si dovrebbe usare più questo aggettivo- maree di questi anni: Per far passare le grandi navi il canale è stato scavato da 7 a meno 12metri! Questi mostri inoltre passando nel canale e in laguna smuovono i fondali facendo entrare ancora più acqua che con le maree allagano la città.
Da anni questo viene denunciato dalla cittadinanza che però non riesce a trovare risposte dalle amministrazioni locali. Il comune di Venezia e la Regione non posso lasciar scappare gli introiti che vengono dal turismo selvaggio e dalle inutili grandi opere, tutti fattori che generano quella corruzione di cui hanno beneficiato negli anni innumerevoli politici locali e non solo. È un dato di fatto che nessuna misura è stata presa per un problema che non è più possibile posticipare: ne va della vita di migliaia di persone e di un patrimonio dell’umanità che dovrebbe essere salvaguardato ad ogni costo!
Purtroppo per questa gente Venezia non è altro che una risorsa, una specie di pozzo di petrolio, e come tale viene spremuto fino all’ultima goccia per poi esser abbandonato a sé stesso. Non importa chi ci va di mezzo, l’importante è il guadagno privato… mentre della redistribuzione dei benefici di cui tanto si è parlato non si è vista finora nemmeno l’ombra!
Per ora a pagare è stato solo Galan, che per il Mose è stato condannato ai domiciliari da scontare nella sua lussuosa villa, al sicuro dall’acqua alta, pagata col duro lavoro di trent’anni di mazzette e corruzione ai danni dei cittadini veneziani e italiani.
I soldi ci sono per salvare Venezia, bisogna sospendere il Mose e dirottare i fondi verso un’opera di salvaguardia e manutenzione della città , il cui controllo e gestione deve essere in mano a un comitato di lavoratori e di residenti cittadini. Le grandi navi non devono più entrare in Laguna, né a Venezia né a Marghera.
Venezia si può salvare, ma a deciderne il futuro dobbiamo essere noi e non un pugno di capitalisti, banchieri, armatori e i loro governi!